Brasile 2014, ci siamo. Più o meno

Redazione

Chissà che a vederli così affaccendati, al Cristo Redentor che svetta sul Corcovado non sia davvero scappato un applauso. Recita infatti l’adagio che il giorno in cui i carioca si daranno da fare il Redentor che li osserva dall’alto comincerà infine ad applaudirli. Alzando però gli occhi da Rio de Janeiro e contemplando il suo Brasile tutto indaffarato, il Protettore se potesse, più che in un applauso si sperticherebbe in gesti d’incoraggiamento. Mancano 362 giorni all’inizio del mondiale e il Brasile comincia a fare i conti con i suoi obblighi e le sue scadenze.

Caremani Brasilerao, i numeri di un campionato che ora riesce a trattenere i suoi talenti

di Ronald Giammò

    Chissà che a vederli così affaccendati, al Cristo Redentor che svetta sul Corcovado non sia davvero scappato un applauso. Recita infatti l’adagio che il giorno in cui i carioca si daranno da fare il Redentor che li osserva dall’alto comincerà infine ad applaudirli. Alzando però gli occhi da Rio de Janeiro e contemplando il suo Brasile tutto indaffarato, il Protettore se potesse, più che in un applauso si sperticherebbe in gesti d’incoraggiamento. Mancano 362 giorni all’inizio del mondiale e il Brasile comincia a fare i conti con i suoi obblighi e le sue scadenze.

    Era il 30 ottobre 2007 quando la Fifa assegnò i mondiali del 2014 al paese sudamericano. Un anno prima era stata la volta delle Olimpiadi del 2016, con Rio de Janeiro a spuntarla su Madrid. Tempo per rimettere a nuovo infrastrutture e quant’altro non ne mancava, specialmente per un paese il cui prodotto interno lordo (Pil) aveva ripreso a crescere a ritmi dal 5 al 7 per cento. Troppo in troppo poco tempo per un paese di luci e ombre, contrasti e istinti e che in 50 anni ha visto quadruplicata la sua popolazione. Pil e pelle non è detto che si cambino alla stessa velocità e capita che l’inefficienza sia sorella di indolenza.

    Un paese di 200 milioni di abitanti distribuiti su oltre 8 milioni di chilometri quadrati: praticamente un continente. Normale che si proceda a strappi. Un mese fa, delle 109 opere messe in cantiere solo 14 avevano visto la luce, 19 non erano mai partite mentre altre 76 erano ancora in corso. Negli ultimi trenta giorni i lavori sono stati ultimati a Rio e all’Arena Pernambuco di Recife. Ultimati, si fa per dire. Per la partita inaugurale del Maracanã del 2 giugno scorso tra Brasile e Inghilterra, fuori dallo stadio era ancora un trionfo di travi e cantieri dismessi. “Ritocchi”, disse il Comitato organizzatore che poi si affrettò a raccogliere i giudizi entusiasti del pubblico accorso, anch’esso defalcato per via di altri “ritocchi” all’interno dell’impianto. All’appello mancano ancora sei città: Cuiabà, Curitiba, Manaus, Porto Alegre, Natal e San Paolo. C’è però chi ha fatto meglio ed è giusto ricordarlo: nel Minas Gerais e a Brasilia ad esempio tutto è filato liscio e stadi e mobilità godono oggi di tutt’altro profilo. Per tacere di Salvador, dove l’arena Fonte Nova è stata abbattuta e ricostruita per poi essere inaugurata con concerti e fuochi d’artificio. E’ fatto così, il Brasile: cambiano i fusi orari, cambiano i volti e cambiano i calendari.

    Oggi il paese è alle prese con la prova generale del mondiale, la Confederations Cup, manifestazione leggera per prendere confidenza – squadre e Comitato organizzatore – con i ritmi e i numeri della rassegna iridata. Si gioca in sei stadi, gli unici fin qui pronti a dar “conforto pra todos”, come dice Aldo Rebelo, il ministro dello Sport. Intanto il ‘Joao Havelange’, lo stadio del Botafogo dove si allenano gli Azzurri in questi giorni a Rio e anch’esso al centro di restrutturazioni in vista però delle Olimpiadi 2016, è stato dichiarato inagibile per il rischio di cedimento del tetto. Poco male, gli Azzurri hanno trovato ospitalità altrove, ma i rincari del 376 per cento con cui gli alberghi si preparano ad accogliere il pubblico in arrivo per la prossima estate (fonte: Istituto del Turismo brasiliano) già raccontano di un mondiale a due velocità da cui sarà tagliata fuori la fascia maggiore della popolazione locale. Business, si dirà, nulla di nuovo sotto il sole, come in Messico 86 o in Sudafrica quattro anni fa.

    Il conto alla rovescia è ormai partito. Salirà la febbre e con lei la fretta di concludere e godersi lo spettacolo. Come si arriverà al taglio dei nastri delle opere ancora in fieri lo scopriremo nei prossimi mesi. Capirlo non serve, occorre crederci. Poi saranno solo preghiere e atti di fede, che tutto vada bene e che la festa abbia inizio. Ordine e progresso, come recita la bandiera nazionale. Col permesso del Cristo Redentor, che tutto osserva e che indulgente perdona.

    Caremani Brasilerao, i numeri di un campionato che ora riesce a trattenere i suoi talenti

    di Ronald Giammò