Dall'agenda alle liste, i montiani fanno di conto

Redazione

Mario Monti incassa il sostegno di Sergio Marchionne, e dall’agenda si passa alle liste elettorali: ministri del governo tecnico, forse Emma Marcegaglia, liberali e cattolici assieme ai vecchi Fini e Casini. I montiani si organizzano come se la candidatura del prof. fosse cosa fatta, acquisita persino nel simbolo elettorale. “E’ cauto per indole, ma mi stupirei molto se alla fine il professore non ci fosse”, dice Andrea Olivero, che ieri ha lasciato l’incarico di leader delle Acli in previsione della sua candidatura nello schieramento a sostegno del tecnico pronto a farsi politico.

    Mario Monti incassa il sostegno di Sergio Marchionne, e dall’agenda si passa alle liste elettorali: ministri del governo tecnico, forse Emma Marcegaglia, liberali e cattolici assieme ai vecchi Fini e Casini. I montiani si organizzano come se la candidatura del prof. fosse cosa fatta, acquisita persino nel simbolo elettorale. “E’ cauto per indole, ma mi stupirei molto se alla fine il professore non ci fosse”, dice Andrea Olivero, che ieri ha lasciato l’incarico di leader delle Acli in previsione della sua candidatura nello schieramento a sostegno del tecnico pronto a farsi politico. Ma il professore cosa vuole fare? Parlerà domani pomeriggio, alle cinque, o forse domenica mattina. Intanto però la risposta più attendibile l’ha data pochi giorni fa, a un amico, Enzo Moavero Milanesi, cioè il braccio destro del premier, l’uomo di Bruxelles, dei rappori internazionali: “Gli equilibri europei pretendono che anche il prossimo sia un governo Monti”. E poi: “Non è vero che Angela Merkel lo sponsorizza, è semmai più vero il contrario. Monti è l’unico in grado di mediare tra la linea tedesca e quella, al momento in difficoltà, della Francia di Hollande”. Come dire: i tedeschi, che hanno annichilito le velleità francesi, sarebbero felicissimi di avere un fragile Bersani (fragile come Hollande) a Roma.

    D’altra parte, da ambienti vicini al professor Monti, viene anche fatto notare che il presidente francese, malgrado sia un socialista teoricamente collegato a Bersani dalla comune appartenenza al Pse, ha invece manifestato l’auspicio che l’Italia prosegua con Monti al governo. E dunque adesso il professore cerca, e si prepara a fare suo, un gruppo che possa tentare di vincere le elezioni, o in subordine di agganciare la maggioranza di centrosinistra nel prossimo Parlamento, magari proponendosi come alternativa al socialismo vendoliano, per orientare così la formazione del governo e la nomina del presidente del Consiglio. Un’operazione che Giorgio Napolitano ha ben compreso e, dicono, stigmatizzato a colloquio con il professore. E’ forse per questo che il Quirinale ha voluto sottolineare un meccanismo costituzionale apparentemente ovvio: “L’incarico lo darò io e lo darò a chi ha vinto le elezioni”. Traduzione maliziosa: se vince Monti sarà Monti, ma se non vince non potrò che incaricare Bersani. Dunque si intuisce quanto l’anomala operazione di Monti in politica, finalizzata al suo ritorno a Palazzo Chigi nel 2013, sia anche gravida di incognite. Nel Pd serpeggia una fortissima irritazione, la vittoria fino a ieri certa è adesso in discussione: Monti ruba a Bersani dai 4 ai 7 punti percentuali. Pier Ferdinando Casini, Luca Cordero di Montezemolo (LCdM), Andrea Riccardi e Gianfranco Fini sono convinti di poter sfondare la soglia del 20 per cento nelle urne. Il dibattito interno, al momento, ruota attorno al problema di quante liste presentare alla Camera (al Senato sarà una sola). Gli animatori di Verso la Terza Repubblica, LCdM e Riccardi, vorrebbero una loro lista separata da Fini e Casini perché, come spiega Olivero, “siamo un soggetto nuovo e questa novità va segnalata”. E capitalizzata.