
British Breznev
Sembra una delle figure uscite dalla penna del celebre umorista del Daily Telegraph Peter Simple. Come quella di Mrs Dutt-Pauker, che negli anni Sessanta simbolizzava l’“Hampstead Liberal”, il tipico esponente delle chattering classes progressiste e snob del Regno Unito. Mrs Dutt-Pauker è la ricchissima ereditiera che vive ad Hampstead, in una villa nota come “Marxmount House”, dove colleziona un paio di denti falsi di Bukharin, pregiatissimi vasi Ming, arte neocostruttivista e gli scritti di Stalin. Mrs Dutt-Pauker è innamorata di Walter Ulbricht, leader comunista della Germania dell’est, e ha un figlio che si chiama “Bert Brecht Mao Rudy Che Odinga”.
Sembra una delle figure uscite dalla penna del celebre umorista del Daily Telegraph Peter Simple. Come quella di Mrs Dutt-Pauker, che negli anni Sessanta simbolizzava l’“Hampstead Liberal”, il tipico esponente delle chattering classes progressiste e snob del Regno Unito. Mrs Dutt-Pauker è la ricchissima ereditiera che vive ad Hampstead, in una villa nota come “Marxmount House”, dove colleziona un paio di denti falsi di Bukharin, pregiatissimi vasi Ming, arte neocostruttivista e gli scritti di Stalin. Mrs Dutt-Pauker è innamorata di Walter Ulbricht, leader comunista della Germania dell’est, e ha un figlio che si chiama “Bert Brecht Mao Rudy Che Odinga”, in onore del drammaturgo tedesco comunista, del Grande timoniere cinese e di Ernesto Che Guevara.
Oggi quella figura sembra coincidere con quella di Ralph Miliband, il padre del segretario del Partito laburista britannico, Ed, nonché uno dei padri fondatori intellettuali del Labour, di cui il Daily Mail, giornale popolare e conservatore fra i più letti in Inghilterra, ha pubblicato una delle più micidiali e controverse stroncature personali e culturali. “L’uomo che odiava la Gran Bretagna”: questo il titolo del lungo articolo. “L’impegno di Ed il Rosso per far tornare il socialismo è un omaggio al padre marxista. In cosa credeva davvero Miliband senior? La risposta dovrebbe turbare tutti coloro che amano questo paese”, aggiunge il quotidiano
Il caso ha tenuto banco per giorni in Inghilterra. Alla Bbc quasi non si parla d’altro. Non mancano comunque le voci che hanno espresso solidarietà a Miliband figlio: anche il vicepremier Nick Clegg, leader liberaldemocratico, alleato dei conservatori del premier David Cameron, ha preso le distanze dal tabloid: “Esprimo tutto il mio sostegno a Ed Miliband”.
L’articolo del Daily Mail si apre così: “In una calda giornata d’estate, un giovane uomo entrò da solo all’Highgate Cemetery a nord di Londra per fare un voto che sarebbe durato per tutta la vita. Solennemente si fermò presso la tomba di Karl Marx”. Anni dopo quello stesso uomo scriverà: “Mi trovavo in piedi davanti alla tomba, con il pugno chiuso, a pronunciare il mio giuramento: che sarei rimasto fedele alla causa dei lavoratori”. L’anno era il 1940 e quel giovane era Ralph Miliband.
Il Daily Mail accusa Ralph Miliband di essere “un uomo che odiava i valori, le tradizioni e le istituzioni della Gran Bretagna”. Eccoli dunque, dalla penna direttamente di Miliband senior: “La monarchia costituzionale, il bicameralismo, il diritto di proprietà, Eton e Harrow, Oxford e Cambridge, i grandi club, il Times, la chiesa, l’esercito, i giornali della domenica”. In altre parole, secondo il Mail, “ciò che ha reso la Gran Bretagna una nazione libera e sicura e in cui lui e la sua famiglia ebbero successo”. Scriveva ancora Miliband, elencando ciò che odiava: “I valori, i lavoratori al loro posto, rafforzare la Camera dei Lords, mantenere le gerarchie sociali, Dio salvi la Regina, l’uguaglianza è una fregnaccia, la democrazia è pericolosa… E la rispettabilità, il buon gusto, ci sarà sempre una Inghilterra”.
