Nel Brasile dei giovani

La chiesa con bagaglio a mano di Francesco ha in mente solo i poveri

Matteo Matzuzzi

Se le premesse sono quelle viste ieri mattina presto a Fiumicino, poco dopo le otto, il viaggio di Francesco a Rio de Janeiro promette grandi sorprese. Quando tutti i giornalisti erano già seduti ai loro posti sull’Airbus 330 dell’Alitalia, ecco che sulla pista si vedeva camminare il Papa. Tutto vestito di bianco, senza il seguito delle grandi occasioni. Solo lui con il bagaglio a mano. Una valigetta di pelle nera che Bergoglio non ha lasciato un attimo. Sempre con sé, dall’elicottero che lo ha portato allo scalo romano dal Vaticano (con lui c’erano anche il fidato segretario don Alfred Xuereb e il segretario di stato Tarcisio Bertone) fino al momento in cui ha salutato e scambiato qualche parola con il premier Enrico Letta. E con il bagaglio a mano il Pontefice è salito sulla lunga scaletta, in cima alla quale lo attendevano le hostess e il comandante del volo.

    Se le premesse sono quelle viste ieri mattina presto a Fiumicino, poco dopo le otto, il viaggio di Francesco a Rio de Janeiro promette grandi sorprese. Quando tutti i giornalisti erano già seduti ai loro posti sull’Airbus 330 dell’Alitalia, ecco che sulla pista si vedeva camminare il Papa. Tutto vestito di bianco, senza il seguito delle grandi occasioni. Solo lui con il bagaglio a mano. Una valigetta di pelle nera che Bergoglio non ha lasciato un attimo. Sempre con sé, dall’elicottero che lo ha portato allo scalo romano dal Vaticano (con lui c’erano anche il fidato segretario don Alfred Xuereb e il segretario di stato Tarcisio Bertone) fino al momento in cui ha salutato e scambiato qualche parola con il premier Enrico Letta. E con il bagaglio a mano il Pontefice è salito sulla lunga scaletta, in cima alla quale lo attendevano le hostess e il comandante del volo. A bordo, nessuna conferenza stampa, niente domande e risposte con i giornalisti “ho deciso così perché è faticoso farle”. Solo un breve intervento e il saluto uno a uno ai circa settanta reporter a bordo. “Corriamo il rischio di avere una generazione che non ha avuto lavoro”, ha detto, chiedendo di aiutarlo e di lavorare “per il bene della società dei giovani e degli anziani”.

    Ma le sorprese erano già arrivate quando padre Lombardi aveva annunciato che il programma della settimana era stato ritoccato dal Pontefice in persona. Oltre alla tappa ad Aparecida, il grande santuario mariano dove nel 2007 il cardinale Bergoglio fu tra gli ispiratori del documento che chiuse la quinta conferenza dell’episcopato latino-americano, Francesco ha chiesto espressamente che fosse trovato spazio per una visita in una favela e in un ospedale. Così, giovedì prossimo, visiterà la comunità di Varginha e il giorno prima parlerà ai malati dell’ospedale San Francesco de Assis, sempre nella metropoli brasiliana. Missionario tra gli ultimi, perché questa vuole essere la cifra caratterizzante della Giornata mondiale che torna in America del sud.
     
    “La priorità è la periferia”

    Lo ha spiegato bene, a Radio Vaticana, il cardinale Cláudio Hummes, uno che con Bergoglio ha grande confidenza. Brasiliano (è stato arcivescovo di San Paolo, la più grande diocesi del mondo), chiamato in curia da Ratzinger (prefetto del Clero), francescano, era il vicino di banco di Bergoglio nell’ultimo Conclave: è stato lui a suggerire al gesuita argentino di scegliere come nome quello del patrono d’Italia, ma soprattutto ad abbracciarlo e a dirgli, ha raccontato Bergoglio, “non dimenticarti dei poveri! E quella parola è entrata qui: i poveri, i poveri”. A Rio il Papa “vorrà sviluppare ancora di più il nuovo orientamento che lui propone alla chiesa, con gesti, con il suo modo di rapportarsi con la gente, la prossimità. Lui visiterà soprattutto quelli che vivono alla periferia. Tutto il suo programma è fatto di questa sua priorità”.

    E Hummes fa l’elenco dei cardini su cui poggerà l’agenda pastorale dell’ex arcivescovo di Buenos Aires: “Le periferie, le persone che hanno bisogno, le persone che stanno soffrendo, i poveri”. Una linea che farà capire ancora di più “il segno di come la chiesa deve andare avanti: nella forma più semplice, più povera”, aggiunge il porporato brasiliano. Un ritorno all’essenziale, dunque, peraltro già esplicitato da Francesco il 16 marzo scorso, pochi giorni dopo l’elezione al Soglio, incontrando la stampa riunita in Aula Nervi: “Come vorrei una chiesa povera per i poveri”, diceva. Un refrain scandito più volte, di omelia in omelia, a Santa Marta e in San Pietro. Un faro su cui il Papa vuole imbastire la settimana dei giovani in quella terra dove le disuguaglianze sociali sono ancora enormi.

    Così, mentre a Roma le commissioni pontificie istituite con chirografo papale – l’ultima venerdì scorso – lavoreranno per studiare come riformare lo Ior e le altre strutture amministrativo-finanziarie della Santa Sede, Francesco si concentrerà sulla nuova evangelizzazione, su quella missione continentale che proprio lui lanciò da Aparecida nel maggio di sei anni fa con il placet di Benedetto XVI. Per raggiungere l’obiettivo di “trasformare la chiesa in una comunità più missionaria”.

    • Matteo Matzuzzi
    • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.