Scalfari stia attento, il Papa gesuita dissimula meglio di lui

Giuliano Ferrara

Quando il Papa dice a Scalfari che il proselitismo è una sciocchezza, mente sapendo di mentire, gioca con lui, esprime un todo modo per realizzare l’evangelizzazione con i mezzi, abbastanza vari, e sinuosi, tipici dell’ordine religioso di appartenenza. Scalfari deve tenere a mente, nelle prossime conversazioni con il Papa, che è per natura difficile sapere che cosa pensi un gesuita, com’è universalmente noto, e che i Reverendi Padri sono i principi della dissimulazione onesta. Favre è anche molte altre cose che assomigliano a Francesco come una goccia d’acqua e che fanno tutta la differenza tra lui e il Papa emerito o il predecessore polacco in via di santificazione.

Sechi Un Papa senza distanza - Gnocchi e Palamaro Questo Papa non ci piace - Rossi Francesco sta fondando una nuova religione opposta al Magistero cattolico - Introvigne Capisco il disagio, ma nella chiesa si cammina col Papa o si va verso lo scisma

    Pierre Favre o Pedro Faber o Peter Faber: chi era costui? Francesco dice al direttore de La Civiltà Cattolica di ispirarsi a lui, che fu il primo compagno di Ignazio di Loyola e un missionario e predicatore in Europa, uomo di straordinario rango mistico e di forte formazione filosofica, nell’Europa del XVI secolo, vissuto appena 40 anni e morto nel 1546 mentre per conto della Compagnia di Gesù stava recandosi, come delegato, al Concilio di Trento. Nei Monumenta Historica Societatis Jesu c’è tutto su di lui, sul suo memoriale autobiografico, sulle sue lettere – anche brevi – che valgono interi trattati di teologia e di mistica. Una lunga nota nel dizionario biografico della Treccani, scritta con estremo nitore da Lucia Felici, studiosa in particolare della relazione tra Riforma e controriforma cattolica nel ’500, è detto l’essenziale. Favre era convinto che “all’origine dell’allontanamento dei protestanti dalla chiesa cattolica vi era l’abbandono del giusto atteggiamento interiore verso i precetti della vita cristiana prima che il rifiuto intellettuale della dogmatica cattolica”. E aggiunge che “per ricondurre i protestanti alla fede cattolica occorreva pertanto stimolarli al rinnovamento interiore. Come strumento peculiare per l’evangelizzazione il Favre indicava il dialogo che, intrapreso con spirito di carità e amore, doveva mirare alla ricerca di un terreno comune di intesa e quindi orientarsi su argomenti relativi all’edificazione morale e spirituale, piuttosto che su questioni dottrinali”.

    L’ispiratore di Francesco S. J. è innanzitutto un gesuita proselitista, la sua missione è ad animas e la sua vocazione, che lo farà considerare un modello per i Reverendi Padri, è la riconquista alla fede del mondo che aveva appena messo le prime basi luterane della secolarizzazione. Quando il Papa dice a Scalfari che il proselitismo è una sciocchezza, mente sapendo di mentire, gioca con lui, esprime un todo modo per realizzare l’evangelizzazione con i mezzi, abbastanza vari, e sinuosi, tipici dell’ordine religioso di appartenenza. Scalfari deve tenere a mente, nelle prossime conversazioni con il Papa, che è per natura difficile sapere che cosa pensi un gesuita, com’è universalmente noto, e che i Reverendi Padri sono i principi della dissimulazione onesta.

    Favre è anche molte altre cose che assomigliano a Francesco come una goccia d’acqua e che fanno tutta la differenza tra lui e il Papa emerito o il predecessore polacco in via di santificazione. Missionario mistico, ma anche filosofo di formazione occamista era il Favre. Occam fu un filosofo francescano e geniale ma pericoloso, con un rapporto controverso (per usare un eufemismo) con l’ortodossia cattolica. Credeva solo nella fede stessa, nel credere, e l’occamismo della formazione filosofica del maestro di Francesco aveva impregnato Favre (“eindeutlich geprägt”, “univocamente plasmato” sottolinea Peter Henrici, curatore tedesco di una raccolta di scritti favriani). Gli aveva trasmesso una “leggera scepsi agnostica verso la legge di natura, l’ordine naturale” allo scopo di liberare fino in fondo l’efficacia gratuita della Grazia divina. Occam passa come il capostipite del pensiero scientifico sperimentale (il suo “rasoio” e il suo nominalismo furono precursori della metodologia rivendicata nella teoria scientifica in progresso), ma ciò che sopra tutto trasmise al gesuita che voleva riconquistare il cuore protestante di una cristianità che si allontanava da Roma e dal Papa fu il volontarismo: non esiste l’essere, esiste il soggetto con la sua volontà, e l’esistenza di Dio non va provata con san Tommaso, va creduta, la fede è tutto, la dottrina niente. Ah, questi proto e postilluministi: in nome della ragione e della sua autonomia dalla fede si immergono in un mondo in cui la fede relega la ragione, che non deve più spiegare la fede (Ratzinger e molto altro della cultura cristiana nei secoli), in un luogo dell’anima individuale che ne fa assai meno di una ancella, una posizione del cuore, un flatus evangelico in presa diretta con il Signore, una imitatio Christi che si spiega da sé.

    La parola chiave di Favre e di Francesco è affectus, il sentire prima che il comprendere, il sentire profondo, il cuore, il desiderio, il sentimento soggettivo, nel nucleo essenziale della persona, un sentire come devozione. Discutendo con Johannes Cochleus, teologo, Favre si trovò davanti al riassunto perfetto del francescanesimo gesuita del Papa: “una plàtica (un dialogo, ndr) sobre la diferencia del saber y el sentir las cosas espirituales”. Ai fratelli scolastici della Sorbona Pierre Favre scrisse la sua soddisfazione perché, progredendo nel sapere, non avevano dissipato “lo spirito della sacra interiorità”.

    Tutto, anche il relativismo evidente di Francesco, in particolare nella svalutazione dei principi non negoziabili, dipende da questa origine immensa, mistica e missionaria, e da questo stigma storico del gesuitismo europeo. La faccenda si può approfondire a tempo e luogo, ma c’è un ultimo avvertimento, stavolta non per Scalfari ma per il suo santo intervistato. Nel paesello savoiardo di Favre i parenti avevano eretto una cappella, quindici anni dopo la sua morte, che era diventata sacrario di profonda devozione. I giacobini nel 1793 la distrussero e non lasciarono pietra su pietra. Poi ci pensò il beato Pio IX a beatificare Favre, ci pensò lui, l’autore del sillabo, dell’immacolata, dell’infallibilità e della resistenza al moderno. Non avevo tutti i torti quando dicevo che nell’abbraccio misericordioso col mondo, e con il mondano, qualcosa da temere c’era: perché la chiesa è magnanima, il mondo secolare no.

    Sechi Un Papa senza distanza - Gnocchi e Palamaro Questo Papa non ci piace - Rossi Francesco sta fondando una nuova religione opposta al Magistero cattolico - Introvigne Capisco il disagio, ma nella chiesa si cammina col Papa o si va verso lo scisma

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.