Quando peccano i liberal

Redazione

Il Congresso americano non condivide la politica della Casa Bianca in campo sanitario, e il 30 settembre si arriva a uno shutdown, cioè alla mancata approvazione della legge di rifinanziamento delle attività della Pubblica amministrazione, con conseguente blocco dei servizi pubblici. Il 13 ottobre un accordo temporaneo fa ripartire la macchina del governo federale, ma il 31 ottobre il compromesso scade, non si trova un accordo definitivo, e si arriva a un nuovo shutdown. Con fatica, il presidente fa passare un secondo compromesso.

    Il Congresso americano non condivide la politica della Casa Bianca in campo sanitario, e il 30 settembre si arriva a uno shutdown, cioè alla mancata approvazione della legge di rifinanziamento delle attività della Pubblica amministrazione, con conseguente blocco dei servizi pubblici. Il 13 ottobre un accordo temporaneo fa ripartire la macchina del governo federale, ma il 31 ottobre il compromesso scade, non si trova un accordo definitivo, e si arriva a un nuovo shutdown. Con fatica, il presidente fa passare un secondo compromesso. Ma il 30 novembre si va al terzo shutdown di fila, e solo quando il 9 dicembre il presidente infine cede di fronte alle richieste dell’opposizione, si riesce a mettere fine all’emergenza.

    Le somiglianze con quel che è accaduto nelle ultime settimane nell’America di Obama è evidente, ma si tratta di un altro episodio della storia politica americana, del 1977 – a dimostrazione che l’emergenza presentata dai media in questi giorni era sì catastrofica, ma certo non la prima nella storia e la più grave. Dal 1967 a oggi per ben diciotto volte gli Stati Uniti si sono ritrovati in situazione di shutdown, anche se la diciassettesima volta era stata nel 1996. Questa volta l’etichetta di sfascisti accecati dal furore ideologico è rimasta appiccicata ai repubblicani, ma storicamente i primi 15 shutdown furono causati dai democratici.

    Il primo contro Ford, otto contro Reagan, uno contro Bush padre, ma ben cinque contro Carter, presidente dai tanti record, compreso quello di essere stato l’unico messo in shutdown dal suo stesso partito. E tutte e cinque queste volte, tra cui le tre del 1977, furono su una questione sanitaria di natura ideologica: l’aborto. La Camera, a maggioranza democratica, aveva sostenuto la linea del presidente democratico: non permettere che i fondi del Medicaid potessero finanziare operazioni di interruzione della gravidanza, eccetto in casi di grave rischio per la madre. Ma il Senato, pure a maggioranza democratica, si impuntò sul principio che dovessero essere finanziati anche gli aborti in caso di stupro e incesto – e prevalse. E di nuovo i finanziamenti all’aborto entrarono di mezzo negli shutdown del 1978 e 1979, anche se assieme al finanziamento di una portaerei nucleare e a un aumento dello stipendio di congressisti e funzionari pubblici. Insomma, il Tea Party ostacola, ma la lezione l’ha imparata da qualcun altro.