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“Berlusconi buffone”, ma quanto è gretta e conformista la stampa inglese
Il Financial Times usa un linguaggio da trivio ch’è goffo in bocca a un inglese, e si colloca appena a un passo dalle risatine di Sarkozy. Cacciato il buffone, ora lo sbattano fuori subito dal Senato – così scrive il quotidiano della City. E aggiunge: è finito. Non mi sorprende, in fondo sono un uomo di sinistra e so bene, anzi benissimo, che il gentiluomo di Fleet street da molti anni ha perso il contatto con il dottor Johnson e con lo spregio che il grande settecentesco dedicava ai conformisti, ai gretti, in particolare quando si parla dell’Italia e di Berlusconi: per questa schiatta di giornalisti insider, un outsider che rompe le uova nel paniere di politica e finanza è pressoché un demonio, e come tale lo trattano. Non c’è understatement che tenga di fronte all’odio tintinnante degli uomini di denari.
Ferrara Berlusconi politicamente morto? No, è vivo e senza rivali
Il Financial Times usa un linguaggio da trivio ch’è goffo in bocca a un inglese, e si colloca appena a un passo dalle risatine di Sarkozy. Cacciato il buffone, ora lo sbattano fuori subito dal Senato – così scrive il quotidiano della City. E aggiunge: è finito. Non mi sorprende, in fondo sono un uomo di sinistra e so bene, anzi benissimo, che il gentiluomo di Fleet street da molti anni ha perso il contatto con il dottor Johnson e con lo spregio che il grande settecentesco dedicava ai conformisti, ai gretti, in particolare quando si parla dell’Italia e di Berlusconi: per questa schiatta di giornalisti insider, un outsider che rompe le uova nel paniere di politica e finanza è pressoché un demonio, e come tale lo trattano. Non c’è understatement che tenga di fronte all’odio tintinnante degli uomini di denari.
Più interessante l’ex direttore dell’Economist, Bill Emmott, che almeno si è messo in pensione in Italia e qualcosa del paese conosce. Dice in un’intervista che Berlusconi non va dato per morto politicamente, né per pensionato, che la figlia Marina è dietro l’angolo, che il Cav. può esercitare una leadership imbarazzante per tutti anche nella situazione di prigioniero domiciliare senza passaporto. E aggiunge la solita solfa oggi in bocca a tutti i nemici dell’Arcinemico: oh, se solo la destra si decidesse a mettere un altro al suo posto! E qui ricasca l’asino.
I giornalisti della stampa estera, con poche eccezioni, non hanno mai voluto capire, perché troppo difficile da introiettare, che il fenomeno Berlusconi nasce dalla crisi per mano del partito dei giudici della Repubblica dei partiti. Berlusconi politico, e il suo anomalo e speciale movimento di popolo, nascono nel 1992 e 1993, quando invece di sanzionare reati, distinguendo tra attività irregolari di tutti i partiti e arricchimenti personali e di lobby disgustosi, il partito dei giudici attua il programma di distruzione della democrazia costituzionale, giudicata nell’insieme corrotta e marcia, e diventa il nuovo principe al quale tutti i codardi rendono omaggio. Tutti tranne uno, Berlusconi, che però è popolarissimo, è ricco e straricco, ha un’aura carismatica per il suo modo semplice e diretto di esprimersi, e azzecca le due o tre cose decisive che caratterizzeranno i vent’anni successivi: ci si batte per il governo e l’alternativa di forze diverse al governo dello stato, ci si batte tra due poli contrapposti, ci si batte esercitando la responsabilità e la leadership legata alla persona del candidato, che agisce in un rapporto di rappresentanza democratica diretta con grandi masse di elettori.
(Se la Gran Bretagna avesse perso la tradizione bipartitica e fossero scomparsi i tory e i labour, oppure se negli Stati Uniti fossero stati spianati i democratici e i repubblicani, o i gollisti e i socialisti in Francia, anche lì l’anomalia avrebbe prodotto una cosa strana, che Emmott ha sempre, dal 2001, giudicato male: l’arrivo di un cavaliere bianco, nato nell’imprenditoria, in conflitto di interessi palese, e perciò controllabile, rispetto alla funzione pubblica. E la loro storia sarebbe stata simile a quella che è stata la storia d’Italia da due decenni ad oggi.)
Berlusconi ha due caratteristiche. E’ vittima di una giustizia politicizzata e dal carattere assurdo, come sostenuto spesso dal Wall Street Journal e da tutti gli osservatori americani, di un paese in cui i giudici vengono eletti e l’amministrazione ha una sua politica giudiziaria e il percorso della difesa è giuridicamente separato da quello dell’accusa in condizioni di parità effettiva. Essendo vittima di una casta non eletta, che gli ha mostrato animosità con decine di processi accanitamente tagliati sullo scopo di incastrarlo, e che ha rivelato ambizioni non costituzionali perfino secondo l’ex presidente della Camera ed ex giudice, il comunista Luciano Violante, la pronuncia legislativa che lo priva dei diritti civili, e che pretende di mettere fuori legge uno dei capi della maggioranza di governo, è politicamente e civilmente nulla. Solo un modo di ragionare sempliciotto e volgare può ravvedere in quella sentenza, date le condizioni e il contesto in cui viene pronunciata, la ratifica di un reato di frode fiscale. Confondere uno scontro di sovranità con un repulisti criminale è da gonzi o da troppo furbi.
La seconda caratteristica è che il fenomeno Berlusconi nasce appunto dalla crisi dei partiti che avevano firmato la Costituzione, le vecchie tradizioni politiche della Repubblica nata nel 1948. La sua anomalia è uno specifico fatto, storico e politico. Berlusconi non si può sostituire come un qualsiasi capo partito, e nemmeno come un Helmut Kohl, che per la storia di una tangente fu mandato a casa dopo diciotto anni di supergoverno dell’Europa, in quanto nonostante la sua caratura era alla fine un uomo di partito, e spettava alla Cdu decidere. Berlusconi è la destra italiana, con tutte le sue caratteristiche personali, rassegnatevi. Un giorno, forse, quando la sinistra e il sistema politico accetteranno l’espulsione della giustizia faziosa dall’arena e una normalizzazione del sistema, nuova destra e nuovo leader saranno possibili: ma fino a quel giorno, niente da fare. Per questo è possibile, nonostante tutte le difficoltà nate da uno scontro impari, in cui l’avversario agita la legge e le manette parlando in nome del popolo contro un politico eletto dal popolo, che i gentlemen del Financial Times, magari secondo il percorso temuto e esorcizzato da Bill Emmott, debbano prepararsi a un futuro del “buffone” diverso da quello che gli augurano con toni da caserma.
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