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Per la democrazia è meglio un tecnocrate ora che un salto nel buio poi
Che tecnocrazia e democrazia siano agli antipodi non è scritto da nessuna parte, anzi: la prima può soccorrere la seconda e ristabilire quel “contratto tra generazioni” che è alla base di un regime che sia fondato sulla sovranità popolare e giusto allo stesso tempo. Pierpaolo Barbieri, studioso argentino ed Ernest May fellow al Belfer Center for Science and International Affairs di Harvard, dice di essere “ottimista per l’Europa”, di credere “in un futuro positivo e guidato dalla volontà popolare e non dalle élite”, ma in una conversazione con il Foglio ammette che “la tecnocrazia può correggere gli eccessi della democrazia di oggi per salvare la democrazia di domani”.
Che tecnocrazia e democrazia siano agli antipodi non è scritto da nessuna parte, anzi: la prima può soccorrere la seconda e ristabilire quel “contratto tra generazioni” che è alla base di un regime che sia fondato sulla sovranità popolare e giusto allo stesso tempo. Pierpaolo Barbieri, studioso argentino ed Ernest May fellow al Belfer Center for Science and International Affairs di Harvard, dice di essere “ottimista per l’Europa”, di credere “in un futuro positivo e guidato dalla volontà popolare e non dalle élite”, ma in una conversazione con il Foglio ammette che “la tecnocrazia può correggere gli eccessi della democrazia di oggi per salvare la democrazia di domani”. Barbieri dice di conoscere bene le tesi sulla democrazia espresse da Mario Monti e dall’eurodeputata francese Sylvie Goulard nel libro “La democrazia in Europa” (Rizzoli e Flammarion). Con loro non è del tutto d’accordo nel “far discendere direttamente la crisi attuale da una mancanza di democrazia delle istituzioni comunitarie” o da una scarsa legittimità dei governi nazionali, però come loro auspica “più federalismo per l’Unione europea e quindi, d’accordo con Monti, un ruolo più significativo dei partiti politici europei. Parafrasando José Ortega y Gasset, per cui ‘la Spagna è il problema e l’Europa è la soluzione’, oggi ‘il nazionalismo è il problema, l’Europa la soluzione’”. Barbieri, che è anche columnist del Wall Street Journal, sul Financial Times ha risposto all’editoriale di Wolfgang Münchau intitolato “Monti is not the right man to lead Italy”: a “sbloccare il sostegno della Banca centrale europea attraverso l’Omt (il programma di acquisto illimitato di bond statali, ndr)” – ha replicato – è stato il premier italiano e non altri, attraverso il suo impegno in Italia e il suo pressing su Berlino ai vertici di febbraio e giugno 2012. Inoltre, Monti o non Monti, Barbieri sottolinea che “globalizzazione e demografia costituiscono sfide enormi per le democrazie, la crisi l’ha ricordato. Tuttavia è pure vero che già in altre fasi la democrazia ha sofferto ancora di più, come nel 1929”.
Oggi il problema è “esemplificato dall’esplosione del debito pubblico”, dice Barbieri: “Eccessi di austerity sono recessivi, certo, ma riforme strutturali che sono indigeste per molti servono a rendere tutto il sistema, incluso il welfare, sostenibile. In molte parti d’Europa i sindacati proteggono i lavoratori di oggi a spese dell’interesse generale e delle future generazioni. Il filosofo inglese del Diciottesimo secolo, Edmund Burke – continua lo studioso di Harvard – parlava di un ‘contratto tra generazioni’ che puntella la società. Il rischio di tradire questo contratto, oggi, è molto elevato. Perciò sostengo che c’è spazio democratico per un intervento della tecnocrazia, che compensi i limiti di certe scelte elettorali”. Il solo fatto che ai giovanissimi non sia consentito di votare “non vuol dire che i loro interessi non debbano essere tutelati”. Secondo Barbieri “lo scontro tra tecnocrazia e populismo ruota attorno al fatto di riconoscere o meno che non possiamo avere tutto e subito”. Il caso italiano, dopo un anno di governo Monti, “dimostra che le élite possono lavorare bene, raggiungendo un nuovo e utile equilibrio, che poi alla fine deve pur sempre essere legittimato dall’elettorato”. (Lo “spirito della tecnocrazia riformista” il politologo lo riconosce pure nell’Agenda 2010 dell’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder o nell’alleanza atipica tra conservatori e liberali nel Regno Unito per correggere i limiti strutturali dell’economia). Ma dallo scontro tra populismo e tecnocrazia “non può uscire sconfitta la democrazia. Anche perché – conclude fiducioso Barbieri – l’elettorato in Grecia come in Spagna e in Olanda, ha dimostrato di non volere mai voltare definitivamente le spalle a riforme ed Europa”.


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