
Mal d'Aosta
Antonio Ingroia è stato trasferito alla procura di Aosta come sostituto, lo ha deciso il Csm. E lui, il magistrato e leader di Rivoluzione civile, ha detto che si tratta di “una decisione che non valorizza la mia professionalità”. Il fondatore della lista trombata alle elezioni di febbraio avrebbe preferito poter accettare l’offerta di Rosario Crocetta, il governatore della Sicilia: piazzarsi alla guida della società regionale per la riscossione dei tributi, dove avrebbe potuto continuare a fare politica e vestire anche la toga di magistrato fuori ruolo. La decisione del Csm lo costringe invece a lavorare, da magistrato.
Antonio Ingroia è stato trasferito alla procura di Aosta come sostituto, lo ha deciso il Csm. E lui, il magistrato e leader di Rivoluzione civile, ha detto che si tratta di “una decisione che non valorizza la mia professionalità”. Il fondatore della lista trombata alle elezioni di febbraio avrebbe preferito poter accettare l’offerta di Rosario Crocetta, il governatore della Sicilia: piazzarsi alla guida della società regionale per la riscossione dei tributi, dove avrebbe potuto continuare a fare politica e vestire anche la toga di magistrato fuori ruolo. La decisione del Csm lo costringe invece a lavorare, da magistrato. “E’ un provvedimento punitivo”, dice lui, il giudice dei due mondi che dopo aver passato circa un mese a salvare dal narcotraffico il Guatemala, e dopo un disarmante flop elettorale, s’era recentemente illuminato d’una nuova vocazione: fare pulizia – parole sue – in quel “nido di mafiosità” che è la riscossione dei tributi in Sicilia. E ci si chiede quando esattamente il dottor Ingroia abbia avuto l’epifania intorno al “nido di mafiosità”: è stato prima o dopo l’offerta di Crocetta? Si direbbe un minuto dopo, visto che da procuratore aggiunto di Palermo non aveva mai aperto un’indagine, né sollevato nemmeno un dubbio sul meccanismo di riscossione dei tributi in Sicilia (che proprio un bel posto non deve essere).
Insomma la vicenda avrebbe degli aspetti grotteschi, se solo il passaggio di Ingroia dalla mitizzazione alla derisione cui lo ha ormai consegnato Maurizio Crozza non rivelasse pure l’immagine acre di una carriera studiata e pasciuta sulla pelle di imputati eccellenti mascariati dalla più evanescente delle accuse: la Trattativa stato-mafia. Ingroia ha sempre incrociato la sua attività professionale con la politica in un cinico intreccio che i suoi stessi colleghi dell’Anm un tempo hanno stigmatizzato. Adesso non vuole più fare il giudice dove lo manda il Csm, Aosta non gli piace, ma nemmeno vuole rinunciare alla toga (e ci mancherebbe). E’ sul doppio binario, sulla doppia professione e sull’uso politico della funzione giudiziaria che lui ha fondato la sua carriera. Guai a chiedergli: dottor Ingroia, ma perché non si dimette, perché non appende la toga al chiodo? La risposta è allusiva e minacciosa: “Significherebbe che chi ha indagato sulle collusioni tra stato e mafia non può restare in magistratura”.


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