Il complesso dell'inciucio

Giuliano Ferrara

Massimo D’Alema esorta i suoi a togliersi il complesso dell’inciucio, a non vivere nella dissennata pretesa che sia possibile fare politica e governare le istituzioni senza compromessi, perché è provocata da intese mancate, e non da impossibili atti di forza, la rovina della politica italiana, con il blocco delle prospettive e lo stallo e la sinistra che perde regolarmente e comicamente, anche quando vince. Detto questo, D’Alema, che seppe essere più lucido, almeno nelle intenzioni, ripropone la tiritera della destra come piace alla sinistra, la destra senza Berlusconi, il popolo o la mezza Italia che sta dall’altra parte senza la sua leadership.

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    Massimo D’Alema esorta i suoi a togliersi il complesso dell’inciucio, a non vivere nella dissennata pretesa che sia possibile fare politica e governare le istituzioni senza compromessi, perché è provocata da intese mancate, e non da impossibili atti di forza, la rovina della politica italiana, con il blocco delle prospettive e lo stallo e la sinistra che perde regolarmente e comicamente, anche quando vince. Detto questo, D’Alema, che seppe essere più lucido, almeno nelle intenzioni, ripropone la tiritera della destra come piace alla sinistra, la destra senza Berlusconi, il popolo o la mezza Italia che sta dall’altra parte senza la sua leadership, senza il collante che ha letteralmente inventato questo spazio, questa moltitudine democratica, e li tiene insieme, come s’è visto. D’Alema propone di cominciare a trattare il futuro del paese soltanto con una destra subalterna, evirata, configurata secondo i criteri dell’antropologia progressista, al guinzaglio della saccente arroganza di chi giudica gli altri sotto il profilo moralistico, etico, trascurandone l’essere, il pegno di realismo nel gioco degli interessi, in favore di un incerto dover essere.

    Un osservatore e scrittore di parte liberale, Giovanni Orsina, sostiene che la ragione dell’irriducibilità della sinistra a una visione realista della democrazia non dipende in realtà da un giudizio negativo personale su Berlusconi ma dall’incapacità di attribuire senso e soggettività politica piena al suo popolo, a coloro che lo votano da vent’anni. Credo abbia ragione. Con Berlusconi in momenti diversi hanno trattato, e il complesso dell’inciucio D’Alema personalmente non ce l’ha, ma è l’accettazione dell’Italia che Berlusconi rappresenta l’orizzonte impossibile da guardare per i moralisti educati da Berlinguer. I capolavori politici di Togliatti, la svolta di Salerno e la ratifica dell’articolo 7 della Costituzione (il Concordato), dipesero dal fatto che il capo comunista aveva un giudizio saldo sul rapporto tra il fascismo, la monarchia, il cattolicesimo e l’Italia, ma i suoi epigoni del rapporto tra Berlusconi e l’Italia non hanno mai capito alcunché, anche adesso che fanno i gargarismi dell’autocritica e indagano i perché della sconfitta.

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.