Come ti converto il mondo

Matteo Matzuzzi

Todo modo para buscar la voluntad de Dios, fare di tutto per individuare la volontà di Dio. Sant’Ignazio aveva tracciato la via. Spettava poi ai suoi discepoli, la sua intendenza militare, percorrerla. L’obiettivo, uno soltanto: portare il verbo della chiesa di Roma cattolica e apostolica ai nuovi mondi appena scoperti. E per farlo, in qualche caso, bisognava adattarsi al mondo, e adattare i princìpi stessi della morale evangelica a quelli che Blaise Pascal definì nelle “Lettere provinciali” i vizi del secolo. Il missionario Roberto de Nobili, nel primo Seicento, si fece interprete ortodosso della massima ignaziana.

Crippa Il cortile dei lebbrosi

    Todo modo para buscar la voluntad de Dios, fare di tutto per individuare la volontà di Dio. Sant’Ignazio aveva tracciato la via. Spettava poi ai suoi discepoli, la sua intendenza militare, percorrerla. L’obiettivo, uno soltanto: portare il verbo della chiesa di Roma cattolica e apostolica ai nuovi mondi appena scoperti. E per farlo, in qualche caso, bisognava adattarsi al mondo, e adattare i princìpi stessi della morale evangelica a quelli che Blaise Pascal definì nelle “Lettere provinciali” i vizi del secolo. Il missionario Roberto de Nobili, nel primo Seicento, si fece interprete ortodosso della massima ignaziana. Andò in India, nel Malabar, e adottò lo stile di vita dei bramini, studiò i loro riti e li mischiò a quelli cristiani; agli intoccabili della casta superiore dava l’acqua benedetta attraverso un bastone. E l’inculturazione soft, il cosiddetto “sistema di accomodamento”, andò bene, visto che de Nobili si vantò di aver convertito più di duecentomila indù. Il tutto con il placet di Gregorio XV, che da Roma era ben felice di vedere aumentare il proprio gregge di fedeli. Eppure, l’adattarsi disinvolto a usi e costumi del luogo fu un successo effimero. Non appena Benedetto XIV, Papa colto e spiritoso – che scriveva lettere al “dilecto filio Voltaire” inviandogli medaglioni del pontificato che l’autore del “Candido” riceveva “co i sensi della piu profonda venerazione e della gratitudine piu viva” – proibì quei riti imponendo nomi cristiani e giuramento di fedeltà ai neofiti, l’opera di de Nobili si sgretolò e delle centinaia di migliaia di cattolici non rimase traccia visibile. E così fu in Giappone, dove la predicazione pubblica e sfacciata dei francescani finì col mandare a monte la certosina, paziente e ambigua conversione gesuitica. E così fu anche in Cina, dove i gesuiti lavorarono all’accomodamento tollerando il culto di Confucio e perfino la messa celebrata in cinese, prima che rancori e gelosie interecclesiali facessero perdere a Roma l’oriente estremo.

    E’ una meccanica della conversione che nel corso dei tempi si è adattata alle circostanze: dopo lo scioglimento della Compagnia decretata dal francescano Clemente XIV, sono risorti come obbedienti difensori dell’ortodossia romana impersonata dalla tiara papale. Nell’ultimo secolo, poi, passato Pio X, si sono aperti alla modernità oggi così invocata da Francesco, il custode dell’ospedale da campo aperto alla cura delle ferite “prima di parlare di tutto il resto”. Ogni mezzo (todo modo, appunto) è utile alla conversione. Anche a costo di beccarsi l’accusa di lassismo morale per aver sposato le tesi di Etienne Bauny e Antonio Escobar y Mendoza secondo cui, in caso di dubbio morale, la valutazione circa la giustezza dell’azione doveva essere affidata alla coscienza e non alla dottrina. Il navigare sull’onda dell’evangelizzazione (che non è proselitismo, bollato da Francesco come “sciocchezza”) e la trasmissione del messaggio cristiano adattandolo ai particolarismi locali e temporali comporta però dei rischi. Bergoglio elegge l’intervista giornalistica a strumento per affascinare l’agorà dei Gentili atei e laicisti. Dice che un Dio cattolico non esiste, che Dio è uno ed è il suo Essere. Spiega che “ciascuno di noi ha una visione del Bene e anche del Male” e “noi dobbiamo incitarlo a procedere verso quello che lui pensa sia il Bene”. Non parla di Verità assolute e come tali incontrovertibili, affida al primato della coscienza la capacità di discernere ciò che è giusto da ciò che non lo è. Convinto che stavolta non ci saranno trentasei tesi di critica formulate dai cappuccini (come nel Seicento in India) a mandare a monte il proposito di salvare la chiesa con gli inviti alla misericordia e la scelta preferenziale per i poveri.

    Crippa Il cortile dei lebbrosi

    • Matteo Matzuzzi
    • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.