Berlusconi ridens

Salvatore Merlo

Alcuni senatori del Pdl, sabato scorso, hanno avuto la fortuna di capire molto delle inclinazioni del Cavaliere fantasioso e bipolare che un po’ attacca sull’Imu e un po’ non riesce a trattenere l’entusiasmo – parole sue – “per lo sbriciolamento del Pd”. A Palazzo Madama si era appena votata la fiducia al governo di Enrico Letta, quando Renato Schifani, il capogruppo del Pdl, è intervenuto con inusitata durezza contro Dario Franceschini, il neo ministro colpevole di avere messo in dubbio l’abolizione dell’Imu, la tassa sulla prima casa tanto odiata nel Pdl. Nelle parole di Schifani si affacciava, minacciosa, l’immagine della fine cruenta e intempestiva dell’appena nato governo di Enrico Letta, e l’Imu sembrava quasi lo sparo di Sarajevo, il casus belli, il pretesto per cominciare una guerra necessaria e già decisa.

    Alcuni senatori del Pdl, sabato scorso, hanno avuto la fortuna di capire molto delle inclinazioni del Cavaliere fantasioso e bipolare che un po’ attacca sull’Imu e un po’ non riesce a trattenere l’entusiasmo – parole sue – “per lo sbriciolamento del Pd”. A Palazzo Madama si era appena votata la fiducia al governo di Enrico Letta, quando Renato Schifani, il capogruppo del Pdl, è intervenuto con inusitata durezza contro Dario Franceschini, il neo ministro colpevole di avere messo in dubbio l’abolizione dell’Imu, la tassa sulla prima casa tanto odiata nel Pdl. Nelle parole di Schifani si affacciava, minacciosa, l’immagine della fine cruenta e intempestiva dell’appena nato governo di Enrico Letta, e l’Imu sembrava quasi lo sparo di Sarajevo, il casus belli, il pretesto per cominciare una guerra necessaria e già decisa. Fulmini e tempesta a Palazzo Madama. Almeno in apparenza.

    Bisogna dunque immaginare la sorpresa di un piccolo manipolo di senatori del Pdl che, appena terminato il bellicoso intervento di Schifani, si sono fatti intorno al Cavaliere, pieni di preoccupazione e carichi di interrogativi, trovando il grande capo in una placidissima disposizione d’animo: “Cari miei, questo è un governo magnifico”. E loro, stupefatti: “Ma come, e Schifani?”. E lui: “Ma lasciate perdere, siete forse nati ieri? Meglio di così non può andare. Guardate qua…”. I sondaggi, ovviamente. Come al solito, hanno molta importanza nel determinare le inclinazioni del Cavaliere e in questo momento sono tutti al rialzo per il centrodestra (34,1 di media). Mentre il centrosinistra ha imboccato una discesa ripida: 28,7 di media tra tutti gli istituti di ricerca.
    Prima lo ha detto a Renato Brunetta, “calma”, poi ha annullato la piazza di Brescia “perché siamo al governo e io non mi chiamo Bertinotti”, e infine ha diramato una specie di circolare interna al suo Pdl: “Siamo alla pari col Pd, non dite che ho vinto io, non dite che questo è il mio governo. Rispettiamo gli avversari”. Al Castello ora tutti pensano che Berlusconi abbia una passione per Enrico Letta e il suo nuovo esecutivo.

    “Dobbiamo abolire l’Imu. Perderemmo la faccia”, ha detto ieri Silvio Berlusconi intervistato in tv. Dunque nel Pdl resta d’obbligo il cipiglio sull’Imu, ma è poco più di una posa, una durezza recitata a difesa di una ormai stravagante bandiera elettorale che, alle passate elezioni, ha fruttato un punto percentuale, molto meno di quanto il Cavaliere non avesse in realtà preventivato di raccogliere. E difatti il passaparola, per linee interne, è un altro, tutto tranne che bellicoso: “Non strafare, andarci piano, elogiare”. Così Brunetta, solitamente incaricato di guastare, ha invece rattoppato: “Letta è bravo, bravo, bravo”. E Daniela Santanchè, intelligente, rapida, fedelissima e sempre sintonizzata con il grande capo di Arcore, è passata dalla freddezza al cauto elogio: “Questo è un esecutivo di pacificazione nazionale”, ha detto la pasionaria e prossima vicepresidente della Camera.
    Per Berlusconi questa è una fase di innamoramento. Certo, chi lo conosce bene sospetta che il suo sia un sentimento caduco: “Non dura”. I castellani più maliziosi sono convinti che con la sentenza di Cassazione sui diritti tv, tra ottobre e dicembre, “cambierà tutto”. Dal sereno alla tempesta. Chissà. Per adesso è amore. E ieri sera il Cavaliere era felice per come Denis Verdini, il suo primo ambasciatore, ha concluso a vantaggio del centrodestra le trattative sui posti rimasti liberi nel governo. Verdini ha trattato con Dario Franceschini e ha migliorato, e molto, l’accordo che avevano chiuso, un po’ al ribasso, Berlusconi e Angelino Alfano nei giorni scorsi: salvo rivolgimenti imprevisti, al Pdl vanno sedici tra viceministri e sottosegretari, più sei presidenti di commissione alla Camera e altri cinque al Senato.

    La squadra dei sottosegretari, alla fine, sarà snella, meno di quaranta nomi, anche per rispettare la norma contenuta nella Finanziaria del 2008 che ha fissato a sessanta il numero massimo dei componenti del governo, compresi i ministri senza portafoglio. “Volevamo un governo forte e solido per varare immediatamente i provvedimenti per la crescita”, ha detto ieri Berlusconi al Tg5. E poi ancora, per chi non avesse capito: “E’ una gran cosa avere un governo”. Il mood è quello dello statista responsabile. Ed è per questo che il Cavaliere ha pure cancellato la manifestazione di piazza con la quale, la settimana prossima, avrebbe dovuto agitare le bandiere della propaganda, secondo la strategia (abbandonata, per il momento) della campagna elettorale permanente.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.