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Magistratura off limits
Se ti accusano di aver rubato la Torre di Pisa, prima datti alla latitanza, poi si vede. Lo abbiamo ricordato di recente: è questo il saggio consiglio che offriva Piero Calamandrei, giurista e padre costituente italiano. Così ci si può salvare da accuse folli, almeno per una volta. Ma se poi la Torre di Pisa resta al suo posto (per ovvie ragioni), e restano al loro posto anche gli istigatori di processi giudiziari inverosimili (per meno ovvie ragioni), allora la salvezza di uno di noi – fosse anche Silvio Berlusconi – non risolve alcunché. Lo ammettono, sempre più numerosi, anche esponenti progressisti del nostro establishment, e personaggi che è impossibile tacciare di intelligenza con il nemico-Caimano.
Se ti accusano di aver rubato la Torre di Pisa, prima datti alla latitanza, poi si vede. Lo abbiamo ricordato di recente: è questo il saggio consiglio che offriva Piero Calamandrei, giurista e padre costituente italiano. Così ci si può salvare da accuse folli, almeno per una volta. Ma se poi la Torre di Pisa resta al suo posto (per ovvie ragioni), e restano al loro posto anche gli istigatori di processi giudiziari inverosimili (per meno ovvie ragioni), allora la salvezza di uno di noi – fosse anche Silvio Berlusconi – non risolve alcunché. Lo ammettono, sempre più numerosi, anche esponenti progressisti del nostro establishment, e personaggi che è impossibile tacciare di intelligenza con il nemico-Caimano. Prendi Vladimiro Zagrebelsky, sulla prima pagina della Stampa di ieri, che inizia così il suo editoriale: “Che la magistratura abbia esorbitato dal suo ruolo, assoggettando la politica e impedendole di svolgere il suo, è ormai quasi un luogo comune, che nemmeno deve essere esplicitato, tanto è acquisito”. La riflessione prosegue, certo, e butta la croce sulle spalle della politica che pure “abdica” al suo ruolo. Tuttavia quell’incipit sulla “magistratura off limits”, vergato da un giurista con cotanto cognome, resta un monito potente, innanzitutto per quanti sognano di derubricare l’affaire Berlusconi a vicenda penale di un cittadino qualsiasi.
Purtroppo non è così: oggi resta in piedi la Torre di Pisa, ovviamente, e restano al loro posto gli accusatori folli. Lo hanno scritto da poco perfino i professoroni di un pensatoio liberal come il Mulino, nel volume “La qualità della democrazia in Italia” curato da Leonardo Morlino (Luiss) e Daniela Piana (Università di Bologna), descrivendo l’“apparente paradosso” dell’ordinamento giudiziario italiano: da una parte abbiamo “un sistema di governo della magistratura che ne massimizza così tanto le garanzie di indipendenza da essere considerato un modello di qualità”, dall’altra lo stesso ordinamento giudiziario “presenta livelli di efficienza e fiducia non in linea con gli standard internazionali di rule of law”. Cioè fuori dallo stato di diritto. Gli stessi parlano di evidente “politicizzazione delle istituzioni apolitiche”. Lo ha scritto di recente Giulio Sapelli: “Oggi, con il declino delle grandi imprese e dei partiti, l’unica vertebrazione del potere rimasta è la magistratura, che non a caso ha un’autorità enorme”. Lo sostengono ricercatori dell’Università di Milano (vedi il Foglio di ieri) che certificano, con tanto di fredde statistiche, l’esistenza del “Toga Party” (sic). L’arci-avversario Romano Prodi è arrivato a suggerire l’abolizione dei Tar per rilanciare il pil. E noi ancora a cincischiare sulla Torre di Pisa rubata. Prima che la rubino di nuovo, ovvio.


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