Interesse elettoral-nazionale

Berlino o Parigi? Monti e Pd alla difficile prova della eurosopravvivenza

Redazione

Il Partito democratico e Mario Monti, in una campagna elettorale sempre più movimentata e sempre meno comprensibile per gli osservatori internazionali, hanno tutto l’interesse ad accreditarsi come garanti della stabilità italiana agli occhi del paese leader dell’Eurozona, la Germania. Ma lo stesso Pd e lo stesso Monti, in quanto coalizione di governo in pectore, hanno tutto l’interesse a fare sponda con Parigi per controbilanciare la cancelliera Angela Merkel su alcuni dossier chiave del governo dell’euro.

    Il Partito democratico e Mario Monti, in una campagna elettorale sempre più movimentata e sempre meno comprensibile per gli osservatori internazionali, hanno tutto l’interesse ad accreditarsi come garanti della stabilità italiana agli occhi del paese leader dell’Eurozona, la Germania. Ma lo stesso Pd e lo stesso Monti, in quanto coalizione di governo in pectore, hanno tutto l’interesse a fare sponda con Parigi per controbilanciare la cancelliera Angela Merkel su alcuni dossier chiave del governo dell’euro. Lo dimostra la trattativa in corso sul bilancio pluriennale dell’Unione europea che oggi entra nel vivo con un Consiglio dei capi di governo a Bruxelles.

    Il direttore dell’Unità, Claudio Sardo, ha dedicato il suo editoriale a “Come gioca il fattore esterno”, interpretando così il senso della missione di due giorni fa a Berlino del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani: “L’Europa si aspetta che il centrosinistra porti l’Italia fuori dal pantano in cui l’ha spinta la peggiore destra europea”. L’Europa si aspetta e Bersani risponde: infatti tutti i principali quotidiani – Unità inclusa – non potevano fare a meno di notare che l’apertura esplicita a un’intesa post elettorale con Monti è venuta sotto gli occhi di Wolfgang Schäuble. Il ministro delle Finanze di Merkel ha recepito il messaggio, e subito dopo Monti ha ringraziato pubblicamente Bersani. Poi l’ex bocconiano ha aggiunto: “Se Bersani è interessato a una collaborazione con le forze che rappresento dovrà fare delle scelte all’interno del suo polo”. Fatto sta che nelle stesse ore in cui il leader della sinistra italiana rassicurava Berlino sull’alleanza tra progressisti e moderati, però, il presidente della Repubblica francese, il socialista François Hollande, pungolava la cancelliera. Secondo l’Eliseo, il feticcio della Banca centrale europea indipendente da tutto e tutti, come piace ai tedeschi, nega ai paesi europei un sostegno per il loro debito pubblico e anche l’arma del cambio. Bersani e Monti per ora non si accodano esplicitamente, ma dagli industriali italiani – come dimostrano le ripetute e allarmate analisi del Sole 24 Ore sull’euro troppo “forte” – monta la richiesta di fare fronte a un pericoloso ostacolo per l’export, unica valvola di sfogo dell’economia italiana. “Un domani, per rilanciare la crescita, dovremo seguire Hollande pure su questa strada dell’euro debole, superando la semplice retorica anti austerity”, confida al Foglio un dirigente del Pd con lunga esperienza a Bruxelles.

    Oggi, poi, perfino “il più tedesco degli economisti italiani”, Monti, che ancora una settimana fa era a Berlino per un vertice bilaterale, dovrà tentare di fare sponda con Hollande per convincere Merkel sul bilancio pluriennale dell’Ue. Nel negoziato sul budget, da mesi Merkel e David Cameron fanno coppia fissa: la cancelliera tedesca gioca il ruolo del poliziotto buono (ha fatto trapelare da fonti a lei vicine che il suo paese è pronto ad “aumentare il contributo per l’Ue”), ma come il premier britannico è determinata a imporre un po’ di austerità a Bruxelles. Il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, sarà così costretto a mettere oggi sul tavolo dei capi di stato e di governo una proposta al ribasso: 960 miliardi di impegni per il periodo 2014-2020, contro i 1.045.000 miliardi chiesti dalla Commissione e i 971 miliardi su cui era fallito il summit dello scorso novembre. Il capitolo che rischia di essere sacrificato sull’altare di un accordo è quello dedicato alla “competitività per la crescita e l’occupazione”, dove si concentrano le risorse per la ricerca, gli investimenti e le infrastrutture. Monti ha indicato le sue linee rosse: “L’Italia sostiene che l’Ue non possa parlare di crescita come politica economica europea e poi adottare un bilancio settennale che è nel segno della restrizione” e del “ripiegamento”. Ancora una volta, sulla crescita, Hollande apparirebbe come l’alleato naturale dell’Italia. “Fare risparmi sì, indebolire l’economia no”, ha detto il presidente francese, che però è pronto a un “compromesso responsabile” a condizione che vengano preservati i miliardi per gli agricoltori francesi. Nella trattativa del ciascuno per sé, Monti è dunque solo. Tanto più che l’Italia non accetterà “mai un peggioramento del nostro saldo netto negativo” (tra fondi versati e quelli ottenuti), come ha detto il ministro per gli Affari europei, Enzo Moavero. Il ministro ha esplicitamente minacciato il veto: “Il presidente Monti è cosciente del fatto che a un certo punto al tavolo potrà dover dire ‘no’. Anche da solo”. E un “no” italiano ai tagli di Merkel, paradossalmente, potrebbe perfino rafforzare Monti prima del voto.