Così la musica di Lou Reed divenne una buona scusa per abbattere un regime

Luigi De Biase

Tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta, Vaclav Havel era semplicemente un autore squattrinato costretto dal regime comunista a passare da un lavoro all'altro. Ed è stato in quegli anni, gli anni dei carriarmati e della rivolta di Praga, che la sua strada ha incrociato incredibilmente quella di Lou Reed, dei Velvet Underground, della generazione più maledetta che l'America abbia mai conosciuto. E' cominciato quando i nastri illegali di una band cecoslovacca, i Plastic People of the Universe, hanno cominciato a circolare fra gli studenti di Praga.

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    Tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta, Vaclav Havel era semplicemente un autore squattrinato costretto dal regime comunista a passare da un lavoro all'altro. Ed è stato in quegli anni, gli anni dei carriarmati e della rivolta di Praga, che la sua strada ha incrociato incredibilmente quella di Lou Reed, dei Velvet Underground, della generazione più maledetta che l'America abbia mai conosciuto. E' cominciato quando i nastri illegali di una band cecoslovacca, i Plastic People of the Universe, hanno cominciato a circolare fra gli studenti di Praga. I Plastic People sembravano in tutto e per tutto la previsione sovietica della musica punk (capelli lunghi, abiti malconci e chitarre sgraziate), ma un critico letterario di nome Ivan Jirous aveva deciso di prendere la band sotto la sua protezione. E siccome Jirous era convinto che l'inglese sarebbe diventato in fretta il codice universale della musica rock, aveva ingaggiato un insegnante canadese per spiegare ai Plastic People che cosa volessero dire e come si cantassaro i pezzi di Frank Zappa e dei Velvet Underground (su YouTube si trova una cover di “Sweet Jane”, e alcuni pensano che fosse meglio dell'originale).

    Ma nel '76, dopo aver suonato per il pubblico di un festival culturale, i Plastic People furono arrestati dalla polizia, processati con l'accusa di disturbo della pace sociale e condannati a pene che oscillavano fra gli otto e i diciotti mesi di carcere. Ed è stata proprio questa sentenza a spingere Havel e decine di politici e di intellettuali cecoslovacchi a firmare la Charta 77, un documento di attacco contro le autorità, con il quale si chiedeva il rispetto dei diritti umani (e quindi, fondamentalmente, la fine del regime). La Charta 77 ha ispirato Havel e l'opposizione cecoslovacca sino al 1989, l'anno della transizione non violenta verso la democrazia. Vaclav Havel sarebbe diventato presidente pochi anni più tardi, nel '93. Non è un caso che quel passaggio sia ricordato come la Rivoluzione di velluto. “Lou Reed è stato il primo uomo davvero famoso che è venuto a Praga per conoscermi quando sono diventato presidente – ha detto Havel nel 2005, in un incontro pubblico che si è tenuto nel teatro Svandovlo Divadlo di Praga –. Sino ad allora nessuna star americana aveva messo piede in Cecoslovacchia”. E in quel teatro Lou Reed ha sorriso a lungo, ha suonato un paio dei suoi pezzi migliori, ha ricordato un concerto alla Casa Bianca nel 1988, con gli uomini del cerimoniale che gli chiedevano se ci fosse la possibilità di suonare “più dolcemente”, non s'è lasciato andare a troppe considerazioni sulla politica e l'ideologia, questo non lo ha fatto mai, ma infondo la sua musica è stata un'ottima scusa per abbattere un regime.

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