I due Berlusconi

Salvatore Merlo

Silvio Berlusconi vive l'epico dramma del dubbio, che tanta fortuna ha avuto in politica come in letteratura. Eternamente in bilico, il Cavaliere vuole battersi, ma ancora non sa bene se deve farlo da imputato o da statista. Essere o non essere? E dunque tornato a Roma, a Palazzo Grazioli, riceve a lungo gli avvocati (e onorevoli) Niccolò Ghedini e Piero Longo, con loro si consulta e si preoccupa, ripassa le deposizioni, le date processuali, il primo e il secondo grado, la Cassazione. E poi c'è la procura di Roma, che ieri lo ha convocato sulla presunta estorsione compiuta ai suoi danni da Valter Lavitola. Sprofonda nei codici, Berlusconi, in una complessità speciale che diventa anche tormento.

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    Silvio Berlusconi vive l’epico dramma del dubbio, che tanta fortuna ha avuto in politica come in letteratura. Eternamente in bilico, il Cavaliere vuole battersi, ma ancora non sa bene se deve farlo da imputato o da statista. Essere o non essere? E dunque tornato a Roma, a Palazzo Grazioli, riceve a lungo gli avvocati (e onorevoli) Niccolò Ghedini e Piero Longo, con loro si consulta e si preoccupa, ripassa le deposizioni, le date processuali, il primo e il secondo grado, la Cassazione. E poi c’è la procura di Roma, che ieri lo ha convocato sulla presunta estorsione compiuta ai suoi danni da Valter Lavitola. Sprofonda nei codici, Berlusconi, in una complessità speciale che diventa anche tormento, “è un caso chiaro, deciso in una grida, confermata poi da un’altra grida…”, e intanto organizza una manifestazione e poi un’altra, muscoli e garbugli, dopo la piazza di Brescia niente meno che il Colosseo, a Roma, il prossimo 24 giugno, che è data fatidica e non casuale; si consuma infatti quel dì la sentenza di Milano nel caso Ruby. Così nel Castello assediato si agitano armigeri e rinfocolatori, il capogruppo Renato Brunetta plana sul presidente della Camera Laura Boldrini (e non sul Pd), “io non la chiamerò più presidente se lei mi chiama onorevole”, e c’è chi, nello strepitare solo apparentemente disordinato del Pdl, mette in dubbio persino la tenuta del governo di larghe intese. Ma Berlusconi non è mai unidimensionale, di volti ne ha sempre almeno due, e dunque mentre disfa ritesse, autorizza il tiro contro il centrosinistra ma contemporaneamente rassicura pure Giorgio Napolitano ed Enrico Letta. E ai suoi uomini, anche ai magnifici falchi, rivela il lato oscuro della luna: “Sono d’accordo con Alfano, da una parte sta il partito, dall’altra il governo”. Destini separati. Due forni, due linee, due inclinazioni, da una parte l’avvocato Franco Coppi, che mai rilascerebbe nemmeno un’intervista, dall’altro gli onorevoli e avvocati Ghedini e Longo, la difesa politico-giudiziaria e la difesa giudiziario-politica, i falchi e le colombe, Fedele Confalonieri e Denis Verdini, Gianni Letta e Daniela Santanchè.

    Per il Cavaliere che vive il tormento del dubbio, e che della sua perenne incertezza ha fatto ambigua regola di vita politica, i ruoli dei suoi tanti cavalli sono intercambiabili, così adesso vuole la tostissima Daniela Santanchè alla vicepresidenza della Camera perché solo una dura ma duttile come la pasionaria, lei che seppe abbracciare Elsa Fornero e pure picchiare su Mario Monti, può recitare il ruolo doppio e delicato di chi deve stare nelle larghe intese, e dunque mediare e sorridere, farsi concavo e convesso, ma pure, all’improvviso, se necessario, tirare fuori le unghie. Sarà eletta la settimana prossima, il patto con il Pd è già siglato, Berlusconi la vuole lì accanto a Boldrini “ma per stabilizzare, non per sfasciare”. Sempre sospeso tra guerra giudiziaria e pace politica, il Cavaliere scisso diventa un ossimoro anche nelle parole dei suoi generali e colonnelli, “è battagliero ma responsabile”, dice Maurizio Gasparri che ormai lo conosce benissimo. “Noi vogliamo sostenere il governo”, dice l’ex capogruppo del Pdl in Senato, ma poi aggiunge: “Se il clima ce lo consente…”. E Sandro Bondi dipana la questione, a modo suo un po’ falco e un po’ colomba come il grande capo: “Se non si ferma l’inquisizione giudiziaria che da oltre dieci anni ininterrottamente perseguita il presidente e non si spegne l’odio politico che avvelena la nostra vita quotidiana, l’Italia non avrà mai pace”.

    E così Berlusconi ha deciso di non decidere. “Qui sta il governo”, dice il Cavaliere, che nel suo studio poi indica un altro punto nell’aria, lontano ma forse parallelo: “Qui invece sta il partito. I nostri ministri stanno con Letta, ma io non sono al governo, sono il presidente del partito, non si può spargere anestetico” e il partito, il Pdl, deve difenderlo in ogni modo, lui e i nove milioni di voti che ha raccolto alle ultime elezioni. “Non possiamo mica chiudere il partito e tapparci la bocca perché c’è il governo di grande coalizione”, dice Gasparri: “Ci sono le elezioni amministrative in Italia, si vota anche per il comune di Roma. E’ ovvio che Berlusconi, quando partecipa, dice quello che pensa. Ci mancherebbe altro”. La convocazione alla procura di Roma, ieri, non gli ha fatto ovviamente piacere, malgrado il Cavaliere sia soltanto la parte lesa nel procedimento per estorsione contro Lavitola. Lui la considera una storia assurda questa dell’estorsione, un altro capitolo della persecuzione giudiziaria. Ma ieri si è morso la lingua, nessun commento di nessun tipo, shhh. Silenzio. Sforzo immane.

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.