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I responsabili dell'attacco
A Boston finisce l'assedio, esercito e polizia catturano il “ceceno”
Dopo una caccia all'uomo gigantesca, che ha paralizzato l'intero hinterland di Boston, la polizia degli Stati Uniti ha catturato vivo uno dei due ragazzi di origine cecena ritenuti responsabili dell'attentato alla maratona della città di lunedì scorso. Seguendo una segnalazione giunta da un residente (intorno alle 21 ora locale), la polizia ha trovato Dzhokhar Tsarnaev, 19 anni, nascosto in una barca in un cortile di periferia a Watertown, stanco e ferito dopo che la notte scorsa, in uno scontro a fuoco, aveva perso la vita il fratello complice.
Dopo una caccia all'uomo gigantesca, che ha paralizzato l'intero hinterland di Boston, la polizia degli Stati Uniti ha catturato vivo uno dei due ragazzi di origine cecena ritenuti responsabili dell'attentato alla maratona della città di lunedì scorso. Seguendo una segnalazione giunta da un residente (intorno alle 21 ora locale), la polizia ha trovato Dzhokhar Tsarnaev, 19 anni, nascosto in una barca in un cortile di periferia a Watertown, stanco e ferito dopo che la notte scorsa, in uno scontro a fuoco, aveva perso la vita il fratello complice. ''Preso! La caccia è finita. Il terrore è finito. E la giustizia ha vinto. Il sospetto è in carcere'', ha scritto su Twitter il dipartimento di polizia di Boston dopo che Tsarnaev è stato portato via tra gli applausi dei residenti. In seguito all'arresto centinaia di persone sono scese in strada scandendo ''Usa!, Usa!'''', alcuni hanno ballato sui tetti delle auto. Un residente della zona aveva chiamato la polizia dopo aver trovato Tsarnaev ''coperto di sangue'' in una barca parcheggiata in un cortile dove si era rifugiato, ha raccontato il capo della polizia di Boston Ed Davis. Il ragazzo, studente dell'Università del Massachusetts, è stato subito circondato da un piccolo esercito di polizia per una resa dei conti finale che è durata quasi due ore. I tentativi di negoziato non sono andati a buon fine, ha detto Davis.
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New York. Boston ha iniziato a trattenere il respiro giovedì sera, quando due uomini hanno rapinato un drugstore a Cambridge, a un miglio circa dal campus di Harvard. Le telecamere di sicurezza hanno inquadrato uno dei due volti che da alcune ore passavano a ciclo continuo su tutti gli schermi del pianeta, quello del 19enne ceceno Dzhokhar Tsarnaev, uno dei due attentatori della maratona di Boston. Aveva ancora addosso il cappellino da baseball bianco che portava lunedì, il giorno in cui assieme al fratello Tamerlan, 26 anni, ha piazzato due bombe artigianali all’arrivo della maratona di Boston. Gli ordigni hanno ucciso tre persone e ne hanno ferite oltre 170. E’ stato l’inizio di una giornata di caccia forsennata. Dopo la rapina sono saliti sulla Honda Civic grigia nella quale avevano dormito la notte precedente e si sono al campus del Mit, dove hanno ucciso Sean Collier, una guardia della polizia universitaria di 26 anni e hanno fermato un Suv Mercedes. “Siamo gli attentatori della maratona”, hanno detto al proprietario dell’auto. A quel punto la polizia era sulle loro tracce. C’è stata una sparatoria, i fratelli hanno lanciato granate artigianali agli agenti. Hanno ferito in modo grave Richard Donahue, 33 anni, agente della polizia metropolitana, ma nello scontro è morto Tamerlan, il fratello maggiore. Addosso aveva un giubbotto esplosivo. Nel corso della notte Boston è passata dallo stato di allerta all’assetto di guerra: il sistema dei trasporti è stato bloccato, taxi compresi, le autorità hanno chiesto alla popolazione di chiudersi all’interno delle proprie case e non aprire la porta a nessuno che non avesse un distintivo. In mattinata è stata trovata nel sobborgo di Watertown la macchina degli attentatori e la zona è stata immediatamente sigillata. Gli agenti stanno setacciando la zona casa per casa. Nel flusso delle news qualcuno ha tirato fuori, con intento polemico più che ironico, l’idea che Barack Obama possa ordinare un attacco con droni per eliminare l’attentatore asserragliato. Il procuratore generale, del resto, ha scritto in una lettera che “è possibile immaginare una circostanza straordinaria nella quale potrebbe essere necessario e appropriato autorizzare l’uso di forze militari letali all’interno dei confini nazionali”.
