Caso Abu Omar, ecco perché Seldon Lady ha chiesto la grazia a Napolitano

Redazione

“Se la magistratura italiana vuole arrestare e incarcerare Robert Seldon Lady, allora dovrebbe arrestare allo stesso modo Condoleeza Rice e molti altri vertici dell’amministrazione Bush. L’arresto di un leale soldato statunitense non sarà un bene né per gli Stati Uniti né per l’Italia”. È questa, in sintesi, la tesi di Thomas Spencer, avvocato difensore dell’ex capo della Cia a Milano condannato in contumacia a 8 anni di carcere nel processo sul sequestro dell’imam egiziano Abu Omar, avvenuto il 17 febbraio 2003 a Milano.

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di Ferdinando Calda

    “Se la magistratura italiana vuole arrestare e incarcerare Robert Seldon Lady, allora dovrebbe arrestare allo stesso modo Condoleeza Rice e molti altri vertici dell’amministrazione Bush. L’arresto di un leale soldato statunitense non sarà un bene né per gli Stati Uniti né per l’Italia”. È questa, in sintesi, la tesi di Thomas Spencer, avvocato difensore dell’ex capo della Cia a Milano condannato in contumacia a 8 anni di carcere nel processo sul sequestro dell’imam egiziano Abu Omar, avvenuto il 17 febbraio 2003 a Milano.

    Mercoledì Lady ha inviato una lettera al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per chiedere la grazia, già concessa al colonnello statunitense Joseph Romano, anche lui condannato insieme ad altri 22 agenti della Cia. “Rimpiango la mia partecipazione in qualsiasi attività che potrebbe essere considerata contraria alle leggi vigenti in Italia”, scrive Lady, sostenendo di essere “sempre stato informato che le mie attività erano in conformità con le leggi statunitensi, italiane e internazionali, e che [queste attività] erano autorizzate da funzionari molto alti”.

    Lady quindi chiede scusa al presidente della Repubblica e al popolo italiano “per la tensione che questa linea di condotta ha causato nelle relazioni bilaterali tra l’Italia e l’America” e chiede “un perdono personale e legale”. “Il mio caso – sottolinea ancora l’ex agente Cia – è unico tra tutti gli imputati. Io sono l’unico imputato che sia oggetto di un mandato di cattura internazionale emesso dall’Italia. L’Italia cerca il mio arresto in tutti i paesi, con l’eccezione di quello mio, cosa che di per sé deve essere una violazione dei miei diritti umani. O io sono un criminale dappertutto, o dovrei non essere un criminale in nessun posto”.

    In un’intervista a Il Foglio l’avvocato di Lady ha spiegato le motivazioni della richiesta di grazia a Napolitano.
    “Prima di tutto – dice Spencer – voglio sottolineare che l’operazione venne autorizzata dagli ufficiali italiani. Storicamente, gli Stati Uniti non hanno mai condotto una ‘rendition’ senza l’approvazione informale del Paese ospitante. Quello che è emerso dal processo, è che gli italiani si sono ‘tirati fuori’ dall’operazione all’ultimo momento, ovviamente in un tentativo di far apparire che gli statunitensi avessero operato per conto loro. In realtà non sapremo mai quante ‘rendition’ sono state condotte con la partecipazione dell’Italia”.
    “Inoltre – aggiunge – nessuno degli imputati (i 23 agenti della Cia ndr) avrebbe potuto portare avanti un qualsiasi tipo di difesa senza rivelare importanti segreti sia statunitensi che italiani, violando così leggi e accordi di entrambi i Paesi. Per fornire una ricostruzione completa dell’accaduto ai tribunali italiani, Lady avrebbe dovuto riferire fatti che potrebbero pregiudicare importanti operazioni in corso. E sono convinto che anche gli italiani sarebbero d’accordo sul fatto che fonti, metodi e strategie debbano essere tenuti al sicuro. Già abbastanza è stato rivelato in tribunale da Spataro (Armando Spataro, l'ex procuratore aggiunto di Milano e titolare dell'inchiesta ndr). E questo ha solo aiutato i ‘bad guys’”.

    In una recente intervista a La Stampa, Spencer aveva parlato di un “processo politico” contro il suo cliente. “È stato un processo farsa – rincara – anche se perfettamente in regola con il diritto italiano. Il governo Berlusconi e l’amministrazione Bush erano sotto processo per procura. Lo scopo era di mettere in difficoltà la politica e usare un caso di spionaggio come catalizzatore di attenzione”. “I giudici – continua ricordando la rivalità tra Berlusconi e la magistratura italiana – sono esseri umani. Così, quando hanno avuto tra le braccia un caso che avrebbe potuto colpire Berlusconi, dove c’era una chiara violazione della legge, [lo hanno sfruttato]. Possiamo biasimarli? Personalmente no. Ovunque i giudici sono politici in toga, che si pronunciano sulla base del giudizio umano”.
    Secondo il legale, “lo scopo di Spataro era quello di sottolineare la violazione del diritto italiano e internazionale da parte degli Usa e del governo Berlusconi, per raggiungere un importante risultato, non solo per l’Italia, ma per il mondo. Ed egli ha fatto bene il suo dovere. Anche grazie al caso Abu Omar e alle prese di posizione dell’amministrazione Obama, ora le politiche sono cambiate. Ma perché devono essere le pedine ad essere perseguite e imprigionate a causa delle politiche dei giganti?”.

