
Quegli ubriaconi dell'Onu
Che le Nazioni Unite fossero un posto di ubriaconi ne avevamo avuto il sospetto, in passato. Ma non ci aspettavamo che il diplomatico americano Joseph Torsella s’alzasse in mezzo a una riunione della commissione Budget dell’Onu e lo dicesse chiaramente: c’è sempre stata una solida e responsabile tradizione secondo la quale un po’ di alcol non può che far bene a un negoziato, ma cadere addormentati e ubriachi al bar è un po’ troppo, “vi vorremmo fare una proposta modesta: le sale delle trattative in futuro siano una ‘inebriation-free zone’”.
Che le Nazioni Unite fossero un posto di ubriaconi ne avevamo avuto il sospetto, in passato. Ma non ci aspettavamo che il diplomatico americano Joseph Torsella s’alzasse in mezzo a una riunione della commissione Budget dell’Onu e lo dicesse chiaramente: c’è sempre stata una solida e responsabile tradizione secondo la quale un po’ di alcol non può che far bene a un negoziato, ma cadere addormentati e ubriachi al bar è un po’ troppo, “vi vorremmo fare una proposta modesta: le sale delle trattative in futuro siano una ‘inebriation-free zone’”. Torsella ha sfondato una porta aperta, e dopo la sua dichiarazione è stato tutto uno sgomitarsi e riportare aneddoti su quella volta che il delegato che doveva prendere appunti s’è addormentato, quello che doveva esporre una tesi importante s’è messo a vomitare e quell’altro che doveva votare era troppo ubriaco per trovare la porta.
Torsella in realtà era ancora scottato dal fatto che a dicembre, mentre si discuteva una proposta Grillo-correct come il congelamento degli stipendi dello staff onusiano, molti rappresentanti dei paesi in via di sviluppo si erano presentati ubriachi. Ma anche i russi bevono come spugne, ha detto un delegato anonimo citato dal mitico blog Turtle Bay di Foreign Policy, “i canadesi portano il whisky e i francesi il vino”. Bisogna pure intrattenersi in questi meeting che durano anche 20 ore al giorno, nei quali spesso non si decide granché. E se è vera la regola riportata da un diplomatico del Consiglio di sicurezza, secondo cui “l’ultimo che resta in piedi vince”, c’è da sperare che quell’ultimo non sia mai un cinese.


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