Tempi e modi di Via XX Settembre complicano la vita a Letta

Redazione

La scelta inusuale del ministero dell’Economia di rendere pubblico un dossier sull’imposta municipale crea al governo Letta più grattacapi di quanti ne giustifichi un dossier marginale nell’economia complessiva degli aggregati di finanza pubblica, dove la tassazione sul lavoro – per esempio – ha ben altra grandezza. Di Talleyrand, il ministro che di corridoi e potere s’intendeva come pochi altri, è nota l’espressione “E’ peggio di un crimine: è un errore”. Parafrasando il celebre statista francese, vien da dire che la ricerca di Via XX Settembre sull’Imu è peggio di un dossier: è un errore.

di Francesco Galietti

    La scelta inusuale del ministero dell’Economia di rendere pubblico un dossier sull’imposta municipale crea al governo Letta più grattacapi di quanti ne giustifichi un dossier marginale nell’economia complessiva degli aggregati di finanza pubblica, dove la tassazione sul lavoro – per esempio – ha ben altra grandezza. Di Talleyrand, il ministro che di corridoi e potere s’intendeva come pochi altri, è nota l’espressione “E’ peggio di un crimine: è un errore”. Parafrasando il celebre statista francese, vien da dire che la ricerca di Via XX Settembre sull’Imu è peggio di un dossier: è un errore. Ecco perché.

    A costituire un problema è innanzitutto il metodo con cui Via XX Settembre è intervenuta nella controversia sull’Imu, con una rassegna “ragionata” di soluzioni tecniche per alleggerire il carico sulle prime case e un ordine di preferenze molto esplicito consegnato al dibattito pubblico. L’eliminazione tout court dell’Imu sulla prima casa, cavallo di battaglia elettorale del Popolo della libertà su cui nelle battute finali della campagna convergevano non pochi esponenti dello stesso Partito democratico, per i tecnici ministeriali è una misura “iniqua”. Naturale che la cosa non possa essere accettata dai partiti, che rivendicano per sé la possibilità di operare scelte politiche e non accettano di essere messi dal ministro Fabrizio Saccomanni di fronte al fatto compiuto. Tanto più che in ambito tributario è noto che le uniche cifre “vere” sono quelle consuntivate e non quelle stimate, specie quando si tratta di quantificare gettiti da imposte locali. A natale dell’anno scorso, per esempio, le stime sul gettito Imu si erano rivelate clamorosamente sottostimate, ed Erario e comuni avevano scoperto un “tesoretto” di oltre un miliardo di euro. Una cifra enorme se rapportata a quella in discussione oggi, ampiamente sufficiente a mettere in guardia da presunzioni di accuratezza scientifica. Infine nel mazzo delle ipotesi alternative contemplate dal dossier fa bella mostra di sé la possibilità di derubricare il taglio dell’Imu a questione di finanza locale, passando cioè il cerino ai comuni – i quali, con i bilanci sforacchiati che si ritrovano, mai prenderanno in considerazione la rinuncia a gettito in entrata. Una mossa, questa, da scaricabarile fiscale, che poco ha a che spartire con le scelte coraggiose e sviluppiste.

    Anche volendo ammettere che il taglio secco dell’Imu sulla prima casa sia realmente “iniquo”, la storia della politica è piena di esempi in cui un singolo provvedimento “iniquo” trova compensazione in altre misure di natura diversa. E d’altra parte questo governo non si è certo fatto scrupoli morali quando si è trattato di varare – quelle sì – misure platealmente inique come l’equiparazione delle sigarette elettroniche a quelle tradizionali dal punto di vista impositivo, esponendosi a rilievi di illegittimità e incostituzionalità che tra qualche tempo potrebbero far tornare l’esecutivo sui suoi passi. Mentre è noto che la scelta incontra il favore della lobby dei tabaccai, è molto meno pacifico che generi un marcato gettito erariale – le relazioni tecniche segnalano il contrario – e ancor meno che sia salvaguardata la certezza del diritto.

    Il dossier sul taglio dell’Imu arriva nel peggiore dei momenti, in cui capo dello stato e presidente del Consiglio stanno compiendo sforzi enormi per salvaguardare la stabilità della coalizione di governo all’indomani della pronuncia della Cassazione su Silvio Berlusconi, e un arretramento del Pdl sul proprio totem fiscale decisamente non è nelle carte. C’è dell’altro: il dossier, nell’esaminare senza grande entusiasmo l’ipotesi di una service tax locale, rende molto più difficile a Letta una soluzione per salvare capra e cavoli, magari ingegnerizzando un’imposta di natura diversa ma dagli effetti di gettito suppergiù analoghi. Non resta che il treno a scartamento ridotto della legge delega fiscale, che però ha un iter dai tempi lunghi e necessita di implementazioni successive, mentre la partita sull’Imu è tutta all’insegna dell’ora e qui.

    di Francesco Galietti