Multilateralista, a moi? Hollande è pronto ad andare in Siria senza Onu

David Carretta

“Il diritto internazionale deve evolvere con la sua epoca. Non può essere un pretesto per lasciar perpetrare massacri di massa”. La svolta impartita da François Hollande alla dottrina della Francia si riassume in questo passaggio del discorso, pronunciato martedì davanti alla Conferenza degli ambasciatori, per giustificare la partecipazione a un intervento militare volto a “punire quelli che hanno preso la decisione infame di gasare degli innocenti” in Siria. L’Iraq del 2003, quando la Francia di Jacques Chirac era il portabandiera del multilateralismo onusiano spingendo George W. Bush all’unilateralismo della coalizione dei volenterosi, è ormai un ricordo lontano.

    Bruxelles. “Il diritto internazionale deve evolvere con la sua epoca. Non può essere un pretesto per lasciar perpetrare massacri di massa”. La svolta impartita da François Hollande alla dottrina della Francia si riassume in questo passaggio del discorso, pronunciato martedì davanti alla Conferenza degli ambasciatori, per giustificare la partecipazione a un intervento militare volto a “punire quelli che hanno preso la decisione infame di gasare degli innocenti” in Siria. L’Iraq del 2003, quando la Francia di Jacques Chirac era il portabandiera del multilateralismo onusiano spingendo George W. Bush all’unilateralismo della coalizione dei volenterosi, è ormai un ricordo lontano. Anche la Libia del 2011, quando Nicolas Sarkozy forzò l’interpretazione di una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu provocando l’ostruzionismo della Russia su qualsiasi iniziativa mediorientale attuale, è storia del passato. Perfino il Mali del gennaio 2013, quando Hollande inviò i suoi soldati per fermare l’avanzata degli islamisti senza autorizzazione esplicita dell’Onu, ma sulla base di una richiesta di aiuto delle autorità di Bamako, non può essere invocato come precedente. Con la Siria, Hollande ha scelto di riconoscere “il principio della responsabilità di proteggere le popolazioni civili”, come lui stesso ha spiegato agli ambasciatori. E di disconoscere il Consiglio di sicurezza come unico organismo legittimato a stabilire quando si può fare una guerra. Il balzo è spettacolare, tanto più per un presidente socialista, che nel 2003 marciava contro la “Busherie” (la macelleria di Bush in Iraq, ndr).

    Le ragioni di politica interna non sono estranee alla svolta di Hollande. Al minimo nei sondaggi, considerato indeciso dai suoi compatrioti, il presidente francese ha già usato la guerra in Mali per tentare di restaurare la sua autorità. “C’era stata un’approvazione all’intervento che appariva giustificato, legittimo e efficace”, ha spiegato al Monde Brice Teinturier, direttore dell’istituto demoscopico Ipsos: “Aveva avuto un effetto abbastanza importante sulla percezione della sua autorità, della sua capacità di prendere decisioni difficili”. Sulla Siria, i principali giornali suonano i tamburi di guerra – per Libération “l’indignazione occidentale appare tardiva”, mentre il Monde ha fornito alcune prove dei primi attacchi chimici minori da parte del regime Assad – mentre l’opposizione di centrodestra sostiene la determinazione di Hollande. I possibili danni collaterali che avevano fatto oscillare il presidente negli scorsi mesi, come una rappresaglia contro le truppe francesi in Unifil, dovrebbero essere contenuti dalla portata limitata dell’intervento. La linea di difesa contro chi ne contesta la legalità è che Damasco ha fatto ricorso “ad armi che la comunità internazionale ha vietato da 90 anni in tutte le sue convenzioni internazionali”.

    Ieri Hollande ha riunito il Consiglio ristretto di difesa, preludio di ogni azione militare da parte di Parigi. L’Assemblea nazionale è stata convocata per il 4 settembre. “Il massacro chimico di Damasco non può restare senza risposta. La comunità internazionale non può restare senza reagire di fronte all’uso di armi chimiche”, ha detto Hollande, aggiungendo che aumenterà il “sostegno militare alla Coalizione nazionale siriana”. Per il presidente francese, “solo con questa fermezza una soluzione politica potrà un giorno prevalere in Siria”. Diversi partner europei non sono d’accordo, anche se gli ambasciatori della Nato ieri hanno riconosciuto che “l’uso di armi chimiche è inaccettabile e non può rimanere senza risposte”, perché costituisce “una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale”. La Germania rimane prudente. Italia e Polonia hanno detto che non parteciperanno all’intervento. L’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Catherine Ashton, continua a invocare il fantasma di “Ginevra 2” e del “processo politico”. Jean Asselborn, ministro degli Esteri del Lussemburgo – unico paese europeo membro non permanente del Consiglio di sicurezza – ha detto che “un’operazione militare non sarebbe nell’interesse del diritto internazionale” e “le vie diplomatiche non sono ancora esaurite”.