
L'addio di Ferguson ci ricorda che non c'è posto per due papi tra le mura del calcio
Non mi sono bastati né il brandy né il cinismo, ieri mattina, per assorbire la notizia calcistica del giorno, e forse degli ultimi trent'anni, l'addio di Sir Alex Ferguson alla panchina del Manchester United. Roba che qui in Inghilterra ha subito ridimensionato quella storia delle dimissioni del Papa. Dopo ventisette anni passati a vincere qualsiasi cosa, il più grande allenatore di calcio vivente smette di allenare e farà il dirigente, una specie di secondo pontefice fra le mura leonine del calcio. Riassumere l'epica dello United da quando nel 1986 lo scozzese con il chewing-gum si è seduto all'Old Trafford sarebbe come trasferire tutta l'acqua del mare in una buca sulla spiaggia o dissetare il sottoscritto con una birra piccola, per cui non lo farò.
Londra. Non mi sono bastati né il brandy né il cinismo, ieri mattina, per assorbire la notizia calcistica del giorno, e forse degli ultimi trent’anni, l’addio di Sir Alex Ferguson alla panchina del Manchester United. Roba che qui in Inghilterra ha subito ridimensionato quella storia delle dimissioni del Papa. Dopo ventisette anni passati a vincere qualsiasi cosa, il più grande allenatore di calcio vivente smette di allenare e farà il dirigente, una specie di secondo pontefice fra le mura leonine del calcio. Riassumere l’epica dello United da quando nel 1986 lo scozzese con il chewing-gum si è seduto all’Old Trafford sarebbe come trasferire tutta l’acqua del mare in una buca sulla spiaggia o dissetare il sottoscritto con una birra piccola, per cui non lo farò. In casi come questo è più facile strologare e fare auspici. Cercando il possibile sostituto di Sir Alex il Manchester United è davanti a un bivio terribile: tentare di riprodurre la leggenda pasticciandola con un surrogato o diventare per qualche tempo una squadra normale. Badate, normale non nel senso di perdente, ma guidata da un manager che non debba per forza restare altri ventisette anni su quella seggiola. La ricerca dell’epica durevole a tutti i costi è l’anticamera della delusione: mettere uno Scholes al posto di Ferguson vuol dire correre il rischio di ritrovarsi uno Stramaccioni biondo e meno burino. Meglio un mercenario, un Mourinho che provi a vincere un po’ di trofei in due-tre anni e poi se ne vada. A quel punto si valuterà uno Scholes o un Giggs, se non avrà ancora voglia di giocare. Leggo che potrebbe arrivare dall’Everton Moyes, scozzese come lui e già definito “il nuovo Ferguson”. A parte il fatto che da Liverpool non può venire nulla di buono, è bene ricordare che la storia del calcio mediocre è lastricata di nuovi Pelé, nuovi Maradona e nuovi Sacchi. Nello stordimento di queste ore, mentre le tv trasmettono in continuazione ogni sua vittoria, una mossa azzardata potrebbe essere letale quasi quanto marcare a zona Van Persie. Intanto, come minimo, la dirigenza dovrebbe ritirare il chewing-gum dalla panchina. Anche masticarne uno a bordo campo durante le partite non sarà più la stessa cosa. Cheers, Sir Alex.


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