La maglia di Montolivo e i tuffi di Salerno. Zanetti non smette, Nesta sì. Di nuovo?

Jack O'Malley

Ci sono dei cortocircuiti meravigliosi, che solo in Italia possono accadere. Il presidente del Consiglio Enrico Letta, tifoso di quel Milan il cui presidente minaccia di far cadere il suo governo un giorno sì e l’altro no, ha ricevuto in regalo dallo juventino Giletti, durante una trasmissione sul primo canale della tv di stato, una maglia di Montolivo, capitano rossonero noto per avere tradito la Fiorentina qualche anno fa per andare a fare la controfigura nel centrocampo di Allegri.

    Londra. Ci sono dei cortocircuiti meravigliosi, che solo in Italia possono accadere. Il presidente del Consiglio Enrico Letta, tifoso di quel Milan il cui presidente minaccia di far cadere il suo governo un giorno sì e l’altro no, ha ricevuto in regalo dallo juventino Giletti, durante una trasmissione sul primo canale della tv di stato, una maglia di Montolivo, capitano rossonero noto per avere tradito la Fiorentina qualche anno fa per andare a fare la controfigura nel centrocampo di Allegri. Il Milan ha poi pareggiato 0-0 con il Chievo Verona in una partita talmente eccitante da far concorrenza ai gran premi delle due del pomeriggio dopo il pranzo della domenica dalla nonna. Montolivo è stato espulso. A Palazzo Chigi si stanno toccando da due giorni. I ministri del Pdl, capita l’antifona, stanno preparando una via d’uscita nel caso in cui le cose si mettessero male: gettarsi a terra fingendo un infortunio per farsi portare fuori e interrompere la partita.

    In Premier l’Arsenal continua a guidare la classifica come ai tempi in cui Nick Hornby aveva i capelli, Moratti i denti e Scalfari leggeva Balzac. Domenica però si è dovuto arrendere al luogo comune principe del calcio: il gol dell’ex. La parabola sul colpo di testa decisivo di Robin Van Persie (nella foto grande) era più imprendibile della sintassi in un discorso di Di Pietro. La successiva esultanza con corsa forsennata verso l’assist-man Rooney, l’abbraccio e l’ammucchiata di giocatori (che probabilmente verrà utilizzata da Barilla per uno spot prossimamente) perfetta: bando ai sentimentalismi, si esulta anche contro chi ti ha fatto crescere. Detto questo, l’Arsenal ha un problema serio con gli ex: un paio di stagioni fa Adebayor corse per cento metri pur di andare a esultare in faccia ai suoi ex tifosi dopo aver segnato una rete decisiva con la maglia del City, e Fábregas si abbassò lo stipendio e accettò di fare la comparsa al Barcellona pur di andarsene.

    Carlsberg sta pubblicizzando ovunque la sua nuova applicazione per seguire la Premier su tablet e smartphone, applicazione fatta proprio in collaborazione con Barclays Premier League, il marchio ufficiale del massimo campionato inglese. Nell’immagine che accompagna lo slogan si vedono diversi tifosi di varie squadre esultare come dopo un gol. Tutti, tranne il supporter dell’Arsenal, ritratto con le mani in testa, gli occhi chiusi e una smorfia infelice come dopo un errore clamoroso di uno dei suoi giocatori. Se l’Arsenal fosse la Roma ci sarebbero già almeno un paio di interpellanze in Parlamento al grido di “complotto!”.

    In questa pagina potete vedere le immagini salienti di Salernitana-Nocerina, interrotta dopo che i giocatori ospiti hanno effettuato tre sostituzioni in un colpo solo e poi finto cinque infortuni gravi ad altrettanti componenti della squadra. La drammatica farsa ha però avuto un risvolto positivo: pare che Barcellona e Real Madrid abbiano subito sguinzagliato i propri talent scout per ingaggiare al più presto i cinque giocatori della Nocerina: particolarmente apprezzato il primo finto infortunio, quando il numero 4 si è lanciato a peso morto contro un avversario ed è caduto a terra come nemmeno il miglior Cristiano Ronaldo.

    Sono piaciuti meno gli autoinfortuni successivi, in cui i giocatori in bianco fingevano svenimenti o strappi, utili solo a perdere tempo. Mentre da voi si grida comprensibilmente allo scandalo, in Liga c’è chi fa spallucce: simulazioni del genere al Bernabéu e al Camp Nou sono roba che si vede da anni.

