
That win the best
Confesso, non ho fatto il master alla Columbia come Gianni Riotta
Lo confesso. Tre anni fa il Foglio mi ha affidato questa rubrica perché avevo frequentato un master in giornalismo alla Columbia University come Gianni Riotta. Non era vero. Ero solo andato a New York a imparare l'accento americano. Consapevole che il brandy accanto al camino di casa e le birre scolate al pub non avrebbero fermato il declino del calcio italiano, ho vagamente forzato il mio curriculum. Che poi questa storia del blasone accademico vale quanto un gol di Cassano alla Fiorentina, serve giusto per le statistiche.
Londra. Lo confesso. Tre anni fa il Foglio mi ha affidato questa rubrica perché avevo frequentato un master in giornalismo alla Columbia University come Gianni Riotta. Non era vero. Ero solo andato a New York a imparare l’accento americano. Consapevole che il brandy accanto al camino di casa e le birre scolate al pub non avrebbero fermato il declino del calcio italiano, ho vagamente forzato il mio curriculum. Che poi questa storia del blasone accademico vale quanto un gol di Cassano alla Fiorentina, serve giusto per le statistiche. Prendete la FA Cup, là dove squadre senza master calcistico arrivano a giocarsi sfide epiche contro le grandi della Premier. Là dove il Brentford sfida il Chelsea (e poi prende 4 pappine, ma è un dettaglio), là dove il Millwall arriva ai quarti di finale alla faccia di Arsenal e Tottenham. Il tutto per la gioia dei giornalisti italiani, che potranno tirare fuori il meglio di loro e raccontarvi la “favola” del calcio inglese. Non è una favola, semplicemente è calcio (fateci caso: alla fine della fiera, il trofeo lo sollevano quasi sempre le squadre più forti della Premier League, e non le cenerentole, per dirla come la direbbe un cronista a corto di metafore).
Se uno non ha classe, non se la può dare, e la parafrasi calcistico-manzoniana si esprime anche con la formula inversa: Mario Balotelli ha classe e non se la può togliere, non riesce a scollarsela di dosso nemmeno quando fa scoppiare i petardi in bagno, e la scelta stessa di arrivare a gennaio al Milan per evitare di giocare in Champions contro i ragazzi con la faccia pulita e la camiseta dell’Unicef è classe pura. Se si può evitare di confondere il calcio con l’attività circense meglio farlo, mi dice la legge morale che è dentro di me. E’ stata invece la legge elettorale che è fuori di lui a suggerire a Berlusconi la battuta su Messi che va marcato a uomo, ma la verità è che quando ho sentito l’espressione “marcare a uomo” mi sono trovato risucchiato in epoca pre-berlusconiana (forse anche pre-thatcheriana) o nell’evo contemporaneo ma su dimenticabili campetti di periferia. Facile che il presidente dell’associazione allenatori incidentalmente candidato con Vendola ti impallini sulla questione tecnica, ecco. Lo sanno tutti che “a uomo” non vuol dire niente, e ci sono altri modi più seri e moderni per difendere. La difesa a tre di Stramaccioni, per dire.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
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