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Il rischio velenoso del galleggiamento consociativo
L’Italia ce la farà solo se riuscirà a riacquistare quel senso del dovere che ha rimosso per molti decenni accarezzando soltanto il più facile senso dei diritti. In Italia adesso si parla di Cassa integrazione in deroga, come se fosse politica del lavoro. Ma non è affatto così, la Cassa integrazione serve alla sopravvivenza, non innesca la crescita e anzi accompagna un’idea pigramente assistenziale che non risolve ma complica i ritardi culturali del nostro paese. Il governo ha sospeso l’Imu, bene. Ma deve essere chiaro che non è la sospensione di una tassa sulla proprietà che può modificare la struttura fiscale o sostenere – come dice qualcuno – l’economia che annaspa.
di Linda Lanzillotta
L’Italia ce la farà solo se riuscirà a riacquistare quel senso del dovere che ha rimosso per molti decenni accarezzando soltanto il più facile senso dei diritti. In Italia adesso si parla di Cassa integrazione in deroga, come se fosse politica del lavoro. Ma non è affatto così, la Cassa integrazione serve alla sopravvivenza, non innesca la crescita e anzi accompagna un’idea pigramente assistenziale che non risolve ma complica i ritardi culturali del nostro paese. Il governo ha sospeso l’Imu, bene. Ma deve essere chiaro che non è la sospensione di una tassa sulla proprietà che può modificare la struttura fiscale o sostenere – come dice qualcuno – l’economia che annaspa. Questo governo di larghe intese corre dunque un rischio velenoso, quello del galleggiamento consociativo. In nome della Realpolitik i politici italiani non dicono mai la verità, accarezzando per il verso giusto i difetti di un paese eternamente bambino. La politica parla solo di diritti, perché è più comodo così. Ma se l’Italia vuole salvarsi, come dicevo, deve recuperare il senso dei doveri e dunque, prima di tutto, in cima a ogni cosa, ci sono l’istruzione e la scuola. Il nostro è un paese dove si studia poco anche per drammatiche ragioni di impoverimento economico. Un terzo dei bambini italiani non si scolarizza perché le famiglie si trovano in una condizione di povertà o di pre-povertà e questa è una gravida ipoteca sul futuro. Mi piacerebbe vedere spostati un po’ di soldi dalla sanità all’istruzione, la spesa pubblica è stata gestita con un criterio miope e suicidale, è stata indirizzata verso i soggetti politicamente forti e non dove invece serviva. E’ possibile diminuire la spesa senza diminuire i servizi. Nella sanità ci sono degli sprechi enormi, dimostrati per tabulas. Si investa dunque sulla scuola, a cominciare dalla primissima infanzia. La questione degli asili nido non è un problema di welfare, ma di crescita e maturazione di un popolo. Il gap culturale si costruisce nei primi anni di vita.
Ce la faremo solo se saremo capaci di un’inversione prepotente di rotta. Negli ultimi vent’anni abbiamo dilapidato tanto e non solo in termini di indebitamento pubblico. E’ necessario riacquisire una visione di lungo periodo. Agli italiani va detta la verità e la politica ha un ruolo fondamentale, deve comunicare l’idea che le cose dipendono da noi e non dagli altri: l’Italia è nelle pesti, ma è anche un paese di grandi intelligenze, deve dunque sapersi far carico degli oneri, delle soluzioni necessarie, dei doveri. Con responsabilità. Purtroppo, invece, c’è una cultura alimentata dai media che parla solo di diritti, come se le cose fossero dovute, come se la ricchezza nascesse sugli alberi. Così, per esempio, si sviluppa sempre di più nel nostro paese un livido sentimento antitedesco. La verità è che noi i tedeschi non li vogliamo capire. C’è chi li ritiene poco solidali, egoisti, ma non è così: loro pensano che uno le cose se le debba guadagnare, mentre a noi italiani manca la consapevolezza di quanto gli altri paesi abbiano faticato per conquistare il benessere in cui vivono. Non c’è premio senza sforzo. Il nuovo serpeggiante spirito antitedesco è pericolosissimo. Viene vellicato in modo indiretto dal sistema dell’informazione e da una politica debole, tutta subalterna al sistema dei giornali e delle televisioni. Ecco, la debolezza della leadership politica non risiede nell’assenza di carisma, perché ce n’è sin troppo di carisma nell’Italia politica. La vera leadership sta nella capacità di imporre un messaggio, anche doloroso, e quindi di farsi seguire: leader, come dice la parola stessa, è uno che sta a capo, che guida. Ebbene, questa capacità di orientamento, la politica l’ha persa. L’unica cosa che orienta, oggi, è il populismo alla Beppe Grillo. Si è tentato a un certo punto di percorrere la strada dei doveri, anche in Italia. Lo fece il Pd delle origini e lo ha fatto, più di recente, il governo di Mario Monti nella prima parte, quando ha affrontato l’emergenza. Ma resistere alla tentazione carezzevole del populismo è uno sforzo inumano. Per questo l’occasione delle larghe intese, del governo di grande coalizione, non andrebbe sprecata nel consociativismo. Il 26 e 27 giugno Enrico Letta parteciperà a un importante vertice europeo. Se oggi l’Italia va in Europa e può ottenere un po’ di spesa pubblica in più è perché nei mesi passati si è usato il linguaggio della verità: abbiamo recuperato un po’ di credito all’estero e all’Italia viene riconosciuto il merito di essersi fatta carico dei suoi problemi. E’ una strada che non va abbandonata. Noi abbiamo già sprecato i vantaggi derivanti dall’adesione alla moneta unica. Mentre la Germania faceva le riforme utilizzando il volano dell’euro noi siamo rimasti fermi. Adesso abbiamo anche noi la grande coalizione, che faccia le riforme, che sfidi anche l’impopolarità nel breve periodo.
di Linda Lanzillotta


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