Ottant'anni di Topolino tricolore, da Collodi (nipote) al governo Monti

Stefano Priarone

"Topolino, dal rinchiuso fatto ardito anzi gradasso al bestione in pieno muso scaglia dritto un grosso sasso”. Una serie di vignette apocrife (disegnate da Giove Toppi) prive di balloon (le classiche nuvolette) ma con didascalie in rima stile Corriere dei Piccoli formano la copertina del primo numero di Topolino uscito in formato giornale il 31 dicembre 1932 (ottant’anni fa), riprodotta sul numero 2.979 del Topolino libretto (1° gennaio 2013).

    "Topolino, dal rinchiuso fatto ardito anzi gradasso al bestione in pieno muso scaglia dritto un grosso sasso”. Una serie di vignette apocrife (disegnate da Giove Toppi) prive di balloon (le classiche nuvolette) ma con didascalie in rima stile Corriere dei Piccoli formano la copertina del primo numero di Topolino uscito in formato giornale il 31 dicembre 1932 (ottant’anni fa), riprodotta sul numero 2.979 del Topolino libretto (1° gennaio 2013).
    Topolino, nel senso della testata, compie otto decenni di vita editoriale: nasce nel formato giornale, edito dal fiorentino Giuseppe Nerbini, nel 1935 arriva Mondadori (che lo pubblicherà, con qualche interruzione, fino al 1988 quando passerà alla Walt Disney Company Italia), nel 1949 passa al formato attuale (azzerando la numerazione precedente), sotto la direzione di Mario Gentilini, grazie alla nuova rotativa acquistata per stampare Selezione dal Reader’s Digest, che spinge Mondadori a ridurre a formato tascabile anche la pubblicazione disneyana.

    Il primo direttore è Carlo Lorenzini, nipote dell’autore di Pinocchio (si firma infatti Collodi Nipote) che, come tanti all’epoca, trova il fumetto diseducativo e infatti tende a sostituire i balloon con le didascalie rimate. Ma presto arrivano dall’America anche le strisce e le tavole domenicali di Floyd Gottfredson.
    Il Topolino degli anni Trenta di Gottfredson (che lo disegnerà fino agli anni Settanta) è l’uomo coraggioso del New Deal di Franklin Delano Roosevelt che affronta la Grande depressione (citata in molte storie, ad esempio nella classica “Topolino e la banda dei Piombatori” del 1938), un americano al cento per cento, ma presto Topolino diventa una pubblicazione tipicamente italiana. Ci sono, è vero, dagli anni Quaranta anche le storie dei Paperi di Carl Barks (creatore, fra gli altri, di Zio Paperone, dei Bassotti e di Amelia), ma sono sempre di più quelle di produzione italiana, di veri maestri del fumetto come lo sceneggiatore Guido Martina, l’autore completo Romano Scarpa, i disegnatori Giovan Battista Carpi, Giorgio Cavazzano e Massimo De Vita.
    Del resto, il Topolino giornale ha preceduto di un mese la prima pubblicazione americana (le strisce uscivano sui quotidiani dal 1930), il Mickey Mouse Magazine.
    Se i fumetti avventurosi italiani seriali, almeno sino a tempi recenti, hanno preferito ambientazioni lontane dall’Italia (il West di Tex, l’immaginaria Clerville – un po’ Milano un po’ Parigi un po’ Nizza – di Diabolik, la Londra di Dylan Dog), è il fumetto umoristico a rispecchiare davvero la cultura italiana. E Topolino lo ha sempre fatto: negli anni Cinquanta, ad esempio, Paperopoli e Topolinia sono delle piccole cittadine italiane, non delle metropoli americane.

    Il Paperone delle storie di Guido Martina, più che l’imprenditore di Barks, sembra il padrone dispotico della cinematografia del neorealismo o l’avaro della commedia dell’arte italiana. A Paperopoli e Topolinia si mangia la pasta e si gioca a calcio: memorabile, in una storia del 1990 (di Giorgio Pezzin e Luciano Gatto) la Jupaper di Paperone che vince lo scudetto contro il Rockerlan di Rockerduck, eterno rivale del riccastro.
    Topolino per decenni influenza l’immaginario italiano (e non solo, le storie italiane vengono tradotte in tutta Europa), citiamo solo il film di Ettore Scola “Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?” (1968) che ricorda nella trama il classico del 1958 di Scarpa “Topolino e il Pippotarzan”. Invece, dagli anni Settanta negli States il fumetto disneyano cade in profonda crisi: i vari Scarpa, Cavazzano, De Vita sono i nuovi Barks e Gottfredson. E i festeggiamenti per il settimanale (dal 2007 diretto da Valentina De Poli) proseguiranno per vari mesi dato che il 22 maggio di quest’anno sarà in edicola il numero 3.000: Topolino 2.000 era uscito nel marzo 1994, un’èra fa, quando gli imprenditori si candidavano alle elezioni “scendendo in campo”, mentre adesso i tecnici “salgono in politica”. L’unica costante, da otto decenni, è Topolino.