    Lascio all’interologo Maurizio Crippa l’onore di raccontare in forma lirica il ritorno in campo di Javier Zanetti dopo l’infortunio, ma sottolineo l’unico dettaglio sensato della solita intervista inutile che si fa in questi casi nel dopo partita, del tipo “che effetto ti ha fatto tornare in campo?”. Chiedevano chi gli aveva scritto un sms, chi si era fatto presente con una telefonata, un tweet, un emoji, un selfie, qualunque cosa e dopo un po’ di imbarazzato traccheggiare intorno a certi imperdibili messaggi di Lele Oriali, il capitano, che i tic giornalistici li conosce bene – ha persino scritto l’autobiografia con Gianni Riotta – ha detto che sì, il messaggio “da Londra è arrivato”, se lo volete sapere. E certo che lo volevano sapere. Primo, perché un messaggio da Londra è sempre importante, potrebbe averlo scritto la Regina o Beppe Severgnini; secondo, perché Mourinho continua a essere l’ossessione collettiva del calcio italiano, supremo complesso di inferiorità che forse non abbandonerà mai un campionato in mano alle dispute sui centimetri nelle moviole. Davanti alla prova di forza di un monumento calcistico il giornalista scomodo se ne sbatte del tendine d’Achille e va al sodo: “Mou t’ha mandato un faccino?”.

    Quando ho appreso che Alessandro Nesta si è ritirato mi sono sentito come quello a cui un messo trafelato ha detto “hanno ucciso Kennedy!” e lui ha risposto “ancora?!”. Credevo che fosse tutto già successo una vita fa, la distorsione di ricordi lontani mi aveva convinto che l’ex difensore stesse già leggendo storie di draghi e principesse ai nipotini. Mi sono precipitato sulla sua pagina di Wikipedia, dove veniva già qualificato come ex calciatore, cosa che mi ha tranquillizzato perché sono certo che da anni quella scritta è lì, e la storia dei Montréal Impact (tra l’altro: nemmeno la più perversa mente americana poteva pensare un nome più sciocco:  i predatori, i ranger, i becchini, i grifoni e compagnia sono ancora nomignoli vagamente accettabili, gli Impact non si possono sentire) è tutta una scusa per poter dire di aver fatto un’esperienza all’estero, di aver imparato la lingua e di essersi aperto la mente, praticamente un Erasmus. Se chiedessero a lui quanti messaggi ha ricevuto quel giorno, probabilmente risponderebbe: “Nessuno”, nemmeno da Santa Marta.

    Devo ammettere che quest’anno il farsone d’oro, noto premio calcistico istituito per cantarsela e suonarsela, mi appassiona molto più del solito. Innanzitutto perché è possibile che nonostante le uscite di Blatter, noto burocrate alle prese con la senilità, non vada ancora una volta a Messi. Chi o cosa sia Blatter lo ha spiegato meravigliosamente Aligi Pontani su Repubblica, in un post definitivo che aveva come unico difetto quello di riuscire a valorizzare, per contrasto con il vecchio bullo svizzero, persino Platini. Cristiano Ronaldo risponde da par suo alle pagliacciate, ma Ribéry dice che se la sente, quest’anno il trofeo spetta a lui, che ha vinto tutto e ha dato lezioni di calcio a chiunque. Quasi mi auguro che vada così, anche se aspetto con timore quel momento, che di solito arriva a metà stagione, in cui i giornali sportivi si riempiono di titoli su quanto è bella la Bundesliga, quanto sono pieni e family friendly gli stadi, quanto sono in forma le squadre e quanto cresce il pil. E’ di queste piccole invidie che vivono i campionati minori, alle prese con le dispute fiscali e con il bicipite femorale di un attaccante argentino. In Italia ci si accontenta di altri attaccanti argentini, tipo Gonzalo Higuaín, che con un italiano a metà fra Aldo Biscardi e Papa Francesco ha commentato su Twitter la foto di Ogbonna che lo strattona in area, circostanza nella quale l’argentino è stato ammonito. Denuncia il “fuori di giocco”, sì, se la prende per il mancato rigore, certo, ma alla fine si fa una risata di quelle che cancellano tutto lo schifo delle recriminazioni e delle arguzie del giornalista-tifoso (particolare categoria antropologica di cui si dirà più distesamente) che ingombrano fine settimana altrimenti dedicati al calcio.