L'incertezza genera mostri

Redazione

Lo speaker della Camera, John Boehner, dice che “Dio solo sa” come si farà a evitare il “fiscal cliff” dopo che anche il “piano B” si è squagliato fra le mani della maggioranza repubblicana, ma i mercati sanno benissimo che l’incertezza prodotta da negoziati in cui nemmeno il Gop è d’accordo con se stesso genera mostri. Ieri tutti gli indici hanno aperto in negativo, sull’onda della nottata in cui la fronda repubblicana ha boicottato un piano che prevedeva aumenti delle tasse soltanto per gli americani che guadagnano più di un milione di dollari l’anno.

    Lo speaker della Camera, John Boehner, dice che “Dio solo sa” come si farà a evitare il “fiscal cliff” dopo che anche il “piano B” si è squagliato fra le mani della maggioranza repubblicana, ma i mercati sanno benissimo che l’incertezza prodotta da negoziati in cui nemmeno il Gop è d’accordo con se stesso genera mostri. Ieri tutti gli indici hanno aperto in negativo, sull’onda della nottata in cui la fronda repubblicana ha boicottato un piano che prevedeva aumenti delle tasse soltanto per gli americani che guadagnano più di un milione di dollari l’anno. Persino Grover Norquist, il lobbista che ha fatto della lotta alle tasse una ragione di vita, aveva dato il suo endorsement al piano che Boehner sperava potesse essere la tappa di avvicinamento per un accordo con la Casa Bianca. Il tentativo si è trasformato nell’occasione per fomentare una congiura nemmeno troppo sotterranea contro la leadership repubblicana, ma soprattutto in una pietra d’inciampo nei negoziati: senza il passaggio alla Camera, cioè senza un avanzamento, per quanto simbolico, nell’iter legislativo, i parlamentari hanno spento le luci del Congresso e hanno raggiunto le famiglie per le vacanze di Natale, dopo avere promesso che sarebbero rimasti nella capitale per continuare le trattative. Ma a questo punto mancano le precondizioni per trattare. Barack Obama ha avuto così il nulla osta per andarsene alle Hawaii con la famiglia, come originariamente previsto.

    Il sistema di tagli lineari e aumenti fiscali che scatterà il primo gennaio in assenza di un accordo – e che porterà senza dubbio l’America in recessione, dice l’ufficio budget del Congresso – non è soltanto una preoccupazione del domani, ma di oggi e di ieri. Le aziende americane stanno rinunciando a investimenti, magari già pianificati, per il timore che a gennaio il “fiscal cliff” strozzi ogni prospettiva di crescita e i mercati finanziari riflettono un’incertezza inaccettabile per un paese che ha bisogno di crescere per uscire dalla depressione economica.  Non c’è altra soluzione praticabile oltre a un accordo votato con una maggioranza trasversale, e qualcuno a Washington deve essere disposto a pagare il prezzo politico del compromesso. L’alternativa è cadere giù dal dirupo fiscale e farsi male in modo bipartisan, accettando tutte le conseguenze che una recessione avrà anche fuori dai confini americani.