L'uomo da abbattere

David Carretta

Bernard Tapie non è un santo. Al di là di ogni ragionevole dubbio, non lo si può nemmeno definire un innocente. Ma la persecuzione giudiziaria di cui è vittima, da quando François Hollande ha fatto il suo ingresso all’Eliseo, appare come una resa dei conti finale tra i grandi protagonisti del lungo regno di François Mitterrand in Francia. Mercoledì 10 luglio, cinque anni dopo che un tribunale arbitrale aveva ordinato allo stato francese di restituirgli più di 400 milioni di euro, due giudici di Parigi hanno ordinato il sequestro dell’intero patrimonio di Tapie.

    Bernard Tapie non è un santo. Al di là di ogni ragionevole dubbio, non lo si può nemmeno definire un innocente. Ma la persecuzione giudiziaria di cui è vittima, da quando François Hollande ha fatto il suo ingresso all’Eliseo, appare come una resa dei conti finale tra i grandi protagonisti del lungo regno di François Mitterrand in Francia.
    Mercoledì 10 luglio, cinque anni dopo che un tribunale arbitrale aveva ordinato allo stato francese di restituirgli più di 400 milioni di euro, due giudici di Parigi hanno ordinato il sequestro dell’intero patrimonio di Tapie: sei conti bancari, due assicurazioni vita, le quote di un palazzo della capitale, la villa di Saint-Tropez acquistata nel 2011 e le azioni del Gruppo Hersant Media che edita i giornali la Provence e Nice-Matin. Complessivamente 280 milioni sui 300 milioni di patrimonio stimato. “Bernard Tapie appare come il principale beneficiario delle somme versate dal Cdr al termine di una truffa di cui appare come uno degli organizzatori”, sono le motivazioni addotte dai giudici Serge Tournaire e Guillaume Daïeff. Il Cdr – il Consortium de réalisation – è l’organismo pubblico incaricato di saldare il passivo del Crédit Lyonnais, la banca francese al centro di alcuni scandali politici della République, salvata negli anni Novanta dopo una serie di operazioni finanziarie dubbiose. Tra queste, una truffa orchestrata dallo stesso Crédit Lyonnais ai danni di Tapie nel 1993 con la vendita del colosso Adidas. “La verità è che non ho il diritto di vincere”, aveva spiegato il diretto interessato nel 2008, di fronte agli appelli del Partito socialista a bloccare il risarcimento deciso dai giudici arbitrali e a istituire una commissione parlamentare di inchiesta per verificare se ci siano stati favoritismi da parte dell’allora presidente Nicolas Sarkozy. “E’ un complotto”, ha denunciato Tapie a inizio luglio, dopo il ricorso ufficiale dello stato francese contro l’arbitrato. Mercoledì ha accusato il governo socialista che “sta prendendo in mano il caso”, con Hollande che “lascia fare” perché “non ha il coraggio di affrontare la realtà”.

    Il sospetto c’è. Il sequestro cautelativo è stato “suggerito” dal governo, come ha svelato il ministro delle Finanze, Pierre Moscovici. I giudici, che in Francia dipendono dall’esecutivo, hanno trascinato nell’inchiesta gran parte della Sarkolandia. L’attuale direttrice del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, rischia di essere nuovamente ascoltata dai magistrati, dopo una serie di audizioni due anni fa e nei mesi scorsi: nel 2008, quando era ministro delle Finanze, aveva autorizzato l’arbitrato ed eseguito le sue decisioni, senza presentare appello contro il risarcimento. L’ex segretario generale dell’Eliseo, Cluade Guéant, dovrebbe essere sentito nei prossimi giorni. Altri ex collaboratori e ministri sono già stati interrogati o indagati, come l’avvocato di Tapie e uno dei giudici dell’arbitrato. I giudici sembrano puntare molto in alto. L’ipotesi di reato è “truffa in banda organizzata” (associazione a delinquere ai fini di truffa) e il capobanda alla fine potrebbe essere Sarkozy, che aveva ricevuto il sostegno di Tapie per la sua elezione alla presidenza nel 2007. Ma non si tratta solo di una manovra per ostacolare un ritorno dell’ex presidente nel 2017. In fondo, altre due inchieste giudiziarie (i presunti finanziamenti di Gheddafi e lo scandalo Bettencourt) hanno più probabilità di sbarrare la strada a Sarkozy.

