Conti di larghe intese

Il partito della spesa si rifà vivo con Letta prima della Finanziaria

Marco Valerio Lo Prete

“Per molto tempo ho pensato che prima di tagliare le tasse bisognasse trovare le risorse – ha detto ieri Raffaele Bonanni, intervistato da Alessandro Barbera sulla Stampa – Ora sono convinto che l'approccio prudente non porta da nessuna parte. Se c'è la volontà politica di tagliare le tasse, le risorse si trovano”. Così il segretario della Cisl, il sindacato sulla carta più “riformista”, ha ben sintetizzato il mood delle parti sociali alla vigilia dell'appuntamento con la legge di stabilità (l'ex Finanziaria). Scade oggi infatti il termine entro cui i singoli ministeri dovranno inviare all'Economia le cosiddette “proposte compensate”, le misure a saldo zero che i dicasteri propongono e che poi – opportunamente cucinate dall'esecutivo – andranno a comporre la legge annuale.

    “Per molto tempo ho pensato che prima di tagliare le tasse bisognasse trovare le risorse – ha detto ieri Raffaele Bonanni, intervistato da Alessandro Barbera sulla Stampa – Ora sono convinto che l’approccio prudente non porta da nessuna parte. Se c’è la volontà politica di tagliare le tasse, le risorse si trovano”. Così il segretario della Cisl, il sindacato sulla carta più “riformista”, ha ben sintetizzato il mood delle parti sociali alla vigilia dell’appuntamento con la legge di stabilità (l’ex Finanziaria). Scade oggi infatti il termine entro cui i singoli ministeri dovranno inviare all’Economia le cosiddette “proposte compensate”, le misure a saldo zero che i dicasteri propongono e che poi – opportunamente cucinate dall’esecutivo – andranno a comporre la legge annuale. E industriali e sindacati, lunedì scorso, hanno presentato le loro proposte congiunte per “una legge di stabilità per l’occupazione e la crescita”, chiedendo meno tasse sul reddito da lavoro, meno Irap, risorse per le politiche industriali. Molto più sfumato il capitolo su risparmi di spesa e coperture. I media l’hanno ribattezzato il “patto di Genova” perché la presentazione è avvenuta alla festa nazionale del Pd nel capoluogo ligure. Un fatto di per sé inedito, considerato pure – come risulta al Foglio – che qualcuno dei protagonisti aveva proposto di far adottare lo stesso documento in sede Cnel, l’organismo consultivo dove industriali e sindacati sono rappresentati in base al dettato costituzionale. I rappresentanti di Confindustria però avrebbero preferito la festa del Pd, cioè il partito del presidente del Consiglio, Enrico Letta. Non tutti nel governo hanno apprezzato. Al punto che domenica il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, intervenendo a Cernobbio, ha parlato di un programma “francamente un po’ scarso su quello che è il contributo che imprese e sindacati possono dare al processo” per favorire la crescita. Poi ha aggiunto: “Se lo si legge in filigrana, viene fuori un conto della spesa molto elevato a carico del bilancio statale, con poco realismo”. Letta, più tardi e sempre a Cernobbio, ha invece lodato merito e metodo del documento, giudicati in sintonia con l’operato dell’esecutivo. Così nella serata di domenica è arrivata la correzione di rotta di Via XX Settembre: “Il ministro dell’Economia e delle Finanze ha affermato oggi che il piano Confindustria-Sindacati è in sintonia con gli orientamenti del governo”. Rettifica parziale, visto che Saccomanni mantiene le riserve su un piano che sarebbe “molto oneroso” da realizzare, e che quindi comporta “scelte da fare”. No alla lista della spesa, dunque. Renato Brunetta, presidente dei deputati del Pdl, ieri ha chiesto a Saccomanni di chiarire “se e come intende realizzare le proposte contenute nel ‘Patto di Genova’”, ribadendo che la priorità del centrodestra rimane il rinvio dell’aumento dell’Iva dal 1° ottobre.

    Al di là della dialettica tra partiti, rimane la necessità di varare una legge di stabilità che non sfori il vincolo del 3 per cento per il rapporto deficit/pil, e che definisca le coperture per la cancellazione della seconda rata dell’Imu del 2013. Saccomanni già a fine agosto aveva causato qualche malumore con il suo documento “tecnico” sull’Imu che sconsigliava l’abolizione in toto dell’imposta, ora si ritaglia ancora il ruolo di arcigno guardiano dei conti. Pesano le sue convinzioni personali, ma anche la sua formazione (Banca d’Italia) e la genesi della sua nomina (una garanzia per i mercati e ben vista dal suo ex superiore di Palazzo Koch, Mario Draghi, oggi presidente della Banca centrale europea). Paolo De Ioanna, già capo di gabinetto di Carlo Azeglio Ciampi e di Tommaso Padoa-Schioppa al Tesoro, conferma al Foglio che “il ministro Saccomanni e la Ragioneria ragionano in termini di vincoli finanziari. Il governo non ha tanti margini quanti sembrano presupporne le parti sociali. Certo già con questa legge di stabilità si potrebbero spostare 10-15 miliardi in due anni da spesa pubblica corrente a spesa per investimenti”. Nel governo, anche il ministro agli Affari europei, Enzo Moavero Milanesi, sostiene un approccio cauto: “Importante” il metodo delle parti sociali, ha detto ieri al Messaggero, ma poi il governo deve valutare “la sostenibilità” delle proposte “nella sua collegialità”. E Moavero ricorda ai suoi interlocutori che, per la prima volta, questa finanziaria dovranno vagliarla preventivamente anche Eurogruppo e Commissione Ue. Letta per ora continua a mediare. Rilanciato il tema delle privatizzazioni (sul lato delle entrate), ieri ha rivendicato le nuove risorse per la scuola (“torna il diritto allo studio”) e l’assunzione di 26 mila docenti precari. Presto però potrebbe tornare il momento del “dagli al tecnocrate” che le parti sociali hanno già ricominciato a sussurrare.