Le telecamere sono state spinte progressivamente più lontano dal luogo dove si è concentrato un numero impressionante di agenti federali e della polizia di stato. Hanno chiamato un traduttore dal russo, nel caso l’assassino sia coperto da qualcuno che non parla bene l’inglese. Novemila uomini sono stati sguinzagliati per trovare Tsarnaev e la paura peggiore in questa giornata nella trincea metropolitana è che il ragazzo avesse un comando per attivare altri ordigni sparsi chissà dove. La scena si è sdoppiata: mentre a Watertown la polizia cercava di stanare l’assassino, a Cambridge gli agenti sigillavano l’appartamento in cui vivevano i due fratelli. Ieri pomeriggio gli artificieri hanno distrutto con un’esplosione controllata una grande quantità di materiale sospetto trovato nella casa. Rimane aperta la questione del movente. L’etnia cecena ha fatto scattare immediatamente la connessione con il terrorismo islamico del Caucaso, ma la vicenda dei fratelli Tsarnaev è perfettamente sovrapponibile a quella di decine di milioni di immigrati arrivati in America alla ricerca di un nuovo inizio.
Il padre, Anzor Tsarnaev, è un meccanico che negli anni Novanta si è trasferito con la famiglia in Kirghizistan; ha ottenuto l’asilo politico negli Stati Uniti, dove ha sbarcato il lunario facendo lavori saltuari. Qualche tempo fa è tornato nella capitale del Daghestan, Makhachkala, da dove ha parlato del figlio ricercato come di un “angelo”. Anni fa Tamerlan ha ottenuto la cittadinanza americana, accordata a Dzhokhar nel settembre dello scorso anno. Una delle sue sorelle vive a New York. Gli amici li descrivono come persone riservate ma perfettamente normali. Non così lo zio paterno, Ruslan Tsarnaev, che vive in una zona suburbana del Maryland. In una conferenza stampa improvvisata ha detto che i nipoti hanno coperto di vergogna la famiglia e il popolo ceceno e che l’unico motivo possibile dietro l’attentato era “being losers”: erano perdenti, ragazzi disagiati che non riuscivano a farsi una vita propria e avevano accumulato rabbia verso chiunque ce l’avesse fatta.
Settacciando le attività dei due sui social network si trovano elementi che possono suggerire qualche affinità con gli ambienti del terrorismo islamico: video pubblicati da gruppi terroristi su YouTube, violente prediche di un imam ceceno, critiche agli americani “che non si sanno controllare”; ma dai primi ritratti dei due attentatori prevale la dimensione indicata dallo zio, quella del risentimento e di una certa difficoltà a stringere rapporti con gli americani. “Non li capisco”, aveva dichiarato Tamerlan. I fratelli Tsarnaev hanno l’aria di esemplari comuni in una nazione di immigrati, ed è per una strana coincidenza che mentre Boston veniva sigillata dalle forze dell’ordine a Washington si iniziava a discutere la riforma dell’immigrazione.
Da lunedì l’America ragiona su una doppia ipotesi, quella che porta al terrorismo interno e quella legata alle reti internazionali. Per il momento nessuna delle due strade sembra corrispondere perfettamente al profilo di Dzhokhar e Tamerlan Tsarnaev. I singoli elementi di questa storia si stanno lentamente chiarendo, ma è difficile capire la reazione chimica che si è generata una volta che sono stati mischiati.


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