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That win the best
Meglio i pantaloni sporchi di Di Canio del calcio pulito in Bundesliga
Guardare i pantaloni sporchi di Paolo Di Canio dopo che il suo Sunderland ha battuto fuori casa il Newcastle per 3-0 mi ha rimesso di buonumore. Da giovedì scorso non dormivo bene, nemmeno l'amato brandy aveva più il suo solito potere curativo. Quello che avevo visto in tv, le eliminazioni di Tottenham e Newcastle dall'Europa League, mi aveva provato. Il pensiero che fossimo come l'Italia, senza squadre in nessuna semifinale europea, mi aveva reso allegro e ottimista come un tifoso dell'Inter di questi tempi.
Londra. Guardare i pantaloni sporchi di Paolo Di Canio dopo che il suo Sunderland ha battuto fuori casa il Newcastle per 3-0 mi ha rimesso di buonumore. Da giovedì scorso non dormivo bene, nemmeno l’amato brandy aveva più il suo solito potere curativo. Quello che avevo visto in tv, le eliminazioni di Tottenham e Newcastle dall’Europa League, mi aveva provato. Il pensiero che fossimo come l’Italia, senza squadre in nessuna semifinale europea, mi aveva reso allegro e ottimista come un tifoso dell’Inter di questi tempi. Noi inglesi però abbiamo il vantaggio dell’autarchia. Chissenefrega delle coppe, mi sono detto, guardiamo in casa che cosa succede. Così un altro italiano britannizzato, dopo Di Matteo un anno fa, mi ha fatto tornare il sorriso. Quella scivolata sull’erba dopo il 2-0 dei suoi, gli abbracci a caso a chiunque passasse dalle sue parti con addosso i colori bianco e rosso del Sunderland e le sue parole dopo il match mentre mostrava orgoglioso i pantaloni eleganti pieni di fango (“spero che siano sporchi così tutte le settimane”) mi hanno ricordato che amo il calcio e la Premier per questo motivo: nonostante tutti i tentativi di Platini, Blatter, la Uefa e la Fifa, è ancora il posto dove le buone maniere e il politicamente corretto fanno come Anelka alla Juve, alla fine non riescono a entrare.
Per motivi dello stesso ordine non sopporto la Bundesliga. Per molto tempo ho pensato che in Germania esistessero soltanto quattro o cinque squadre, iscritte d’ufficio alle competizioni europee per non offendere il cancelliere di turno ed evitare che minacciasse i paesi limitrofi con i cannoni o con lo spread. Di recente ho scoperto invece che i teutoni hanno addirittura un intero campionato modellato su quello degli altri paesi, anche se in realtà è molto più breve: per statuto una squadra vince il titolo con una decina di giornate d’anticipo, così può concentrarsi soltanto sulla Champions e dare soddisfazione alla Merkel. E adesso che di squadre in coppa la Germania ne ha due, tutti a dire quant’è bella la Bundesliga, quanto sono pieni e sicuri gli stadi, quanto si godono lo spirito del pallone questi neofiti del calcio, con il loro campionato che funziona come un’acciaieria del bacino della Ruhr. “Papà, quante decine di punti di vantaggio ha il Bayern sulla seconda?”, è la domanda ricorrente dei bambini che si accomodano sugli spalti appena cosparsi d’amuchina. Se la Liga è la festante parodia del calcio europeo, una morra cinese che per definizione prevede due concorrenti, la Bundesliga tende naturalmente al dominio imperiale e incontrastato, quindi coglie l’entusiasmo del pubblico perché rientra nella dimensione del passatempo. Mi servirebbero cento scivolate di Di Canio per accettare il dominio ispano-germanico sull’Europa.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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