Il Daily Mail ha poi rincarato la dose: “Non supportiamo l’idea che la colpa dei padri debba cadere sui figli. Ma quando un figlio cresce con ambizioni inghiottite dagli insegnamenti di suo padre, come il più giovane Miliband sembra aver fatto, il caso è diverso”. E suggerisce che i piani di Miliband di congelare i prezzi dell’energia e il suo sostegno alla regolamentazione della stampa sono le prove dei suoi “valori marxisti”, ereditati dal padre. “Un retaggio malvagio, noi non ci scusiamo”, ha titolato il quotidiano contro le richieste trasversali di porgere le scuse all’attuale leader del Labour.
Il giorno dopo sempre sul Daily Mail è uscito un saggio forse ancora più impressionante a firma dello storico Michael Burleigh, studioso dei totalitarismi del Novecento. Racconta dei pezzi da novanta della cultura inglese che, assieme ma ben più di Miliband, si fecero apologeti del comunismo sovietico anche e molto dopo la fine della guerra.
Due nomi su tutti: Harold Laski e Eric Hobsbawm. Il primo è il padre intellettuale del laburismo inglese, il mentore della London School of Economics, il guru di Miliband che si è meritato in giro per Londra targhe e commemorazioni. Il secondo, Hobsbawm, è lo storico del “Secolo breve”, il saggio che lo ha reso famoso in tutto il mondo, il cantore della Rivoluzione industriale oltre che il compagno di strada di Miliband.
Nel 1935, dopo un viaggio in Urss, Harold Laski scrisse che giudicava la prigione sovietica “infinitamente più avanzata” di quelle inglesi. Ancora Laski, di ritorno da un soggiorno nella Mosca delle purghe, osservò: “Di fondo, non ho visto differenza fra il carattere del processo in Russia e in questo paese” (l’Inghilterra). Hobsbawm, durante uno show della Bbc del 1994, si trovò a colloquio con Michael Ignatieff: “Lei pensa che se quel futuro radioso fosse stato realizzato, la perdita di 15-20 milioni di persone sarebbe stata giustificata?”, gli chiese Ignatieff. La risposta di Hobsbawm fu semplice: “Sì”.
“Nel corso di quegli anni, le persone che hanno vissuto sotto regimi comunisti faticavano a trovare cibo, mentre i membri dell’élite del partito avevano l’uso esclusivo di negozi di lusso”, scrive Burleigh sul trio Miliband, Laski e Hobsbawm. “Il personale sovietico in uniforme saltava qualsiasi coda, come io stesso ho assistito nelle banche della Germania dell’est alla fine degli anni Settanta. La religione era stata spazzata via, con preti e suore uccisi, per far posto al nuovo credo socialista. I cittadini avevano così paura di quello che la polizia segreta avrebbe potuto origliare che non potevano fidarsi nemmeno degli amici intimi nei loro appartamenti. Nel frattempo, tra le menti sempre più calcificate dei signorili salotti di Hampstead (quartiere radical chic di Londra, ndr), le tragedie che riguardavano la vita di milioni di persone non erano più che semplici argomenti di dibattito. I benpensanti di sinistra, uomini come Laski, Hobsbawm e Miliband senior, si erano specializzati nel parlare in astrazione di persone reali, mentre gli uomini nei campi siberiani cercavano di non morire di fame”.
Laski, Miliband e Hobsbawm si incontravano nel “salotto degli incantesimi”, come veniva chiamata la casa di Sidney e Beatrice Webb, salonnier e numi tutelari del movimento operaista inglese di inizio secolo, un misto di borghesia liberale e sindacalismo socialista, di estetismi alla Bloomsbury e di lotta di classe.
“I componenti di questa triade odiavano molto di più dell’Inghilterra”, dice al Foglio l’editorialista dello Spectator e direttore della Henry Jackson Society, Douglas Murray. “Odiavano il consenso post bellico nell’Europa occidentale, ovvero il binomio di libero mercato e democrazia liberale. Così hanno tenuto in vita in occidente una orribile ideologia come il comunismo sovietico. Laski, Miliband e Hobsbawm hanno avuto un impatto immenso nelle università inglesi, sui libri e sulle riviste, ovvero sulla vita intellettuale britannica. Ma sono stati sconfitti nella Guerra fredda e Margaret Thatcher li ha consegnati all’irrilevanza. Eppure, questo fenomeno del liberal di Hampstead permane, è l’attuale aristocrazia di sinistra, quel misto unico e misterioso di salottieri e rivoluzionari”.
