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Parla Bombassei
Ecco le rivoluzioni parallele di Monti e Marchionne
Il senso del “dovere” più che l’“opportunità”. La “credibilità” di Mario Monti “più che qualsiasi velleità di fare carriera in politica”. L’industriale Alberto Bombassei, 72 anni, mentre spiega al Foglio il senso della sua candidatura nel partito del premier, si atteggia quasi a “indipendente dei tecnici”, versione aggiornata dell’“indipendente di sinistra”. Ma non nasconde mai il feeling profondo, tutto politico e culturale, che lo lega a Monti e che passa pure per un personaggio controverso come l’ad di Fiat, Sergio Marchionne.
Leggi l'editoriale La guerra delle due Confindustrie
Il senso del “dovere” più che l’“opportunità”. La “credibilità” di Mario Monti “più che qualsiasi velleità di fare carriera in politica”. L’industriale Alberto Bombassei, 72 anni, mentre spiega al Foglio il senso della sua candidatura nel partito del premier, si atteggia quasi a “indipendente dei tecnici”, versione aggiornata dell’“indipendente di sinistra”. Ma non nasconde mai il feeling profondo, tutto politico e culturale, che lo lega a Monti e che passa pure per un personaggio controverso come l’ad di Fiat, Sergio Marchionne. “Condivido ispirazione e contenuti dell’agenda Monti, e ho anche condiviso quanto fatto nell’anno passato dal governo tecnico”, esordisce il patron di Brembo. “Quando poi è arrivata la chiamata del professore Monti, per cui ho da tempo grande stima, ho deciso che quel senso di debito che avevo nei confronti del paese era anche un impegno verso l’Italia”. Non tutti gli industriali sono così soddisfatti al punto di candidarsi nella lista civica di Monti alla Camera: “Ogni cosa è perfettibile”, dice Bombassei. Che poi, per fare un bilancio, veste i panni dell’“imprenditore manifatturiero italiano più tedesco che c’è”, dice parafrasando Monti che si definì “il più tedesco degli economisti italiani”: “Ho visto e toccato con mano il cambiamento avvenuto in un anno. Il 90 per cento del fatturato della nostra azienda (1,3 miliardi nel 2012, ndr) viene da paesi esteri. Abbiamo clienti storici in Germania. E attorno a Natale, durante le cene di rito con loro, ho avvertito il mutamento delle opinioni sulle prospettive del nostro paese. La fiducia dei partner e il nostro rinnovato orgoglio, per un anno intero, hanno facilitato accordi e affari”. Il continuo riferimento al “modello tedesco”, questo certo avvicina Bombassei al premier: “Oltre al rigore fiscale, cui si è riferito spesso il professore, c’è anche un rigore teutonico nell’applicare le riforme per la crescita. Nel settore che meglio conosco, quello manifatturiero e dell’auto, nessuno in occidente è cresciuto anche in questo periodo di crisi come invece hanno fatto le Case tedesche”.
Poi c’è un altro punto, affatto secondario, che accomuna Bombassei a Monti: l’ad di Fiat, Sergio Marchionne. Il presidente di Brembo, gruppo con 7 mila dipendenti in 35 paesi, all’inizio dell’anno scorso si candidò alla presidenza di Confindustria contro il successore predestinato di Emma Marcegaglia, Giorgio Squinzi. Perse per una manciata di voti, ma ricevette un endorsement importante come quello di Marchionne: il manager del Lingotto disse infatti che il prevalere della sua piattaforma, innovatrice sulle relazioni industriali e fautrice di contratti aziendali più flessibili, l’avrebbe convinto a rientrare in Confindustria dopo lo strappo del 2011. Monti, da parte sua, non ha mai risparmiato le parole di sostegno a Marchionne, al punto di avviare la sua campagna elettorale dallo stabilimento Fiat di Melfi: “La visione di Monti sull’ad di Fiat sicuramente mi ha avvicinato ancora di più al professore. Marchionne, non lo dico da membro del cda di Fiat Industrial e da fornitore del Lingotto, ha risollevato l’azienda da una crisi difficilissima. Poi ha reso il gruppo più globale. E’ come italiani che gli dovremmo essere grati”. Marchionne però ha scosso l’albero del consociativismo tra sindacati e imprenditori: “L’antagonismo perpetuo è un rottame ideologico, ma altrettanto arcaiche sono le posizioni di Fiom e Cgil”. Bombassei per questo si ripromette, da parlamentare, di impegnarsi “sui temi che conosco di più: rilancio della manifattura e mercato del lavoro. Avvalendomi anche di competenze come quelle di Pietro Ichino”. Pure per lei la riforma Fornero, come disse Squinzi, è “una boiata”? “Fu un’espressione infelice, ne prendo una certa distanza”. Poi, premesso che “ogni paese ha il suo modello”, cita l’esempio del sindacato spagnolo: “E’ tosto, ma ha accettato contratti più flessibili per i giovani neo assunti per incentivare la creazione di posti di lavoro”. Come si spiega una certa freddezza dell’establishment italiano rispetto alla candidatura di Monti? Anche Confindustria è così imparziale da far venire qualche dubbio sul suo posizionamento. “Il manifesto di Squinzi per le elezioni contiene aspetti condivisibili – si limita a dire Bombassei – ma Confindustria deve osare di più”. Poi il patron di Brembo lascia intendere che da una parte c’è chi vuole rispondere a una “chiamata civica”, dall’altra certi “salotti buoni”: “Il problema vero è che Monti ha chiesto sacrifici a tutti, in maniera equa. Dall’Imu alla norma sull’incompatibilità dei doppi incarichi nei board. Riforme che costano a tutti, per intenderci”.
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