C'è una moneta a Berlino

Redazione

Anche il presidente francese, François Hollande, ha espresso forte preoccupazione per l’apprezzamento dell’euro quando ha raggiunto i valori massimi da quattordici mesi a questa parte. Eppure che la moneta unica sia forte o debole rispetto agli ultimi mesi non cambia la sostanza: lo squilibrio nella competitività tra le economie dell’Eurozona è un elemento strutturale. Un rapporto della banca d’affari americana Morgan Stanley fissa il valore “appropriato” per l’euro a 1,33 dollari (nelle scorse settimane è arrivato a 1,36; ieri a 1,34).

    Anche il presidente francese, François Hollande, ha espresso forte preoccupazione per l’apprezzamento dell’euro quando ha raggiunto i valori massimi da quattordici mesi a questa parte. Eppure che la moneta unica sia forte o debole rispetto agli ultimi mesi non cambia la sostanza: lo squilibrio nella competitività tra le economie dell’Eurozona è un elemento strutturale. Un rapporto della banca d’affari americana Morgan Stanley fissa il valore “appropriato” per l’euro a 1,33 dollari (nelle scorse settimane è arrivato a 1,36; ieri a 1,34).

    E, partendo da queste basi, Morgan Stanley elabora dei calcoli, approfonditi dal Wall Street Journal in un’inchiesta pubblicata ieri. In sostanza si scopre che, anche con l’euro al livello odierno, ad avvantaggiarsi più di tutti è sempre la Germania, dove la moneta è sottovalutata del 13,2 per cento: un bel vantaggio per la prima economia esportatrice d’Europa. Il giusto cambio a Berlino sarebbe a quota 1,53. Seguono l’Irlanda (1,41) e l’Austria (1,28). Dietro ci sono tutti gli altri paesi per cui l’euro, sempre al punto di equilibrio, è viceversa sopravvalutato. Lo è per Finlandia (del 3,8 per cento superiore al livello d’equilibrio), Spagna (5,4), Portogallo (7,3), Francia (7,8), Paesi Bassi (9,1), Belgio (12), Italia (12,1), Grecia (24,3).

    Il divario più impressionante è quello francese. Non solo perché la Francia, seconda economia dell’Eurozona, è distante dalla Germania, ma soprattutto per ciò che comporta per le imprese. L’industria francese è meno competitiva, si trova “schiacciata nel mezzo”, diceva un report dell’ex manager di Eads, Louis Gallois, commissionato dal governo parigino. Le imprese esportatrici francesi sono “assalite dai concorrenti che vendono a basso costo” – pensiamo allora a quelle italiane e greche – mentre “l’industria tedesca è protetta essendo ben posizionata”, scrive il Wsj. Quindi, se un euro sempre più forte lascia quasi indifferente Berlino, “non solo per la Francia ma anche per le altre economie d’Europa, in particolare quelle ai margini come Grecia e Spagna, il rafforzamento della moneta rischia di annullare gli sforzi da fare per rendere più competitive le proprie economie”, scrive il giornale americano. Sforzi compiuti, o meglio tentati, anche dall’Italia, dove a dicembre la produzione industriale è crollata del 6,6 per cento su base annua, il sedicesimo calo mensile consecutivo.