    In realtà, “l’Affaire Tapie” nasconde l’eterno conflitto tra due tipi di personalità molto diverse che hanno caratterizzato gli anni di Mitterrand: la squadra di “enarchi” tristi incarnati da Hollande, che vincono solo quando l’avversario perde; e il brutto-sporco-cattivo ma molto popolare Tapie, che aveva osato minacciare – e continua a minacciare – il potere socialista.
    Hollande e Tapie hanno due storie molto diverse. L’attuale presidente è il tipico prodotto dell’establishment francese. E’ uscito dall’Ena – la Scuola nazionale dell’amministrazione – nel 1980, lo stesso anno di Michel Sapin (il ministro del Bilancio), di Jean-Pierre Jouyet (amico personale e presidente dell’Autorità dei mercati finanziari) e Ségolène Royal. E’ su quei banchi che ha conosciuto l’ex compagna, madre dei suoi figli, tra i critici più duri di Bernard Tapie. La coppia Hollande-Royal fa il suo ingresso all’Eliseo già nel 1981, al momento dell’elezione di Mitterrand, quando Jacques Attali li chiama a far parte della squadra del primo presidente socialista della V Repubblica. Entrambi sono premiati nel 1988 con una circoscrizione elettorale che permette loro di accedere all’Assemblea nazionale. Pierre Moscovici esce dall’Ena nel 1984. Come Hollande, Royal, Sapin – e gran parte dell’apparato socialista – anche Moscovici è costretto a occupare le seconde file dei gabinetti ministeriali e del Parlamento, prima di diventare uno degli “elefanti” del Ps. Tutti hanno vissuto all’ombra di Mitterrand e dell’ex primo ministro socialista, Lionel Jospin, anche lui “enarca” del 1965. Tutti hanno assistito alle manovre politiche del monarca Mitterrand, per dividere e imperare sulla politica francese e sul suo partito.

    Il leader di estrema destra del Front National, Jean-Marie Le Pen, è stato usato da Mitterrand negli anni Ottanta per contrastare la destra gollista. Bernard Tapie, che il presidente socialista aveva voluto come ministro delle Banlieue, è servito a Mitterrand negli anni Novanta per arginare lo stesso Le Pen ed eliminare il suo avversario storico nel Ps, Michel Rocard. Alla fine, le due creature di Mitterrand hanno inflitto colpi quasi mortali ai suoi presunti eredi: Tapie nel 1994, quando con la sua lista Energie Radicale ottiene uno straordinario successo alle elezioni europee, conquistando il 12 per cento contro il 14,5 dei socialisti guidati da Rocard; Le Pen nel 2002, quando alle presidenziali supera il candidato socialista Jospin e accede al secondo turno, spingendo il Ps in una lunga crisi identitaria da cui non si è ancora completamente ripreso.
    La storia di Tapie è opposta a quella dei socialisti “enarchi”: un uomo che si è fatto tutto da solo, spregiudicato, le cui fortune sono state costruite ai confini della legalità e lontane dalle aule del perbenismo. Nato nel 1943 nel XX arrondissement di Parigi, di origini modeste, Tapie deve tutto o quasi alle televisioni. Non ai canali televisivi, ma agli apparecchi che Tapie vende negli anni Sessanta nel sud della Francia, escogitando gli stratagemmi più vari. Per superare la reticenza dei potenziali clienti per quegli apparecchi ancora troppo costosi, Tapie si finge ispettore incaricato di condurre inchieste sui programmi preferiti dei francesi. Ai molti che rispondono di non avere ancora un televisore, lui ne offre uno in prestito. Alla fine della settimana di prova, sono pochi a rifiutare di firmare il contratto pur di comprarsi la magica scatoletta. Così, grazie a un po’ di furbizia e molto charme, nel 1967 Tapie riesce a rilevare il negozio di televisori per cui lavora. Dieci anni dopo, usando i consigli dell’amico e mentore Jean-Louis Borloo, Tapie diventa lo “Zorro degli affari” che compra, ristruttura e cede imprese in difficoltà: dal gruppo di pile elettriche Leclanché-Wonder alle tipografie di lusso Draeger. Nel 1980 acquista La Vie Claire, una catena di distribuzione alimentare, che diventa lo sponsor di una delle più formidabili squadre del ciclismo moderno, ingaggiando a prezzi fuori mercato Bernard Hinault e Greg LeMond, con cui vince due Tour de France. Nel 1986 è la volta dell’Olympique de Marseille, che nell’èra Tapie conquista quattro campionati consecutivi e una Coppa dei campioni. Nel 1990 è il colpo grosso: Adidas, colosso tedesco dell’abbigliamento sportivo in declino, per cui Tapie sborsa 1,6 miliardi di franchi (244 milioni di euro) perché è “l’affare della mia vita”.