Secondo Murray, il caso di Hobsbawm è particolarmente importante, e lo spiega con un lungo paradosso: “Immaginate un grande storico. Ha aderito al Partito nazista nel 1930, spinto dalla paura del comunismo che si stava diffondendo in Europa. Anche se è sopravvissuto molti decenni per vedere le conseguenze di quella ideologia, è rimasto comunque un nostalgico fedele al fascismo. Inoltre ha mantenuto un interesse attivo nel Partito conservatore e ha lavorato come guru di John Major, anche se successivamente ha espresso disappunto per la direzione della sua leadership. Altamente lodato e premiato per i libri, lo storico ha assunto una posizione di grande influenza nelle università britanniche. Negli ultimi anni ha causato polemiche: immaginate che quando gli è stato chiesto se la morte di milioni di persone nell’Olocausto sarebbe stata giustificabile se avesse portato allo stato fascista, lui ha risposto ‘sì’. Vivace, brillante e conviviale, è rimasto una figura centrale nei circoli di estrema destra ed è sempre in grado di attirare folle nei salotti della Londra letteraria. Per i suoi molti risultati di rilievo gli sono stati assegnati numerosi premi. Riuscite a immaginare una cosa del genere?”.
Hobsbawm arrivò in Inghilterra in fuga dall’Europa di Hitler, ma disse che voleva frequentare solo gli intellettuali: “Rifiutai qualsiasi contatto con i piccoli borghesi suburbani che naturalmente osservavo con disprezzo”, scriverà lo storico. Naturalmente. Anche il padre di Miliband, come gli altri guru di Hampstead, era affetto da questo disprezzo per le masse. “L’inglese è un rabbioso nazionalista, a volte speri che perda per fargli capire come stanno le cose”, scriveva il padre del futuro leader laburista. “Se perdessero l’impero sarebbe la loro più grande umiliazione”. Il mentore di Miliband, il professor Laski, fece parte di una delegazione di intellettuali inglesi ammessi a visitare l’Unione sovietica. Laski addirittura scrisse che in Andrey Vyshinsky, il procuratore principe dell’èra staliniana, quello cui si attribuisce il detto “voi datemi l’uomo, io troverò il crimine”, vedeva “un uomo la cui passione è la riforma della legge”. Non solo, Vyshinsky secondo Laski “faceva quello che fa in Inghilterra il ministro della Giustizia”. Assieme a Laski c’era anche il filosofo Ludwig Wittgenstein, rimasto così abbagliato dall’utopia rossa che coltivò persino l’idea di trasferirsi a Mosca, salvo poi cambiare idea dopo aver visto come si viveva laggiù.
Di loro rende conto un giornalista del Guardian, Malcolm Muggeridge, che nella sua autobiografia, “Chronicles of Wasted Time”, scrive: “Per i giornalisti stranieri residenti a Mosca l’arrivo dei visitatori illustri era un’occasione di gala. Ci rifornivano del migliore – quasi l’unico – sollievo comico. Per esempio, quando abbiamo sentito George Bernard Shaw, accompagnato da Lady Astor (fotografata mentre gli tagliava i capelli), dichiarare di essere stato felice di scoprire che non c’era penuria alimentare in Unione sovietica. Oppure Harold Laski cantare le lodi della Costituzione sovietica di Stalin. Questi visitatori sono senza dubbio una delle meraviglie dell’epoca, e ne farò tesoro fino alla morte come una memoria benedetta dello spettacolo di loro che viaggiano con radioso ottimismo in una campagna affamata”.
Hobsbawm si rifiutò di strappare la tessera del Partito comunista mentre i carri armati sovietici rombavano in Ungheria. Anzi, con una certa fierezza disse di approvare l’intervento, anche se “con il cuore pesante”. Lo stesso fece Ralph Miliband. Scomparso nel 1994, Miliband commentò così la cometa dell’impero sovietico: “Il tentativo di Mikhail Gorbaciov di democraticizzare la società sovietica priverebbe le forze conservatrici di una delle loro armi più efficaci”. Hobsbawm ancora nel libro “On History”, datato 1997, scriveva che “per quanto fragili i sistemi comunisti si siano dimostrati, soltanto un uso limitato, nominale di coercizione armata fu necessario per mantenerli dal 1957 al 1989”. L’uso “limitato” della forza esercitato sulla Cecoslovacchia consistette in un esercito di 400 mila soldati e 6.300 carri armati.
Ralph Miliband adorava Harold Laski, che a sua volta considerava il suo studente marxista “quasi come un figlio”. Quando si sono tenute le elezioni generali alla fine della guerra, nel 1945, il professor Laski era presidente del Partito laburista. Parlando dal Nottinghamshire, proclamò: “Se il Labour non dovesse ottenere ciò di cui ha bisogno per il consenso generale, dovremo usare la violenza”. Tutto per la lotta di classe.


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