
Robespierre all'Educazione
Un suo compagno di partito e di governo, il ministro delle Finanze Pierre Moscovici, che è stato anche il suo talent scout in politica, lo ha chiamato una volta “Docteur Vincent et Monsieur Peillon”, a indicarne il contrasto tra i modi gentili e la determinazione da cingolato. Ma nel ministro dell’Educazione nazionale Vincent Peillon, gran sacerdote della religione laica della République, apostolo della fede secolare che vuole soppiantare qualsiasi influenza religiosa d’altro tipo, convivono senza contrasti l’intellettuale coltivato di buona e influente famiglia e l’uomo d’azione, lo studioso del decostruzionista Merleau-Ponty e l’emulo di Robespierre.
Un suo compagno di partito e di governo, il ministro delle Finanze Pierre Moscovici, che è stato anche il suo talent scout in politica, lo ha chiamato una volta “Docteur Vincent et Monsieur Peillon”, a indicarne il contrasto tra i modi gentili e la determinazione da cingolato. Ma nel ministro dell’Educazione nazionale Vincent Peillon, gran sacerdote della religione laica della République, apostolo della fede secolare che vuole soppiantare qualsiasi influenza religiosa d’altro tipo, convivono senza contrasti l’intellettuale coltivato di buona e influente famiglia e l’uomo d’azione, lo studioso del decostruzionista Merleau-Ponty e l’emulo di Robespierre. Docteur Vincent e Monsieur Peillon sono entrambi impegnati nella battaglia per rifondare l’anima dei francesi, prima ancora che la testa. Naturalmente a partire dai banchi della scuola, mai come ora messi in competizione con le famiglie: luoghi di oscurantismo dove magari si coltiva la pazza idea della differenza sessuale invece dell’ideologia del gender (cavallo di battaglia della dottrina Peillon), o quella altrettanto pericolosa del diritto ad avere tradizioni religiose o idee non omologate al verbo della République. Lo scopo dichiarato di Peillon, che lo ha ripetuto in molte occasioni, è di realizzare fino in fondo la “rivoluzione incompiuta” del 1789, prima della quale nulla di buono, bello e utile fu mai concepito. E la scuola altro non è che la “nuova chiesa” nella quale elaborare la “trasformazione progressista” della società e favorire la nascita di “uomini nuovi”.
Se non fosse che ricopre una carica influente nella Francia hollandiana, e che si accinge a mettere in pratica in tutte le scuole del paese la sua “Carta della laicità” – vangelo di una teologia politica che tutto dissacra, tranne la “religione repubblicana” (vedi il Foglio del 29 agosto) – il personaggio Peillon potrebbe ricordare quei patetici utopisti ottocenteschi sbeffeggiati da Marx, fautori di una felicità obbligatoria (alle condizioni dettate da loro), che tanta materia ha dato alle distopie letterarie – e alle realtà totalitarie – del Novecento.
Il cinquantatreenne Peillon, che dopo la laurea in Filosofia alla Sorbona si è occupato, in gioventù, di importazione di salmone affumicato (lo slogan era: “Salmone norvegese per tutti”. Prima, significativa manifestazione di fede egualitarista?), è figlio di un banchiere comunista. Nel senso che il padre, Gilles, è stato il direttore generale della prima banca sovietica fuori dell’Urss, la Banque Commerciale pour l’Europe du Nord-Eurobank (la quale, ricordava Jean-François Revel nelle sue memorie, durante la Guerra fredda serviva da deposito, con centinaia di conti intestati per l’ammontare di decine di milioni di franchi, per il Partito comunista francese e per le organizzazioni sindacali sorelle). La madre di Vincent, Françoise Blum, ricercatrice di medicina, è la figlia del medico alsaziano di orgine ebraica Léon Blum, al quale si deve l’introduzione dell’insulinoterapia in Francia (solo omonimo del politico socialista che fu presidente del Consiglio all’epoca del Fronte popolare). Un altro esponente di rilievo della famiglia è lo zio materno di Vicent, Étienne Blum, che con lo pseudonimo di Étienne-Émile Baulieu è noto per essere inventore e instancabile piazzista nel mondo della pillola abortiva Ru486.
Nato nel 1992 alla politica attiva nel Partito socialista, con un incarico nello staff di Henri Emmanuelli, all’epoca presidente dell’Assemblea nazionale, Peillon è stato eletto la prima volta nel 1997. Nel suo curriculum politico figurano un doppio mandato come deputato europeo (non manca nemmeno l’appoggio a una Tobin tax verde per contrastare i cambiamenti climatici), e l’appoggio nelle penultime elezioni politiche alla candidatura di Ségolène Royal, di cui è stato anche portavoce. Nel 2002, dopo aver mancato la rielezione all’Assemblea nazionale (punito, pare, dai cacciatori da lui osteggiatissimi della sua circoscrizione elettorale), si è dedicato per qualche tempo all’insegnamento e a intensi studi sugli utopisti socialisti ottocenteschi. Due i testi che condensano il suo pensiero, entrambi pubblicati da Seuil: “Une religion pour la République. La foi laïque de Ferdinand Buisson” e “La révolution française n’est pas terminée”. Nel primo, dedicato a uno dei padri dell’idea di laicità alla francese, Peillon scrive che la laicità è “la religione di tutte le religioni, di tutte le confessioni, la religione universale”.
Dio salvi la Francia.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