    In realtà, sono proprio Adidas e l’Olympique de Marseille i due strumenti che servono a condannare Tapie al carcere e al fallimento economico e politico. Nel 1993, dopo essere entrato nel governo Béregovoy, Tapie decide di vendere il gruppo dell’abbigliamento sportivo e firma un memorandum per 317 milioni di euro con la Sociéte de banque occidentale, filiale del Crédit Lyonnais e finanziatore storico delle ristrutturazioni aziendali del Gruppo Bernard Tapie. Contemporaneamente, senza informare Tapie, un’altra filiale del Crédit Lyonnais, Clinvest, rivende Adidas per 670 milioni di euro a Robert Luois-Dreyfus, che nel 1995 la porterà in Borsa con una capitalizzazione di 1.677 miliardi. Insomma, la banca che consiglia a Tapie di vendere, compra Adidas e cede immediatamente a un prezzo più che doppio la società a un terzo, che a sua volta la mette sul mercato a cinque volte tanto. Non solo: il Crédit Lyonnais, in difficoltà finanziarie e coinvolto nello scandalo che porta al suicidio del primo ministro Pierre Bérégovoy, esige che Tapie rimborsi tutti i suoi debiti, fino a quando nel dicembre 1994, dopo una lunga campagna denigratoria sulla stampa, ne ottiene la messa in liquidazione giudiziaria da parte del tribunale di commercio di Parigi. Nel frattempo scoppia una Calciopoli francese e Tapie finisce sotto inchiesta per una partita di calcio truccata tra l’Olympique de Marseille e il Valenciennes. Nel 1995, al Parlamento europeo, solo Marco Pannella e pochi altri si oppongono alla revoca dell’immunità e all’arresto di Tapie, condannato a due anni di carcere. Seguono la prigione e altre condanne.

    Tapie, con la sua aria da scugnizzo, è tenace: appena uscito dal carcere pubblica un libro, accetta di recitare per Claude Lelouch, si reinventa presentatore televisivo sul principale canale privato Tf1, canta con il rapper delle banlieue Doc Gynéco, torna all’Olympique de Marseille come direttore sportivo. Soprattutto, continua la sua battaglia con il Crédit Lyonnais reclamando 990 milioni di euro per frode. Diversi tribunali de la République gli daranno ragione, altrettante corti d’appello bocciano in parte le sentenze in suo favore. Fino alla decisione arbitrale dell’11 luglio del 2008 di restituirgli 403 milioni, danni morali e interessi compresi. Secondo i tre giudici, “Monsieur e Madame Tapie sono stati oggetto, durante gli ultimi quattordici anni, di una campagna nutrita da comportamenti gravi, destinati a mandare in frantumi il futuro professionale e la reputazione”. I tre giudici parlano di “accanimento eccezionale” del Crédit Lyonnais contro Tapie, di “eccezionale brutalità della procedura seguita” per ottenerne la messa in liquidazione giudiziaria e accusano la banca di aver proceduto a una “montatura finanziaria occulta” per nascondere le plusvalenze ottenute dalla compravendita di Adidas al suo ex proprietario e al fisco. Salvo arrivare alla riapertura del caso, quando i socialisti decidono di ricorrere alla Corte di giustizia della Repubblica nel 2011, grazie a un rapporto preparato da Jérôme Cahuzac, l’ex ministro del Bilancio di Hollande, costretto alle dimissioni nel 2013 per i suoi conti segreti all’estero.

