Viva le lobby, forti e visibili

Redazione

Ci risiamo. Il governo che finora ha già inanellato una serie di rinvii (dall’Imu all’Iva, passando per gli F-35), ne ha fatta un’altra. Prima ha annunciato urbi et orbi di voler regolamentare le brutte-sporche-e-cattive lobby, e poi – al Consiglio dei ministri di ieri dedicato all’approvazione del relativo disegno di legge – ha rinviato la discussione ad altra seduta. La motivazione ufficiale del rinvio l’ha spiegata in conferenza stampa il presidente del Consiglio, Enrico Letta: occorre verificare la compatibilità del disegno di legge con l’ordinamento dell’Ue. Da qui l’idea di affidare al ministro Enzo Moavero Milanesi uno studio comparato.

    Ci risiamo. Il governo che finora ha già inanellato una serie di rinvii (dall’Imu all’Iva, passando per gli F-35), ne ha fatta un’altra. Prima ha annunciato urbi et orbi di voler regolamentare le brutte-sporche-e-cattive lobby, e poi – al Consiglio dei ministri di ieri dedicato all’approvazione del relativo disegno di legge – ha rinviato la discussione ad altra seduta. La motivazione ufficiale del rinvio l’ha spiegata in conferenza stampa il presidente del Consiglio, Enrico Letta: occorre verificare la compatibilità del disegno di legge con l’ordinamento dell’Ue. Da qui l’idea di affidare al ministro Enzo Moavero Milanesi uno studio comparato. Ma di studi dettagliati e comparati ce ne sono già molti, alcuni anche di ottima qualità. Per non parlare degli esperimenti pilota già realizzati, come quello portato avanti dal ministero dell’Agricoltura del governo Monti. Si tratta essenzialmente di costituire un pubblico registro, con l’obbligo di registrazione per i lobbisti, annessi obblighi di trasparenza e soprattutto diritti di accesso (ai luoghi di decisione, ai documenti che concorrono a formare le decisioni stesse e poi agli atti formali). In questo modo i lobbisti potrebbero fare il loro mestiere senza vedersi costretti a percorrere strade tortuose (e queste sì oscure), anche solo per avere un badge d’ingresso in un ministero, e i cittadini vedersi garantito il diritto all’informazione.

    L’esecutivo ha preferito rinviare norme sacrosante, che farebbero venire allo scoperto le lobby e imporrebbero al decisore pubblico di far conoscere i propri interessi e i propri contatti. Com’è lontana Londra ma anche solo Bruxelles da Roma! In Gran Bretagna, come nelle istituzioni dell’Ue, da anni sono regolamentati i rapporti tra politica e interessi privati, e nessuno si è mai scandalizzato. I cittadini, con un clic, conoscono i motivi che spingono un parlamentare a presentare un certo emendamento e a soddisfare un interesse piuttosto che un altro. Ma in Italia è troppo faticoso ammettere che il Re è nudo, ovvero che anche i nostri politici si lasciano influenzare dalle lobby. Colpa del moralismo che pervade il circuito mediatico, intimorisce tanti politici e soffia sul fuoco populista. Il paradosso è che lo status quo non garantisce nessuno, anzi. Spesso fa comodo lasciare le lobby e la loro attività coperte dal mistero, perché così la politica, che troppo spesso ha paura di decidere, vi si può nascondere dietro, dicendo che è tutta colpa di soggetti ignoti. Anche per questo nessuno ha mai osato dare un volto e un nome a queste lobby, farle emergere e soprattutto far emergere gli interessi di cui pure i decisori pubblici sono portatori. Vorrebbe dire non potersi più nascondere dietro a un soggetto sconosciuto e dietro a trame opache. Ed ecco che le lobby si trasformano nell’utile paravento di una politica che non ha coraggio di scegliere e di assumersi le proprie responsabilità.