Conosci il tuo nemico. Il Cav. capisce l'antifona, il Pd no

Giuliano Ferrara

Paolo Guzzanti s’incazza e dice che lui è il capo della mignottocrazia, lui pochi mesi dopo gli dà un’intervista con i fiocchi per il Giornale. Il Giornale definisce banditi i giudici della Cassazione, lui nell’intervista al Giornale dice che ha paura di un eccesso di reazione dei giudici di fronte a uscite radicali, estremistiche del suo giro politico e giornalistico. Ha sopportato senza un battito di ciglia il rigoroso e paradossale “montismo” del Foglio, fin dentro la campagna elettorale, lui che voleva buttare giù tutto, alla caccia del consenso possibile, e noi micro-organismo del dissenso sostenevamo che la salvezza sua e del paese era in una logica di coalizione nazionale.

    Paolo Guzzanti s’incazza e dice che lui è il capo della mignottocrazia, lui pochi mesi dopo gli dà un’intervista con i fiocchi per il Giornale. Il Giornale definisce banditi i giudici della Cassazione, lui nell’intervista al Giornale dice che ha paura di un eccesso di reazione dei giudici di fronte a uscite radicali, estremistiche del suo giro politico e giornalistico. Ha sopportato senza un battito di ciglia il rigoroso e paradossale “montismo” del Foglio, fin dentro la campagna elettorale, lui che voleva buttare giù tutto, alla caccia del consenso possibile, e noi micro-organismo del dissenso sostenevamo che la salvezza sua e del paese era in una logica di coalizione nazionale.

    Berlusconi è proprio un tipo speciale. Non sa che cosa sia il risentimento. Mi è capitato di dire che “essere Berlusconi non è un reato”, aggiungo che è uno stato mentale e un’attitudine personale molto esigente, se si vuole capire qualcosa, e molto divertente, oltre che serissima (solo le cose divertenti sono anche serie, e viceversa).

    Il guaio del Pd come classe dirigente del centrosinistra, o almeno uno di questi molti guai, è il giornalese. Intendo per giornalese il conformismo o l’ortodossia interpretativa che condanna chi scriva sui grandi quotidiani o chi chiacchieri in tv allo schema usurato e infedele della dialettica tra falchi e colombe, alla pratica grottesca della velina di rinfocolamento, quando t’inventi la notizia e fai di Berlusconi un serpente a sonagli sempre pronto a contraddire sé stesso con un morso velenoso e mortale, quando a un livello letterariamente eccelso cadi nella metafora corderiana del Caimano, del Pirata, del Venditore ambulante della fiera di paese.

    Capire l’avversario è decisivo in politica. Berlusconi ha capito benissimo, in un batter d’occhio, finché gli conveniva fare il visino dolce a D’Alema, e quando rompere. Ha capito il fenomeno Renzi fino al paradossale invito a Matteo, trentasettenne di grido e di marketing, a raggiungerlo alla testa del suo rassemblement nazionale. Ha capito Prodi e la sua estraneità alla logica di appartenenza imposta dalla tradizione postcomunista, a quel rigore e a quella disciplina politica che il prof bolognese ha sempre rigettato solipsisicamente, negli affari di potere, procurandosi l’avversione eterna di un numero di parlamentari sufficiente, centouno, a garantirgli il flop nella battaglia per la presidenza della Repubblica nonostante l’incoronazione di prammatica.

    Conosci te stesso, e il tuo alter ego. Questa regola democratica è invece preclusa ai capi della sinistra italiana. Perché invece di dettare loro la moda, come fa Renzi con Repubblica, passata confusamente dall’astio all’endorsement del giovane sindaco di Firenze, subiscono tutti i giorni il tic dei falchi e delle colombe, e tutte quelle spiegazioni giornalesi della dialettica politica nell’Italia di Berlusconi che non sanno discostarsi dall’ammuina dei processi, delle indagini, delle intercettazioni, dei personalismi, delle varie fesserie che pasticciano ma non spiegano. Se intendano vincere le elezioni, i gagliardi sconfitti della sinistra e del centro ex dc devono smetterla di farsi teleguidare dai giornali e dalle tv, devono pensare con la propria testa, sempre che gliene sia rimasta una. L’eterodirezione da parte di più lobby in contrasto tra loro è una brutta bestia, quando si guidi un partito che aspira ad essere forza di governo e di cambiamento. Berlusconi questo lo ha capito d’istinto, e mette da parte ogni forma di risentimento e di subalternità a noi intellettuali e giornalisti giornalesi, loro no. Qui sta la differenza.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.