
Wall Street non è Siena
E’ cominciato lunedì presso il tribunale federale di Manhattan il processo a carico di Goldman Sachs per il prodotto finanziario “Abacus 2007 Ac1”, un derivato solo parzialmente o per nulla liquido, il cui acquisto effettuato da Abn Amro, da Royal Bank of Scotland, da Ikb Industriebank e da altri clienti minori, nel 2007, poco prima del crollo di Wall Street, ha causato ai compratori perdite per oltre un miliardo di dollari. Invece ne hanno ottenuto un rilevante guadagno Goldman Sachs (i cui profitti sono più che raddoppiati nell’ultimo trimestre) che lo smerciava, con lucrose commissioni, e John Paulson, appunto il creatore di “Abacus Ac1”.
E’ cominciato lunedì presso il tribunale federale di Manhattan il processo a carico di Goldman Sachs per il prodotto finanziario “Abacus 2007 Ac1”, un derivato solo parzialmente o per nulla liquido, il cui acquisto effettuato da Abn Amro, da Royal Bank of Scotland, da Ikb Industriebank e da altri clienti minori, nel 2007, poco prima del crollo di Wall Street, ha causato ai compratori perdite per oltre un miliardo di dollari. Invece ne hanno ottenuto un rilevante guadagno Goldman Sachs (i cui profitti sono più che raddoppiati nell’ultimo trimestre) che lo smerciava, con lucrose commissioni, e John Paulson, appunto il creatore di “Abacus Ac1”, nonché il giovane finanziere francese Fabrice Tourre, vicepresidente di Goldman, la più grande banca d’affari del mondo, che aveva promosso questo titolo strutturato. Le vendite di questo prodotto finanziario potrebbero configurarsi come truffe, se i compratori non fossero stati a conoscenza di tutti i rischi del titolo, la cui struttura era particolarmente complessa. Ma la causa al tribunale di Manhattan è civile, non penale, perché Goldman Sachs già ha patteggiato e ha pagato una multa di mezzo miliardo. La discussione così può avvenire (in America) senza la drammatizzazione e la gogna mediatica che da noi caratterizza processi analoghi, come quello per i derivati del Monte dei Paschi. Gli elementi per l’accusa ci sono.
In effetti, in una e-mail della fine 2007, Fabrice aveva scritto che questo titolo aveva un effetto leva estremo “creato senza spiegare agli interessati tutte le implicazioni di tale mostruosità”. Ma Lloyd Blankfein, ceo di Goldman Sachs, sostiene che la truffa non c’è, dato che gli acquirenti avrebbero potuto chiedere maggiori spiegazioni e non lo hanno fatto perché c’era il “boom” e quindi sottovalutavano il rischio, mentre l’utile eventuale era molto consistente e faceva gola. A differenza che da noi, la discussione nei media americani si svolge con una certa pacatezza, va nel merito. Ciò è possibile anche perché, negli Stati Uniti, negli affari, il diritto privato, prevale sul diritto penale e non viceversa. Ciò in quanto il capitalismo e le sue innovazioni finanziarie o tecnologiche, per la cultura della “società aperta” americana non sono mostri da criminalizzare, ma opportunità da valutare, con i loro rischi e con i loro benefici.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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