Premio “Maria Antonietta”

Redazione

Esistesse un premio “Marie Antoinette”, intitolato alla regina consorte della Francia del Diciottesimo secolo passata alla storia (anzi alla leggenda) per la sua frase apocrifa “s’ils n’ont plus de pain, qu’ils mangent de la brioche”, questa settimana potrebbe essere assegnato alla scrittrice Susanna Tamaro, che sul Corriere della Sera di ieri giustificava così la sua avversione agli Ogm: “Per comprendere quello che siamo diventati, fermiamoci ad osservare i campi di grano ormai prossimi al raccolto. Il grano è maturo e questa visione dovrebbe atavicamente infonderci un senso di appagamento e felicità.

    Esistesse un premio “Marie Antoinette”, intitolato alla regina consorte della Francia del Diciottesimo secolo passata alla storia (anzi alla leggenda) per la sua frase apocrifa “s’ils n’ont plus de pain, qu’ils mangent de la brioche”, questa settimana potrebbe essere assegnato alla scrittrice Susanna Tamaro, che sul Corriere della Sera di ieri giustificava così la sua avversione agli Ogm: “Per comprendere quello che siamo diventati, fermiamoci ad osservare i campi di grano ormai prossimi al raccolto. Il grano è maturo e questa visione dovrebbe atavicamente infonderci un senso di appagamento e felicità. Ma non è così. Qualcosa in molti di quei campi non va. C’è tanto giallo, è vero, ma c’è solo giallo; un giallo che però suona falso. Dove sono i papaveri, i fiordalisi o la camomilla, da sempre fedeli compagni del grano?”. E poi: “Questi campi ossessivamente gialli e piatti rispecchiano la nostra società più di mille saggi di sociologia. Questo è quello che siamo diventati. E se invece fossero proprio i papaveri e i fiordalisi ciò di cui abbiamo bisogno?”.

    Qui non si tratta di discutere nel merito la “questione Ogm”. Per farlo bisognerebbe essere informati al riguardo ed evitare per esempio di esagerare nell’utilizzo di luoghi comuni (dalle api smemorate ai semi sterili, per finire appunto ai papaveri e ai fiordalisi) di cui invece la Tamaro ha corredato il suo articolo. Ciò che invece viene messo in discussione è il ruolo stesso dell’innovazione tecnologica e l’accessibilità dei sui frutti. In questo caso specifico, con la domanda globale di cibo in costante aumento, l’idea che abbiamo bisogno di meno grano e più fiordalisi per appagare i nostri sensi durante romantiche passeggiate tardoprimaverili rispecchia una visione della realtà in fondo aristocratica e un bel po’ sprezzante dei criteri di mercato con cui realisticamente occorre fare i conti. Lo stesso riconoscimento in memoria di Maria Antonietta lo avremmo dato in passato, tra gli altri, a Giulia Maria Crespi, fondatrice del Fai che si batteva fieramente contro la terza pista di Malpensa (“sono in pericolo territori straordinari, una fonte di ossigeno e di agricoltura, paesaggi intatti e invidiati dal mondo, tutto per una massa di voli low cost”) e a Michele Serra, penna di Repubblica, per il quale “la selvaggina è infinitamente più salubre e più etica della carne da allevamento intensivo”. Un altro editoriale così, letto senza colpo ferire, e i nostri borghesi e capitalisti si accasceranno definitivamente.