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Sindaci in bici, rivalutare Lombroso
“Nessuno però dei nuovi congegni moderni ha assunto la straordinaria importanza del biciclo, sia come causa che come stromento del crimine; e a tal punto che se una volta si pretendeva (invero con un po' di esagerazione) di trovare nella donna il movente di ogni delitto virile nel troppo celebrato: Cherchez la femme, – si potrebbe con minor forse esagerazione sentenziare ora: Cercate il biciclo – in gran parte dei furti e delle grassazioni dei giovani, sopratutto della buona società, almeno in Italia”. Così, il primo gennaio del 1900, il medico Cesare Lombroso, padre della moderna criminologia, additava al pubblico sospetto il velocipede, allora innovativo mezzo “di trasporto e di sollazzo” ma anche causa, obiettivo e strumento di crimini altrettanto innovativi.
“Nessuno però dei nuovi congegni moderni ha assunto la straordinaria importanza del biciclo, sia come causa che come stromento del crimine; e a tal punto che se una volta si pretendeva (invero con un po’ di esagerazione) di trovare nella donna il movente di ogni delitto virile nel troppo celebrato: Cherchez la femme, – si potrebbe con minor forse esagerazione sentenziare ora: Cercate il biciclo – in gran parte dei furti e delle grassazioni dei giovani, sopratutto della buona società, almeno in Italia”. Così, il primo gennaio del 1900, il medico Cesare Lombroso, padre della moderna criminologia, additava al pubblico sospetto il velocipede, allora innovativo mezzo “di trasporto e di sollazzo” ma anche causa, obiettivo e strumento di crimini altrettanto innovativi. A cominciare dall’ovvio furto di bicicletta – talmente facile, scriveva Lombroso, da indurre in tentazione anche persone solitamente non inclini al delitto – passando per lo scippo e la rapina “con” bicicletta. Tornati, questi, incredibilmente d’attualità: pare si siano moltiplicate in Italia, negli ultimi due anni, le rapine con fuga finale in bici. Magari in zone pedonali, senza lo svantaggio di dover truccare il ciclomotore ma anche senza aggravio di emissioni di anidride carbonica e di polveri sottili.
L’articolo lombrosiano, che uscì in inglese sul Pall Mall magazine con il titolo “The Bicycle and Crime”, è ora tornato in libreria grazie alla casa editrice La Vita Felice, con una ricca appendice a cura di Matteo Noja. Bisogna dire che mai riscoperta fu più tempestiva. Guardando foto e filmati apologetici del neo sindaco romano Ignazio Marino, che naturalmente “si è recato al seggio per votare al ballottaggio in bicicletta”, e scende volteggiando dal sellino; leggendo l’ennesima dichiarazione del sindaco milanese Pisapia (“mi capita molto spesso di utilizzare la bici per fare il tragitto casa-lavoro e devo dire che vedere la città dal sellino di una bici è entusiasmante”); considerando che financo il sindaco di Napoli Luigi De Magistris giura che, quando può, usa la bici, “nei momenti pubblici e non solo. Vorrei poter pedalare di più, ma vengo dissuaso o, magari, frenato, dagli addetti alla mia sicurezza”; e infine ricordando come nacque la stucchevole moda del “vado in bici al Parlamento perché sono un politico coerente e virtuoso”, con i primi eletti Verdi negli anni Ottanta che arrivavano a Monte Citorio pedalando, in favore di telecamera; ricordando, leggendo, vedendo e considerando tutto ciò, verrebbe voglia di aggiungere ai numerosi e talvolta obsoleti ciclo-crimini enumerati da Lombroso anche quello – ancora da codificare, ma ci arriveremo – che vede la bicicletta usata come arma impropria e contudente di colpevolizzazione di massa.
Non è infatti l’uso ludico a essere in discussione. Una bella passeggiata in bicicletta la domenica mattina non si può negare a nessuno, a patto che si dichiari quel che è: puro divertimento, spesso corredato da scorrettezze (un classico è il ciclista sul marciapiede o sulle corsie preferenziali dei bus: “E’ che non ci sono le piste apposite”, si difende regolarmente il ciclo-criminale, che comunque rimane tale). Benissimo. Purché non lo si faccia passare come un modo per salvare il mondo, bonificare le città e lustrarsi l’immagine, se si fa politica. Sono i pedoni e gli spesso sventurati utilizzatori di mezzi pubblici i veri eroi dell’aria pulita. I ciclisti (con o senza pedalata assistita) sono quasi sempre di imbarazzante intralcio alla circolazione e provocano rallentamenti e travasi di bile nei rallentati, con aumento esponenziale dell’abominevole CO2, delle polveri sottili e delle invettive e degli incidenti stradali.
Del lato oscuro della bici, insomma, il mai abbastanza rivalutato Cesare Lombroso aveva intuito, se non capito, l’essenziale, anche se non poteva certo prevedere l’uso narcisistico che ne avrebbero fatto Marino, Pisapia e De Magistris (il quale, tra una pedalata realizzata e l’altra sognata, ha appena dato il benservito alla sua assessora alla mobilità sostenibile, la verde Anna Donati. La quale pare sia riuscita a scontentare proprio tutti, nonostante la prima pista ciclabile inaugurata sotto il Vesuvio).
Lombroso aveva capito comunque che “il massimo della tendenza criminosa” si registra “fra gli sfaccendati, e fra gli uomini esageratamente agili”, soprattutto se “dotati o fiduciosi di esser dotati di una grande forza muscolare e mossi da una grande vanità di farsi presto una strada nel mondo, di superare senza aver veri meriti gli altri”. Si poteva dir meglio di Roma?


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