
Le scuse di Calderoli a Kyenge: "La mia una frase esecrabile ma non razzista"
Roberto Calderoli si è scusato oggi in Senato per la frase “esecrabile” rivolta al ministro Kyenge aggiungendo che sarebbe “stato pronto a dimettersi se vi fosse stata un ampissima maggioranza che lo avesse chiesto e così non è stato”. Calderoli, nel corso del suo intervento in aula, ha ammesso che “preso dalla foga di un comizio davanti a 1500 persone ho commesso un errore grave, gravissimo, perché ho spostato il confronto dal piano politico a quello personale”.
Roberto Calderoli si è scusato oggi in Senato per la frase “esecrabile” rivolta al ministro Kyenge aggiungendo che sarebbe “stato pronto a dimettersi se vi fosse stata un ampissima maggioranza che lo avesse chiesto e così non è stato”. Calderoli, nel corso del suo intervento in aula, ha ammesso che “preso dalla foga di un comizio davanti a 1500 persone ho commesso un errore grave, gravissimo, perché ho spostato il confronto dal piano politico a quello personale”.
"Per questo – ha aggiunto Calderoli - domenica ho fatto le mie scuse al ministro che le ha subito accettate, e di questo le sono grato, avendo compreso che la frase per quanto esecrabile non voleva avere significati razziali né peggio ancora razzisti", ha assicurato. "Oggi quelle scuse le porto a quest'aula perchè con le mie parole ho reso nocumento all'immagine dell'istituzione cui mi onoro di appartenere".
Il vicepresidente del Sentao ha poi chiesto “comprensione al Senato” promettendo “sul mio onore” che “mai più attaccherò un avversario politico con parole offensive, ma altrettanto vi garantisco – ha inoltre aggiunto – che non farò sconti a un governo che consente e quasi incoraggia l’ingresso illegale nel nostro Paese”.
"Credo di essere uno dei pochi che il coraggio di dare le dimissioni l'ho già dimostrato, mi sono dimesso da ministro per una maglietta che nessuno ha mai visto nei suoi contenuti", ha detto ricordando quando, nel 2006, indossò una t-shirt con vignette satiriche su Maometto cui seguì l'attacco al consolato italiano di Bengasi. "Io che sono un convinto indipendentista – prosegue poi Calderoli nella sua difesa – dimostrai allora che cosa fossero il senso dello Stato e delle istituzioni dimettendomi senza mozione di sfiducia. Vorrei che questo mi fosse riconosciuto da voi e dalla storia".
"Ho fatto una sciocchezza. Lo riconosco" - ha concluso Calderoli - "ma chiedo che il giudizio su di me, sulla mia terzietà e la mia imparzialità rispetto al mio ruolo di vicepresidente sia dato sulla base dei miei comportamenti e delle mie dichiarazioni in quest'Aula o quando ho l'onore di presiederla".


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