    La tesi dei socialisti, fatta propria dai due giudici Tournaire e Daïeff, è che dietro la decisione arbitrale ci sia la mano di Sarkozy e dei suoi. Su impulso dell’Eliseo, l’arbitrato sarebbe stato arrangiato da Tapie e Lagarde, con lo zampino del suo predecessore al ministero dell’Economia Jean-Louis Borloo, e tramite il suo capogabinetto Stéphane Richard (oggi presidente dell’operatore telefonico Orange). Uno dei tre giudici arbitrali – l’ex alto magistrato 86enne Pierre Estoup, con una fama irreprensibile – avrebbe avuto legami con l’avvocato di Tapie, Maurice Lantourne. Nelle innumerevoli perquisizioni, i giudici della Corte di giustizia hanno scovato lettere in cui Lagarde prometteva fedeltà a Sarkozy, agende che riportano incontri riservati all’Eliseo, libri di Tapie con dedica a Estoup: tutti pezzi di un puzzle inquisitorio, secondo il quale gli altri due giudici arbitrali – tra cui l’ex presidente della Corte costituzionale Pierre Mazeaud – avrebbero firmato una sentenza precotta nelle alte sfere della Sarkolandia. Come se la dichiarazione di voto di Tapie valesse 403 milioni di euro.
    Visti i modi, non si può escludere un intervento di Sarkozy, anche se diversi osservatori indipendenti nel 2008 avevano considerato l’arbitrato finanziariamente conveniente per lo stato, che altrimenti avrebbe rischiato di pagare di più. Ma, data la tempistica, è praticamente impossibile escludere un intervento dell’attuale governo socialista. I giudici di Parigi hanno riattivato l’affaire nel settembre del 2012, quattro mesi dopo l’insediamento di Hollande all’Eliseo, con un’accelerazione impressionante dopo che Tapie è tornato a pesare sulla scena politica con l’acquisto a dicembre della Provence e di Nice-Matin, i due quotidiani più influenti nella regione Bouches-du-Rhone (storicamente in mano socialista) e a Marsiglia (dove il Ps è dietro all’estrema destra nei sondaggi in vista delle municipali del 2014). Da quel momento sono partite raffiche di perquisizioni, interrogatori, “garde à vue” (i fermi di polizia per 48 ore senza avvocato, ndr), iscrizioni nei registri degli indagati, fughe di notizie sulla stampa. Un po’ come nel 1994, quando la magistratura vicina al Ps riuscì a eliminare un Tapie sulla cresta dell’onda politica, che alcuni consideravano come possibile successore di Mitterrand per le presidenziali dell’anno successivo.

    Ex uomo d’affari, ex ministro, ex patron di squadre di calcio e ciclistiche, diventato attore, presentatore televisivo e cantante, Tapie continua a far paura, perché rappresenta l’antitesi della leadership socialista francese. Ricco, di successo, osannato dai rotocalchi e dalla gente comune, è popolare senza mai essere troppo populista, è capace di parlare il linguaggio della gente comune, è in grado di tenere testa a un’estrema destra in ascesa nell’elettorato che ha paura dell’immigrazione. Tapie è diventato l’uomo da abbattere anche per nascondere gli scandali che perseguitano il Ps: dai conti all’estero di Cahuzac alla corruzione delle federazioni socialiste più potenti, come quelle del Bouches-du-Rhone o del Pas-de-Calais. E’ un nemico da eliminare, perché ricorda ai leader socialisti quanto la loro tattica sia fallimentare. “A sinistra c’è chi crede che il Front national è un mezzo per fottere la destra”, ha detto Tapie a Europe1 mercoledì: “Non funzionerà”. Tapie ha ribadito che non si presenterà più alle elezioni, ma se l’estrema destra rimarrà al secondo posto nei sondaggi a Marsiglia, ha promesso di tornare “nei mercati, nelle scuole, nelle riunioni pubbliche”.