Primi effetti collaterali del pacifismo integrale di Francesco sulla Siria

Maurizio Crippa

L’indubbio successo, non solo mediatico, della veglia di preghiera con digiuno per la pace in Siria presieduta sabato in Piazza San Pietro da Papa Francesco e il rinnovato attivismo diplomatico vaticano (ieri un nuovo tweet del Pontefice, “chiedo  d’intraprendere con coraggio e con decisione la via dell’incontro e del negoziato”) stanno provocando un effetto d’onda ormai visibile a occhio nudo. Sul fronte mediorientale, significativa la lettera che monsignor Behnan Hindo, arcivescovo siro-cattolico di Hassaké-Nisibi, ha scritto a Barack Obama. Ne ha dato notizia ieri l’agenzia Fides: “E’ per la pace che vi scrivo, la nostra pace. E’ contro la guerra che le scrivo, la vostra guerra”.

    L’indubbio successo, non solo mediatico, della veglia di preghiera con digiuno per la pace in Siria presieduta sabato in Piazza San Pietro da Papa Francesco e il rinnovato attivismo diplomatico vaticano (ieri un nuovo tweet del Pontefice, “chiedo  d’intraprendere con coraggio e con decisione la via dell’incontro e del negoziato”) stanno provocando un effetto d’onda ormai visibile a occhio nudo. Sul fronte mediorientale, significativa la lettera che monsignor Behnan Hindo, arcivescovo siro-cattolico di Hassaké-Nisibi, ha scritto a Barack Obama. Ne ha dato notizia ieri l’agenzia Fides: “E’ per la pace che vi scrivo, la nostra pace. E’ contro la guerra che le scrivo, la vostra guerra”. Parole dure, raddoppiate dai dubbi che il vescovo avanza anche sulle prove dell’uso di armi chimiche da parte di Assad, e dall’appello a “risparmiare i massacri, le distruzioni e altre sofferenze”. La lettera di monsignor Hindo giunge a ridosso del successo ottenuto dall’iniziativa del patriarca cattolico libanese Boutros Bechara Rai, che aveva invitato al digiuno in corrispondenza con quello “romano”, e da quello della veglia di preghiera svoltasi, in concomitanza, in varie diocesi siriane e a cui hanno partecipato anche migliaia di musulmani. Ad AsiaNews, il nunzio apostolico a Damasco, monsignor Mario Zenari, ha definito l’iniziativa “un evento eccezionale”. Parallelamente, si era svolta una celebrazione di preghiera e digiuno per la pace anche nella grande moschea degli Omayyadi a Damasco. A presiederla il Gran Muftì di Siria, Ahmad Badreddin Hassou, leader dell’islam sunnita, alla presenza di capi religiosi sunniti, sciiti, alawiti, ismaeliti, drusi e anche di rappresentanti di altre religioni, ebrei e cristiani. “Noi musulmani siriani – ha dichiarato a Fides Ahmad Badreddin Hassou – siamo orgogliosi non solo di proteggere i cristiani, ma di essere la cornice entro cui la cristianità si è potuta esprimere e diffondere nel mondo come messaggio di pace, in quanto Gesù Cristo è il Principe della pace”. Affermazioni che, pur con quel margine di retorica che può ragionevolmente essere imputata alla eccezionalità della situazione, sembrano amplificare le parole del Papa sulla necessaria convivenza delle fedi e il suo auspicio – nella lettera al G20 – che la Siria possa tornare a essere un paese multireligioso, e non diviso in base ad appartenenze etniche. Sul fronte dell’iniziativa diplomatica della Santa Sede, dopo l’Angelus di domenica con le dure accuse di Bergoglio al traffico delle armi, c’è da segnalare un’intervista altrettanto dura rilasciata da monsignor Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede all’ufficio Onu di Ginevra alla Radio Vaticana: “Il legame tra il complesso industriale e militare è reale e ha un peso politico sproporzionato all’interesse del bene comune di un paese”.

    La forte accelerazione impressa all’iniziativa contro la guerra da Bergoglio sta rapidamente modificando anche i connotati delle posizioni interne alla chiesa cattolica. Se il filosofo cattolico conservatore americano Michael Novak, intervistato dal sito Vaticaninsider, ha espresso perplessità sul pacifismo inteso come unica posizione dottrinale corrispondente al pensiero della chiesa – “Per noi americani, in sostanza, non è vero che la guerra non ha mai risolto nulla”, ha detto –, il cardinale emerito di Washington, Theodore E. McCarrick, ha invece dichiarato al Catholic News Service di essere contrario all’intervento militare americano, specificando di non credere per nulla alla teoria che “fare la guerra porti la pace”. E allargando il giudizio politico al passato, ha aggiunto: “Abbiamo fatto un errore in Iraq. Spero che non lo rifacciamo ancora in Siria”. Che il clima in Vaticano sia un po’ mutato, favorendo l’abbandono di certe meticolose prudenze del passato, lo si nota anche da qualche particolare giornalistico. Ieri sul sito della Radio Vaticana spiccava un reportage sui conti economici del traffico delle armi. Ma soprattutto, sulla prima pagina dell’Osservatore Romano di domenica, compariva un articolo di fondo firmato dal vescovo emerito di Ivrea, ed ex leader di Pax Christi, Luigi Bettazzi, un “pacifista senza se e senza ma” non particolarmente di moda nei Sacri Palazzi negli anni passati, chiamato invece ora a ricapitolare il pensiero dei papi del Novecento “come profeti e missionari di pace”.

    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"