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In che senso le amministrative hanno premiato la grande coalizione
Cercare di inserire all’interno di una cornice nazionale il risultato uscito dal primo turno delle amministrative di ieri non è facile e per certi versi è un puro esercizio di stile, perché in tutti i comuni in cui si è andato a votare ci sono storie squisitamente locali alle quali sarebbe azzardato dare un senso extra territoriale. Oggi, naturalmente, molti giornali si concentreranno sull’“incredibile” calo dell’affluenza, noteranno il grande divario con i numeri registrati alle elezioni di cinque anni fa (52 per cento oggi, 73 per cento nel 2008), si dimenticheranno di dire che a Roma in realtà il termine di paragone sull’affluenza va ricercato nell’ultima elezione avvenuta senza il traino del voto nazionale.
Perché le larghe intese fanno bene al Pd di Morando e Tonini
Cercare di inserire all’interno di una cornice nazionale il risultato uscito dal primo turno delle amministrative di ieri non è facile e per certi versi è un puro esercizio di stile, perché in tutti i comuni in cui si è andato a votare ci sono storie squisitamente locali alle quali sarebbe azzardato dare un senso extra territoriale. Oggi, naturalmente, molti giornali si concentreranno sull’“incredibile” calo dell’affluenza, noteranno il grande divario con i numeri registrati alle elezioni di cinque anni fa (52 per cento oggi, 73 per cento nel 2008), si dimenticheranno di dire che a Roma in realtà il termine di paragone sull’affluenza va ricercato nell’ultima elezione avvenuta senza il traino del voto nazionale (ovvero le regionali del 2010, e a Roma l’affluenza non fu molto diversa da quella di oggi, 56,5 per cento) e un po’ per drammatizzare eviteranno di dire che un’affluenza del 62 per cento è un risultato perfettamente in linea con la media degli altri paesi europei. Dunque, di che stiamo parlando? L’unico vero spunto di riflessione offerto da queste elezioni, a pensarci bene, riguarda un dato direttamente collegato al risultato negativo registrato dal Movimento 5 stelle, che come al solito è arrivato terzo praticamente ovunque. E la questione è la seguente: i due principali partiti che sostengono il governo, Pd e Pdl, in tutte le città capoluogo di provincia in cui si è votato hanno occupato le prime due posizioni del podio: dimostrando così che le larghe intese non hanno alimentato una spinta “anti sistema” tale da punire i due azionisti di maggioranza della grande coalizione e che le forme di protesta sciatte, confuse e disordinate non vengono premiate, e anzi vengono semplicemente castigate.
E’ vero: ogni caso fa scuola a sé, e a Roma non si può dire che Marino (azionista di maggioranza della sinistra alla Rodotà) sia un candidato allineato con i principi della grande coalizione. Ma il risultato di ieri – complice anche il sistema elettorale a doppio turno che come è noto non ostacola il bipolarismo, anzi lo impone, e se quel modello fosse stato applicato anche a livello nazionale il Movimento 5 stelle avrebbe fatto la stessa fine di Marine Le Pen in Francia, e avrebbe aiutato il nostro paese ad avere un governo puro – rappresenta un segnale confortante per Enrico Letta e Angelino Alfano e in qualche modo incoraggia le larghe intese. A fare cosa? Il saggio offerto nel Foglio da Enrico Morando e Giorgio Tonini lo spiega bene. E spiega pure perché il bipolarismo può rinascere anche ripartendo da una stranissima maggioranza.
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