
“Sarà la fine del cristianesimo occidentale o l'alba del sud?”
“Da questo Conclave si capirà se l’Europa cristiana ha ancora un futuro”. Lo scrive, sulla rivista americana liberal New Republic, lo studioso di religioni Philip Jenkins, autore di libri che hanno innescato celebri dibattiti. Tra di essi, “Pedofili e preti”, in cui denuncia l’isteria anti cattolica sugli abusi sessuali, e “Il nuovo anticattolicesimo”, in cui Jenkins, un inglese episcopaliano, dimostra che la chiesa cattolica in occidente è considerata “un nemico pubblico” ed è stata ridotta “a uno stereotipo grossolano”.
“Da questo Conclave si capirà se l’Europa cristiana ha ancora un futuro”. Lo scrive, sulla rivista americana liberal New Republic, lo studioso di religioni Philip Jenkins, autore di libri che hanno innescato celebri dibattiti. Tra di essi, “Pedofili e preti”, in cui denuncia l’isteria anti cattolica sugli abusi sessuali, e “Il nuovo anticattolicesimo”, in cui Jenkins, un inglese episcopaliano, dimostra che la chiesa cattolica in occidente è considerata “un nemico pubblico” ed è stata ridotta “a uno stereotipo grossolano”.
Secondo Jenkins, la cometa del papato di Benedetto XVI è stata segnata da una posizione difensiva di “damage control” legato alla proliferazione di accuse sul clero e l’abuso di minori. Ma il cuore del regno di Joseph Ratzinger è stata la rievangelizzazione dell’Europa. E’ su questa che il Pontefice ha davvero fallito. Jenkins, la cui tesi più importante è stata la distinzione capitale fra cristianità (Christendom) e cristianesimo (Christianity), spiega che “entro vent’anni l’Africa da sola avrà più cattolici dell’Europa” e dal 2030 “tre quarti dei cattolici del mondo saranno in America latina, Africa e Asia”. Jenkins ha scritto che il documento dell’allora cardinale Joseph Ratzinger “Dominus Jesus”, giudicato “offensivo” in occidente, venne salutato con ampio favore dalla maggioranza dei cattolici in Africa e in Asia. Ogni anno ci sono più battesimi nelle Filippine che in Spagna, Italia e Francia messe insieme e ci sono meno cattolici in tutta l’Olanda che nella sola area metropolitana di Manila. La “Dominus Jesus”, ha scritto Jenkins, “non era indirizzata ai liberal del nord del mondo che praticano una varietà dilettantistica di religione da caffè, ma alle chiese del sud che chiedono regole pratiche per garantire la loro autenticità”.
Secondo Jenkins stiamo assistendo “alla fine dell’epoca del cristianesimo occidentale e all’alba del cristianesimo della parte sud del mondo”. A conferma dell’analisi dello storico americano c’è un rapporto del Pew Forum, il maggiore istituto demoscopico religioso al mondo. “In un secolo, i cattolici nel mondo sono triplicati, dai 291 milioni nel 1910 a oltre un miliardo nel 2010”. Ma se nel 1910 in Europa vivevano il 65 per cento dei cattolici di tutto il mondo, oggi sono soltanto il 24 per cento. Nell’Africa subsahariana i cattolici sono passati da essere un milione nel 1910 ai 171 milioni di oggi. In Asia erano 14 milioni un secolo fa, mentre oggi sono 131. Sono cresciuti invece in nord America, da 15 a 89 milioni. Già oggi le Filippine contano più cattolici di qualsiasi paese europeo. A metà del secolo è probabile che saranno il primo paese al mondo per popolazione cattolica. Da lì viene infatti uno dei “papabili”, Luis Antonio Gokim Tagle.
La speranza dagli Stati Uniti?
Philip Jenkins su New Republic sostiene che la “scristianizzazione” e la “secolarizzazione”, un tempo confinate a paesi protestanti come Inghilterra e Olanda, sono ormai capillari anche in Spagna, Italia e in Baviera, la regione nativa di Ratzinger.
Secondo Jenkins però il cristianesimo ha la possibilità di risollevarsi in Europa, e cita la Riforma protestante del XVI secolo: “Il protestantesimo sembrava in procinto di soverchiare il cattolicesimo, ma la chiesa non solo sopravvisse, ma nel lungo periodo crebbe perfino fino a diventare più potente di prima. In parte ci riuscì grazie a nuove forme di pietà e devozione. Il papato di Giovanni Paolo II ha seguito questo modello, lanciando un revival mariano su larga scala. Ma la vera conversione, pensava Ratzinger, poteva essere raggiunta solo tramite piccoli gruppi attivi, come i movimenti legalisti emersi nel XVI secolo in Spagna e Italia”.
Jenkins chiede al lettore di ripensare l’anno 1798, “il peggior momento nella storia della cristianità in Europa”: la chiesa era perseguitata, l’ateismo era in ascesa e le armate rivoluzionarie misero sotto scacco persino Pio VI. Fu allora che presero vigore i movimenti missionari e il revival cattolico popolare. “Niente muoveva attivisti e riformatori più della consapevolezza che la loro fede stava morendo nelle terre natie e che dovevano esportarla altrove. Morte e resurrezione non sono soltanto la fondamentale dottrina della cristianità, rappresentano un modello storico della struttura religiosa”.
Eppure, lamenta Jenkins, se “la posizione della chiesa in Europa è oggi molto più debole di quando Ratzinger è stato eletto”, è anche vero che “il capitolo finale dell’Europa non è stato ancora scritto”. E qui diventa decisiva la decisione del Conclave, che si riunirà a breve per scegliere il nuovo Pontefice. “Durante il suo pontificato, Benedetto ha eletto nuovi cardinali e gli europei sono massicciamente presenti nel collegio dei cardinali”, conclude Jenkins. “L’Europa oggi rappresenta il 24 per cento dei cattolici del mondo, ma il 53 per cento degli elettori del collegio. Benedetto XVI ha in questo modo dichiarato la sua intenzione di battersi ancora per l’Europa. Così gli elettori del Papa hanno davanti una decisione strategica: sceglieranno qualcuno del Global South? Oppure un altro europeo che potrà aver successo laddove Benedetto ha fallito?”.
Nel 2050, afferma Jenkins, i cristiani (tra cattolici, protestanti, anglicani e ortodossi) saranno tre miliardi. Ma il baricentro dei fedeli si sposterà verso sud, mentre l’Europa sarà segnata da un radicale e progressivo declino nei numeri. “Solo un quinto dei battezzati sarà occidentale”. Il quadro dipinto dal docente di Storia delle religioni all’Università statale della Pennsylvania e alla Baylor University, che di recente ha consegnato le sue previsioni al libro “La terza chiesa”, è inesorabile: “Presto l’espressione un ‘cristiano bianco’ comincerà a suonare come un curioso ossimoro, leggermente sorprendente, tipo un ‘buddista svedese’”.
Così scrive Jenkins, che immagina uno stravolgimento nella geografia religiosa. In un solo paese occidentale egli prevede una crescita della comunità cristiana: gli Stati Uniti. Per questo il futuro della cristianità occidentale, suggerisce potrebbe essere affidato a un esponente di quella chiesa, come il cardinale di New York, Timothy Dolan.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
