
Napolitano, l'amnistia e la battaglia contro il prepotere della magistratura politicizzata
Giorgio Napolitano ha compiuto con il messaggio alle Camere un atto di legalità con motivazioni umanitarie e insieme un atto politico speciale. Chiede, visto che la Costituzione gliene dà la facoltà, che il Parlamento risponda allo stato umiliante del nostro sistema carcerario sovraffollato, un inferno di dolore e di incivile barbarie. Che lo faccia con rimedi radicali e tempestivi, rispondendo ad appelli e censure delle istituzioni europee di salvaguardia dei diritti umani. Che lo faccia riprendendo in mano la questione dell’amministrazione della giustizia, riforma anch’essa indilazionabile, un profondo cambiamento di sistema, pena l’inefficacia degli strumenti più controversi indicati: l’indulto e l’amnistia combinati insieme.
Giorgio Napolitano ha compiuto con il messaggio alle Camere un atto di legalità con motivazioni umanitarie e insieme un atto politico speciale. Chiede, visto che la Costituzione gliene dà la facoltà, che il Parlamento risponda allo stato umiliante del nostro sistema carcerario sovraffollato, un inferno di dolore e di incivile barbarie. Che lo faccia con rimedi radicali e tempestivi, rispondendo ad appelli e censure delle istituzioni europee di salvaguardia dei diritti umani. Che lo faccia riprendendo in mano la questione dell’amministrazione della giustizia, riforma anch’essa indilazionabile, un profondo cambiamento di sistema, pena l’inefficacia degli strumenti più controversi indicati: l’indulto e l’amnistia combinati insieme.
Marco Pannella è stato il battistrada civile e ha testimoniato con la sua forza personale e la battaglia radicale in favore di una soluzione di civiltà, aprendo gli occhi e le orecchie di una classe dirigente sorda e cieca. Da ventitré anni, caso unico in Europa, questo paese si vergogna anche solo di pronunciare la parola amnistia. Lo svuotamento parziale delle carceri a mezzo della cancellazione dei reati è diventato un tabù demagogico, una cosa di cui non si deve nemmeno parlare. L’amnistia si distingue dall’indulto perché apre la porta, cassando numerosi processi e decongestionando il gigantesco arretrato, anche solo alla possibilità di una riforma dei tempi e dei modi della giustizia penale. Può e deve essere fatta dal Parlamento “a disegno”, con attenzione alle conseguenze su sicurezza pubblica e credibilità del sistema che regola i delitti e le pene. Berlusconi con i suoi processi non c’entra, ma i demagoghi e i manettari ce lo faranno entrare a viva forza. Pazienza. C’entra invece la denuncia, che è anche di Berlusconi e dei suoi, ma la cui paternità è da ascrivere a un’Italia civile che esisteva ben prima del partito di Berlusconi e ha nei padri liberali e garantisti della Costituzione i suoi riferimenti, di un rapporto malsano tra magistratura e politica, la questione del processo accusatorio e della divisione delle carriere tra magistratura inquirente e requirente, c’entra una riflessione autocritica alla quale è tenuta, se ancora esista, la classe dirigente italiana: sradicare l’inferno dei povericristi e curare il prepotere di una magistratura autoreferenziale e politicizzata è la stessa battaglia. L’importante è che un gesto ragionato, coraggioso e autorevole ripropone la questione e autorizza chi ci crede a risollevare le sorti di una annosa battaglia in questo Parlamento.
Per Letta, per Alfano, per la seria e responsabile Cancellieri, per i presidenti delle Camere e per i leader dei partiti, questa è una grande occasione. L’ultima, probabilmente.


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