
Travaglio ci fa e ci è. Lo aspetto in autunno in un'aula universitaria
In un lungo articolo pubblicato nel Fatto quotidiano di domenica scorsa, Marco Travaglio ha finalmente tentato l’impresa per lui più difficile: far seguire ai precedenti attacchi personali alcune critiche di merito al mio saggio sull’indagine relativa alla trattativa stato-mafia. Ma, purtroppo, prendere sul serio l’altrui pensiero non corrisponde né al suo interesse professionale né al suo stile intellettuale. Una macroscopica riprova? Egli pretenderebbe di muovermi l’assurda e risibile obiezione di non aver addirittura capito che la procura palermitana ha contestato come reato, non la trattativa in sé, ma il delitto di violenza o minaccia a un corpo politico dello Stato (art. 338 c.p.). Orbene, delle due l’una: o egli finge di aver letto tutto il mio saggio, o finge di aver capito.
di Giovanni Fiandaca
In un lungo articolo pubblicato nel Fatto quotidiano di domenica scorsa, Marco Travaglio ha finalmente tentato l’impresa per lui più difficile: far seguire ai precedenti attacchi personali alcune critiche di merito al mio saggio sull’indagine relativa alla trattativa stato-mafia. Ma, purtroppo, prendere sul serio l’altrui pensiero non corrisponde né al suo interesse professionale né al suo stile intellettuale. Una macroscopica riprova? Egli pretenderebbe di muovermi l’assurda e risibile obiezione di non aver addirittura capito che la procura palermitana ha contestato come reato, non la trattativa in sé, ma il delitto di violenza o minaccia a un corpo politico dello Stato (art. 338 c.p.). Orbene, delle due l’una: o egli finge di aver letto tutto il mio saggio, o finge di aver capito. Legga o rilegga con attenzione Travaglio in particolare il lungo paragrafo 4 del mio scritto, e si accorgerà che da parte mia ho capito fin troppo bene: quel che a lui non garba, in realtà, è la mia analitica contestazione in diritto della configurabilità proprio del delitto di cui sopra.
A parte la tendenza incoercibile del mio contraddittore a manipolare e distorcere, escluderei in ogni caso che giornali o televisioni siano le sedi più adatte per confrontarsi più approfonditamente su temi così complessi e impegnativi. Mi guarderò, pertanto, dall’insistere in diatribe sterili da un giornale all’altro. Ogni polemica specie personale per me si chiude qui, dunque. Da professore con la “dentiera” (come gli piace delicatamente raffigurarmi), ma forse con più capelli (e non soltanto bianchi) in testa, proporrei piuttosto a Travaglio di partecipare a un seminario interdisciplinare in un’aula universitaria alla ripresa autunnale dei corsi. Potrebbe riceverne alimento il suo più acerbo intelletto. A condizione, beninteso, di accettare il laico principio che la verità non si possiede in partenza, ma la si ricerca con dubbio metodico in un processo discorsivo. Conosce Travaglio la grande lezione di Norberto Bobbio, secondo cui la vera missione dell’intellettuale consiste nel seminare dubbi più che nel produrre o raccogliere certezze?
di Giovanni Fiandaca


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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