Il cacciavite di Bruxelles

L'Europa allenta il rigore e il governo Letta esulta. I mercati ci credono poco

David Carretta

Il ritorno di Portogallo e Grecia nel turbine della crisi della zona euro ha rovinato l’annuncio di una nuova èra di “austerità light” per l’Italia. “Ce l’abbiamo fatta!”, ha twittato ieri mattina il presidente del Consiglio, Enrico Letta: “Ok a più flessibilità per prossimi bilanci per paesi come Italia con conti in ordine”. Poco prima, davanti all’Europarlamento, José Manuel Barroso aveva spiegato che la Commissione europea, “valutando i bilanci nazionali” per il 2013 e 2014, consentirà caso per caso “deviazioni temporanee dal percorso del deficit strutturale verso gli obiettivi di medio termine” per consentire più flessibilità sugli investimenti cofinanziati dall’Unione europea. Secondo il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, è “un’ottima notizia che premia il lavoro fatto negli ultimi mesi”.

    Strasburgo. Il ritorno di Portogallo e Grecia nel turbine della crisi della zona euro ha rovinato l’annuncio di una nuova èra di “austerità light” per l’Italia. “Ce l’abbiamo fatta!”, ha twittato ieri mattina il presidente del Consiglio, Enrico Letta: “Ok a più flessibilità per prossimi bilanci per paesi come Italia con conti in ordine”. Poco prima, davanti all’Europarlamento, José Manuel Barroso aveva spiegato che la Commissione europea, “valutando i bilanci nazionali” per il 2013 e 2014, consentirà caso per caso “deviazioni temporanee dal percorso del deficit strutturale verso gli obiettivi di medio termine” per consentire più flessibilità sugli investimenti cofinanziati dall’Unione europea. Secondo il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, è “un’ottima notizia che premia il lavoro fatto negli ultimi mesi”. Anche se non è ancora la famosa “Golden rule” che molti in Italia invocavano per scontare dal computo del deficit tutti gli investimenti. Il nuovo approccio “in nessuna circostanza permette agli stati membri di superare il limite del 3 per cento” di deficit, ha subito precisato il portavoce del commissario agli Affari economici, Olli Rehn. L’obiettivo è “incoraggiare gli investimenti a favore e della crescita, che hanno un impatto positivo sulle finanze pubbliche, ma bisogna farli nel rispetto del Patto di stabilità”.

    La Germania e i falchi del rigore dentro la Commissione sono riusciti a mettere una camicia di forza alla “austerità light”. Il commissario Ue per l’Industria, Antonio Tajani, e il governo italiano hanno cercato di far passare la linea di uno scomputo dal deficit di tutte le risorse destinate a cofinanziare progetti europei. Ma, nel momento in cui si moltiplicano i timori di un ritorno dell’Italia sopra il 3 per cento già quest’anno, ha prevalso la linea dura per evitare il riaprirsi dei rubinetti della spesa pubblica. La “deviazione” sarà consentita solo per “le spese nazionali su progetti cofinanziati dall’Ue nell’ambito della Politica strutturale e di coesione, delle Reti transeuropee e della Connecting europe facility”. Gli investimenti dovranno avere “un effetto positivo, diretto e verificabile di lungo periodo sul bilancio”.

    La deviazione dagli obiettivi di bilancio di medio periodo sarà “temporanea e limitata”. In una lettera ai ministri delle Finanze dei paesi interessati – oltre all’Italia ci sono quelli del club dei “virtuosi” come Germania e Lussemburgo, visto che Francia e Spagna hanno già ottenuto sconti più robusti sui ritmi di risanamento – Rehn ha aggiunto che, non appena ritornerà la crescita, “la deviazione deve essere compensata” per arrivare al pareggio di bilancio. Come se non bastasse, l’Italia è chiamata ad avviare il percorso di rientro del debito verso la soglia del 60 per cento del pil. Insomma, i margini di flessibilità italiani sono “strettissimi”, dice una fonte. Calcolatrice alla mano, tra i 4 e gli 8 miliardi nel 2014, a condizione che le previsioni di deficit per il prossimo anno rimangano al 2,5 per cento. Marco Buti, direttore generale per gli Affari economici e finanziari della Commissione, parlando ieri all’Università La Sapienza di Roma, ha spiegato che le dichiarazioni di Barroso sono conseguenza del vertice di giugno 2012, con Mario Monti premier, con il quale si aprì alla possibilità di investimenti ulteriori per i paesi che sono nel “braccio preventivo” del Patto di stabilità, come l’Italia. Buti ha ricordato che comunque a ottobre tutti i governi dovranno sottoporre le bozze del bilancio annuale a Commissione ed Eurogruppo.

    La crisi di governo in Portogallo rischia comunque di minare i piani europei di un’uscita morbida dalla crisi. Ieri gli spread di Italia e Spagna sono tornati a salire pericolosamente, con il differenziale di rendimento tra Btp e Bund a 285 punti base. Dopo le dimissioni dei ministri delle Finanze e degli Esteri di Lisbona, Barroso ha espresso “seria preoccupazione: la reazione iniziale dei mercati dimostra l’ovvio rischio che la credibilità finanziaria recentemente restaurata dal Portogallo possa essere messa a repentaglio dall’instabilità politica”.  Circola l’idea di un governo di unità nazionale in Portogallo. Con rendimenti vicini all’8 per cento, l’uscita dai vincoli della Troika è rimessa in discussione. Nel frattempo, la Grecia ha ricevuto un ultimatum dall’Eurogruppo: o si approva la riforma del settore pubblico entro lunedì, o non ci sarà la prossima tranche di aiuti.

    (Ha collaborato da Roma Marco Valerio Lo Prete)