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Il Cav. sigla il patto con Bersani ma non si fida del Pd
Si sono stretti la mano al telefono, “allora siamo d’accordo, si vota Franco Marini”. Ma Silvio Berlusconi non è del tutto sicuro che Pier Luigi Barsani riesca a tenere il punto con i suoi. E infatti, senza confessarlo a nessuno, il sovrano di Arcore, chiuso nel suo Castello, ancora vagheggia un profilo molto baffuto, un nome da giocare a sorpresa, quasi di rimessa: Massimo D’Alema. Anche perché se Marini non regge, come dice Maria Stella Gelmini “nel caos avanza Prodi”. Ieri il Cavaliere ha ricevuto dal Pd la rosa definitiva dei quirinabili e, riunito a Palazzo Grazioli con la corte, ha maturato un orientamento: “Per il Quirinale la sceltà è Marini”.
Si sono stretti la mano al telefono, “allora siamo d’accordo, si vota Franco Marini”. Ma Silvio Berlusconi non è del tutto sicuro che Pier Luigi Barsani riesca a tenere il punto con i suoi. E infatti, senza confessarlo a nessuno, il sovrano di Arcore, chiuso nel suo Castello, ancora vagheggia un profilo molto baffuto, un nome da giocare a sorpresa, quasi di rimessa: Massimo D’Alema. Anche perché se Marini non regge, come dice Maria Stella Gelmini “nel caos avanza Prodi”.
Ieri il Cavaliere ha ricevuto dal Pd la rosa definitiva dei quirinabili e, riunito a Palazzo Grazioli con la corte, ha maturato un orientamento: “Per il Quirinale la sceltà è Marini”. Poi il grande capo ha preso l’automobile e ha raggiunto l’ex presidente del Senato con il quale ha avuto un lungo e amichevole colloquio. Si è anche parlato di giustizia. Marini non è il più solido dei candidati possibili, e appare anzi debole agli occhi di tanti spettatori (interessati) del centrosinistra. Ma per Berlusconi rappresenta un prezioso punto di equilibrio: gli consente di tenere unito il suo schieramento a differenza di Giuliano Amato, un nome ancora forte nelle stanze del Palazzo ma pure un candidato sgradito alla Lega e a Roberto Maroni. Inoltre Marini – come Amato e D’Alema – ha anche un profilo rassicurante: ex leader della Cisl e dei Popolari del Pd è un uomo della partitocrazia, della Prima Repubblica. Dunque l’orientamento del Pdl è fissato e dovrebbe reggere fino al voto previsto per oggi alle 10. Ma come dice Berlusconi: “Bisogna vedere se regge anche il Pd”. L’elezione del presidente della Repubblica è sempre una strana roulette. E l’impressione (o il timore) del Cavaliere è che sia il centrosinistra a non tenere duro: Nichi Vendola rumoreggia, così come il gruppone dei giovani turchi guidati da Stefano Fassina. Anche Matteo Renzi, con i suoi cinquanta voti, appare molto contrariato. Sono almeno 150 voti.
D’Alema non risulta nella lista dei quirinabili. La carta della vecchia volpe baffuta è rimasta coperta: non è mai entrato ufficialmente in gioco, ma dal tavolo delle trattative più o meno sotterranee il suo nome non è nemmeno mai uscito. L’ex presidente del Consiglio gode di un notevole tifo nelle file parlamentari del Pdl: “E’ il miglior candidato che ci sia”, dice Barbara Saltamartini. E Fabrizio Cicchitto, che frequenta Palazzo Grazioli ed è ancora forte nel gruppo dirigente del Pdl: “Io ero per Violante o D’Alema”. Insomma piace, anche a Berlusconi. Il Cavaliere è stato a lungo tentato di farlo suo, di spingerlo in alto, ma alla fine ha ritenuto che sarebbe stato complicato spiegare la scelta di un ex comunista come lui alla propria base elettorale. “Non mi avrebbero capito”. Ma chissà. Così per molte ore, nella notte tra martedì e mercoledì, e poi anche per tutta la mattina di ieri, il candidato è stato Amato. Con Berlusconi che considerava ormai chiuso l’accordo sul nome dell’ex socialista: “Abbiamo un patto di ferro”. Sono stati i successivi contatti di Gianni Letta e Denis Verdini con il Pd a indurre il Cavaliere, nel corso della giornata, a ulteriori riflessioni che poi hanno fatto un po’ calare (ma non tramontare) la forza di Amato: non solo la Lega si sarebbe sfilata, ma anche il partito di Nichi Vendola. I contatti tra Pd e Pdl sono passati, molto, dal telefono di casa Letta (di Gianni ed Enrico): “Vendola non vota Amato. E neanche Maroni”. Così nel pomeriggio il Cavaliere lo ha spiegato al segretario del Pdl Angelino Alfano: “Mi dicono che su Amato ci sono pure troppi franchi tiratori a sinistra”. Come dire: “Con me Bersani l’accordo ce l’ha, forse deve pure chiuderlo con il Pd”. E infatti a lungo si era pensato di presentare la candidatura di Amato soltanto a partire dal terzo scrutinio, quando si abbassa sensibilmente il quorum della maggioranza necessaria alla valida elezione del capo dello stato. Poi l’idea di Marini. Ma regge? Berlusconi dice “non al primo turno”, ma spera di sì, ha ricevuto delle rassicurazioni “assolute”, anche se osserva preoccupato il tramestio che attraversa il centrosinistra. Marini non piace nemmeno al giornalone Repubblica. “Se non passa lui, l’elezione diventa ingovernabile”. E Prodi lo sa.


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