Verba tene, res sequentur

Redazione

Ecco anche – e i lettori scusino la ripetizione – l'agenda Squinzi. Il presidente di Confindustria l'ha presentata ieri come tabella di marcia da qui al 2018. Nelle intenzioni dovrebbe mobilitare ben 316 miliardi in cinque anni e porsi l'obiettivo di un aumento del prodotto interno lordo al 3 per cento. I numeri abbondano, e così gli indicativi futuri: con 156 miliardi di ricchezza netta in più, “2.617 euro per abitante”, l'occupazione “si espanderà” di 1,8 milioni di unità, il tasso di occupazione “salirà” al 60,6 per cento nel 2018 dal 56,4 del 2013 mentre la disoccupazione “scenderà” all'8,4 dal 12,3 atteso nel 2014.

    Ecco anche – e i lettori scusino la ripetizione – l’agenda Squinzi. Il presidente di Confindustria l’ha presentata ieri come tabella di marcia da qui al 2018. Nelle intenzioni dovrebbe mobilitare ben 316 miliardi in cinque anni e porsi l’obiettivo di un aumento del prodotto interno lordo al 3 per cento. I numeri abbondano, e così gli indicativi futuri: con 156 miliardi di ricchezza netta in più, “2.617 euro per abitante”, l’occupazione “si espanderà” di 1,8 milioni di unità, il tasso di occupazione “salirà” al 60,6 per cento nel 2018 dal 56,4 del 2013 mentre la disoccupazione “scenderà” all’8,4 dal 12,3 atteso nel 2014. Con quali misure? Con l’“immediato pagamento di 48 miliardi di debiti commerciali di stato ed enti locali”. Con il “taglio dell’8 per cento del costo del lavoro nel manifatturiero e la cancellazione per tutti i settori della componente dell’occupazione sull’Irap”. Quindi con “40 ore di lavoro in più all’anno, pagate il doppio perché detassate e decontribuite”. Si deve poi “ridurre l’Irpef sui redditi più bassi”; “aumentare del 50 per cento gli investimenti in infrastrutture”; “sostenere gli investimenti in ricerca e nuove tecnologie”; “abbassare il costo dell’energia”. Di quanto? Del 30 per cento. Risulta inoltre che, tra polemiche interne, sia passato un via libera a un aumento dell’Iva dal 4 al 6 per cento e dal 10 al 12 (ma non sugli alimentari che scenderebbero al 6). Verrebbe da dire: perché no. Ma dove si trovano le coperture? E per esempio come si riduce di un terzo il costo dell’energia? Da tempo la Confindustria non fa che lanciare allarmi e appelli, più o meno fondati, ai quali non seguono comportamenti coerenti.

    Esempi: la giravolta di Emma Marcegaglia a beneficio della Cgil sull’accordo di produttività del governo Berlusconi. Il pressante invito a “fare presto”, cioè a sostituire il Cav. con Mario Monti. Ma una volta insediato Monti, il mancato appoggio alla riforma del lavoro di Elsa Fornero, che ora per Squinzi è da cambiare. La presa di distanza dal feeling tra Monti e Sergio Marchionne, l’amministratore delegato di Fiat che da Viale dell’Astronomia se n’è dovuto andare. Fino al lobbying su provvedimenti della spending review e sullo sviluppo, meno robusto quando si è trattato di tirare fuori dal cassetto i tagli agli incentivi pubblici alle imprese. As usual, certo. Ma allora che agenda è?