
Il femminicidio e le grida manzoniane
L’approvazione da parte del governo del decreto legge in materia di sicurezza ha suscitato interesse (e in certi settori addirittura entusiasmo) per la parte che riguarda la repressione della violenza nei confronti delle donne, il cosiddetto femminicidio. Sul merito delle nuove norme si può discutere, anche perché alcune, presentate come una “vittoria delle donne”, come l’impossibilità di ritirare denunce, potrebbero ottenere un esito contrario a quello sperato, creando un ostacolo psicologico in più per un atto, la richiesta di un intervento pubblico su questioni considerate più o meno a ragione private, che è sempre difficile. Più in generale, resta fondata la preoccupazione per la caratterizzazione dei reati o delle aggravanti in base all’identità delle vittime.
L’approvazione da parte del governo del decreto legge in materia di sicurezza ha suscitato interesse (e in certi settori addirittura entusiasmo) per la parte che riguarda la repressione della violenza nei confronti delle donne, il cosiddetto femminicidio. Sul merito delle nuove norme si può discutere, anche perché alcune, presentate come una “vittoria delle donne”, come l’impossibilità di ritirare denunce, potrebbero ottenere un esito contrario a quello sperato, creando un ostacolo psicologico in più per un atto, la richiesta di un intervento pubblico su questioni considerate più o meno a ragione private, che è sempre difficile. Più in generale, resta fondata la preoccupazione per la caratterizzazione dei reati o delle aggravanti in base all’identità delle vittime. A questa obiezione generale si risponde di solito sostenendo l’esigenza di dare una maggiore tutela a vittime deboli, osservazione a doppio taglio, perché comporta la scelta di tutelarle proprio perché deboli invece di sostenerle in modo che ottengano una effettiva parità. L’idea che la repressione sia la strada maestra per correggere fenomeni di discriminazione o di persecuzione è molto suggestiva, ma in sostanza consiste nella rinuncia ad affrontare il problema vero della “debolezza” sociale di gruppi specifici, limitandosi a minacciare punizioni più pesanti a chi ne approfitta ignobilmente. E’ la stessa tematica che verrà affrontata nella discussione della proposta di legge sull’omofobia, che appunto perché concentra la caratterizzazione del reato sui caratteri della vittima, rischia di lasciare in una condizione di genericità la definizione del reato, col rischio che questo dia poi la stura a sentenze che confondano la persecuzione contro un gruppo di persone, ovviamente inaccettabile come il razzismo, con l’affermazione di principi etici considerati sfavorevoli a questo stesso gruppo.
Il decreto legge sul femminicidio è stato approvato dall’esecutivo, nell’ultima riunione preferiale, in un paio d’ore, magari anche grazie all’eterogeneità di un provvedimento in cui sono inseriti anche, per esempio, inasprimenti della repressione nei confronti di azioni di sabotaggio nei confronti di opere pubbliche in costruzione, con evidente riferimento alla difesa sacrosanta dei lavoratori della linea ad alta velocità in Val di Susa. Per la definitiva approvazione parlamentare, nonostante i tempi ridotti, si può sperare in qualche miglioramento che renda la legge definitiva uno strumento equilibrato e non una delle solite “gride” manzoniane, destinate più a placare settori militanti dell’opinione pubblica che a combattere efficacemente la violenza e la discriminazione, quali che ne siano le vittime.


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