    Quindi crede che il processo contro il suo cliente e gli altri agenti Cia non sarebbe dovuto neanche iniziare? “Io non do la colpa ai giudici italiani per aver aperto il caso. Era di loro competenza, in quanto c’è stata una violazione delle leggi italiane. Gli Usa non sono onnipotenti e devono riconoscere e rispettare le leggi, le tradizioni e le politiche dei propri partner. Tuttavia i tribunali non sono l’Italia. I giudici hanno la propria giurisdizione e l’Italia ha una propria gerarchia di valutazioni geo-politiche. E a volte non corrispondono. Come in questo caso.
    Questi sono tempi straordinari. Noi siamo in guerra contro i terroristi. Loro non sono legati da alcun trattato o convenzione, mentre il mondo occidentale non ha ancora elaborato un modo per bilanciare il tradizionale sentimento di giustizia con la necessità di proteggere la popolazione da atti brutali. Sicuramente abbiamo regole di comportamento civile e non possiamo diventare come gli animali impazziti che vogliamo combattere. Queste sono le motivazioni che hanno spinto Spataro. Ma il costo [del suo operato] potrebbe essere molto alto in termini di vite umane, perché gli agenti delle operazioni clandestine non saranno più disposti a prendere certi rischi. Di sicuro le accuse di Spataro non hanno fatto nulla per proteggere il popolo italiano”.

    Crede che con la “rendition” di Abu Omar gli Usa abbiano violato la sovranità nazionale italiana o, invece, si siano comportati da buoni alleati? “Ogni rendition compiuta dagli Stati Uniti viola la sovranità nazionale, ma sempre con il consenso dei leader del Paese. L’Italia e gli Stati Uniti collaborano ogni giorno su operazioni segrete a beneficio del popolo italiano. Gli Stati Uniti fanno molti errori, ma i molti successi sono segreti. In questo caso la vicenda è stata gestita male e probabilmente non sapremo mai chi era veramente coinvolto e chi ha effettivamente dato l’approvazione. Più persone sono coinvolte e sono a conoscenza di un’operazione, più alto è il rischio che la stampa ne venga a conoscenza. E poi... qualcuno in Italia sa molto bene chi ha approvato questa operazione.
    Se l’Italia crede davvero che la sua sovranità nazionale sia stata violata, perché non si è rivolta alla Corte internazionale di giustizia, come nel caso dell’incidente [dei fucilieri di marina italiani] in India? Il fatto che non sia stata avanzata alcuna azione legale contro gli Usa o qualsiasi alto ufficiale può indicare solo due cose: o il magistrato Spataro ritiene che tutti gli imputati siano maldestri furfanti che operano per conto proprio, oppure l’Italia è soddisfatta di punire le pedine come messinscena e perdonare i generali”.

    Sabrina De Sousa (una degli agenti Cia condannati in Italia) ha duramente criticato l’amministrazione Usa (sia quella Bush che quella Obama) e le alte cariche della Cia del tempo, per il loro comportamento nella vicenda. In particolare ha accusato Jeffrey Castelli, il capo della sezione di Roma, di aver ingigantito la minaccia terroristica di Abu Omar per ottenere l’approvazione per la rendition. È d’accordo con questa ricostruzione? “No. Non credo che un funzionario di tale anzianità ed esperienza come Castelli abbia mentito al presidente degli Stati Uniti o al suo rappresentante Condoleeza Rice. Tutte le prove indicano che il bersaglio era quello giusto. Forse sono stati sbagliati i tempi. Io credo sia Abu Omar che non sta dicendo tutta la verità. Non ho prove ma l’intera vicenda è molto strana.
    Dal mio punto di vista, come avvocato, Abu Omar sarebbe dovuto essere arrestato da Spataro, che stava investigando su di lui. Invece, eccezionalmente, Spataro ha personalmente aperto un procedimento legale per confiscare la casa di Lady e dare il ricavato a Abu Omar. Perché? Per caso Abu Omar è o è stato una fonte confidenziale di Spataro?”

    Ferrara Da “bye bye Condi” a “bye bye Seldon Lady”, festa grande per la Cia

    di Ferdinando Calda