
Basta Champions
Quell'arbitro cornuto di cui però non voglio dire male
Ci ha provato, l’Old Trafford. Quando Cristiano Ronaldo ha messo piede in campo, per il riscaldamento, è stato abbracciato e sommerso di applausi. “Welcome home, Ronaldo”, recitavano i cartelli in tutto lo stadio. Prima del calcio di inizio, gli spalti hanno cantato due cori, poi. Uno per Ryan Giggs, il vecchio eroe che giocava la sua – maledetta – partita numero 1.000 da professionista. L’altro per Cristiano, che ha ringraziato mettendosi la mano sul cuore, la faccia tesa.
“I never comment on referees and I'm not going to break the habit of a lifetime for that prat”.
(Ron Atkinson)
Ci ha provato, l’Old Trafford. Quando Cristiano Ronaldo ha messo piede in campo, per il riscaldamento, è stato abbracciato e sommerso di applausi. “Welcome home, Ronaldo”, recitavano i cartelli in tutto lo stadio. Prima del calcio di inizio, gli spalti hanno cantato due cori, poi. Uno per Ryan Giggs, il vecchio eroe che giocava la sua – maledetta – partita numero 1.000 da professionista. L’altro per Cristiano, che ha ringraziato mettendosi la mano sul cuore, la faccia tesa. Il trucco ha funzionato per un po’. Fino al tocco che ha mandato a casa lo United, CR7 era il fantasma del giocatore che fu e che è, e questa volta non c’erano neppure le meches a segnalarne la presenza in campo, come all’esordio con la maglia dei Red Devils, tanti anni fa. Non mi metterò qui a lamentarmi dell’arbitro, bene ha fatto Ferguson a non parlare ai giornalisti dopo la partita, bastava e avanzava quel dito puntato contro il direttore di gara alla fine, un uomo talmente idiota da non capire che in partite del genere la regola fondamentale da tenere presente è quella del buon senso: lo sai che un’espulsione cambierà – e quasi sicuramente rovinerà – il match dell’anno tra due delle squadre più belle e forti del mondo; e allora o sei assolutamente sicuro di quello che fai o eviti di farlo. E se il turco Cakir era assolutamente sicuro di quello che faceva, allora merita di arbitrare in un campionato di seconda fascia come la Liga, o andare in Italia a ingrossare il sacco degli errori arbitrali che settimanalmente falcidiano la Serie A.
Il pubblico di Old Trafford meritava di più, direbbe qualcuno affetto da troppa retorica, dopo la coreografia, gli applausi all’avversario infortunato, la bolgia nel momento di difficoltà dello United. Il calcio meriterebbe di più, aggiungo io. Perdere contro Mourinho, certo, non è come perdere contro i pagliacci blaugrana, anche se la mia scorta di brandy l’altra sera ha subito forti perdite. Il Real ha giocato da Mourinho, dieci minuti in tutto, ma devastanti, puntando sul momento di difficoltà psicologica dei Red Devils subito dopo l’espulsione. Forse, se Ronaldo avesse esultato invece di chiedere scusa, i tifosi inglesi avrebbero sofferto di meno. Chiaro che dopo il teatrino sentimentale sulla maglia rossa che gli ha provocato una stretta al cuore e le dichiarazioni sul primo amore che non si scorda mai, abbia dovuto preventivamente stoppare le lamentele dei tifosi meringati con una parata di culo che nemmeno Diego López: “Se un giorno giocherò contro il Real mi succederà la stessa cosa”. Per completare la seduta spiritica che ha evocato l’anima della Democrazia cristiana, Mourinho ha fatto dichiarazioni plurilingue calibrate sull’uditorio: in inglese ha detto che la squadra più forte ha perso, in italiano che questo è il calcio, in spagnolo che pensa alla prossima partita. Io, per non sbagliare, smetto di seguire la Champions.


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