Le conseguenza politiche del viaggio di Bergoglio in Brasile

Maurizio Stefanini

Dal punto di vista mediatico, la Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro passerà alla storia per i tre milioni di fedeli presenti alla messa di Copacabana. Dal punto di vista teologico, per gli appelli al rinnovamento di Papa Francesco alle gerarchie. All'indomani delle grandi proteste che avevano agitato il Brasile in occasione della Confederation Cup, però, la visita pontificia aveva acquisito anche un evidente risvolto politico, creando più di una ragione di apprensione nel governo.

    Dal punto di vista mediatico, la Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro passerà alla storia per i tre milioni di fedeli presenti alla messa di Copacabana. Dal punto di vista teologico, per gli appelli al rinnovamento di Papa Francesco alle gerarchie. All’indomani delle grandi proteste che avevano agitato il Brasile in occasione della Confederation Cup, però, la visita pontificia aveva acquisito anche un evidente risvolto politico, creando più di una ragione di apprensione nel governo. Un primo timore era infatti che la struttura organizzativa non si rivelasse all’altezza. Un secondo incubo era che frange estremiste dopo aver contestato il calcio se la prendessero anche col Papa. Il terzo, speculare al secondo, e che invece fosse Francesco a fare qualche discorso tale da mettersi idealmente alla testa della protesta anti-governativa, e magari da rinfocolarla. E qui l’allarme diventava continentale, visto che sulla protesta brasiliana si sono poi innescate altre proteste in Costa Rica, Cile, Perù e altri Paesi che hanno indotto alcuni media anche a parlare di una incipiente “Primavera Latinoamericana”.

    Già durante il viaggio era però apparso chiaro che Francesco da una parte aveva superato alla grande ogni timore di contestazione contro di lui. Dall’altra, stava cercando di elevarsi al di sopra della polemica politica spicciola.  Dopo il viaggio questo intento è stato d’altronde esplicitato dallo stesso Pontefice, col rispondere alla domanda della giornalista brasiliana che sull’aereo di ritorno a Roma gli ha chiesto come mai a Rio non aveva parlato delle leggi brasiliane sull’aborto e sul matrimonio gay. “La Chiesa si è espressa già perfettamente su di esso, non era necessario tornarci sopra, come d’altronde non ho parlato neanche sulla truffa, la menzogna o altre cose sulle quali la Chiesa ha una dottrina chiara. Non era necessario parlare di ciò, ma delle cose positive che aprono il cammino ai ragazzi. Inoltre, i giovani sanno perfettamente qual è la posizione della Chiesa”. Da Francesco è arrivato in compenso un avvertimento sulla possibile liberalizzazione della droga, che è un tema oggi bollente in America Latina, per le iniziative di governi sia di sinistra che di destra. Ma questo è proprio uno di quei “valori” su quali i protestanti hanno chiamato i cattolici a impegnarsi assieme.   

    Ma il viaggio è stato anche occasione di un’inedita “andata a Canossa” collettiva da parte di un gruppo di governanti: con la padrona di casa Dilma Rousseff, c’erano infatti la presidentessa argentina Cristina Kirchner, il presidente boliviano Evo Morales, quello del Suriname Desiré Bouterse, il vicepresidente dell’Uruguay Danilo Astori e quello di Panama Juan Carlos Varala, l’unico non di sinistra. E se la Conferenza Episcopale Brasiliana ha giustificato le proteste contro il governo di Dilma, la Kirchner era solita scontrarsi con Bergoglio quando questi era il Vescovo di Buenos Airesa a Buenos Aires, e Morales, a parte il suo ruolo nella citata battaglia anti-proibizionista, è notoriamente un devoto della divinità incaica della Pachamama, cui tributa sacrifici di animali e la cui teologia ha fatto introdurre a scuola come insegnamento obbligatorio assieme alle religioni cattolica e protestante. Il tono alla fine è stato comunque festoso: Francesco ha regalato a nonna Cristina un paio di scarpette per il nipotino appena nato, ricambiato con un portafoglio “per custodire le sue encicliche”. Poi lei gli ha presentato un candidato del suo partito alle prossime elezioni, che ne ha subito approfittato per riciclare la foto col Papa come propaganda elettorale. Il tutto nella più classica delle cornici di un repertorio ormai classico: “Se non puoi sperare di sconfiggerlo, allora cerca di fartelo amico”. Gli sviluppi, ovviamente, si vedranno in futuro. Importante dovrebbe essere in particolare il viaggio in America Latina che secondo varie indiscrezioni il Papa potrebbe fare nel 2015.

    Da ultimo, c’è il tema dell’organizzazione. E lì, effettivamente, ci sono state lamentele di tutti i tipi: dall’imperversare dei borseggiatori agli intasamenti, fino all’ormai famoso momento di collasso del sistema di sicurezza attorno a Papa Francesco. Varie indiscrezioni suggeriscono che in realtà il governo brasiliano sia contrariato per il modo in cui la voglia di informalità del Papa avrebbe messo a dura prova i suoi “angeli custodi”. Comunque, facendo buon viso a cattivo gioco, il sindaco di Rio de Janeiro Eduardo Paes si è attribuito tutta la responsabilità per i problemi. “Date la colpa a me, non alla città. Voto 10 alla Giornata Mondiale della Gioventù, al Papa e alla popolazione; voto zero a me”.